Il 23 ottobre Non Una Di Meno ha convocato una giornata di mobilitazione nazionale in diverse città italiane per il riconoscimento delle malattie croniche cosiddette “femminili”ed ignorate dalla medicina: vulvodinia, neuropatia del pudendo, fibromialgia, endometriosi e tutte le varie forme di dolore pelvico. Si tratta di malattie croniche invalidanti che incidono fortemente sulla qualità della vita delle donne, non studiate e con un forte ritardo diagnostico.

A Torino ci riuniremo in Piazza Castello a partire dalle ore 10.30: svolgeremo una performance creativa, lasceremo aperto il microfono e daremo voce alle persone che soffrono di queste sindromi, per ribadire che vogliamo che la Regione Piemonte tuteli a pieno il diritto alla salute di chi soffre di queste sindromi.

Il nostro dolore, infatti, è invalidato ed invisibilizzato dal personale medico disinformato e dalla società tutta, con altissime conseguenze sulla nostra salute fisica, psicologica e sociale.

Ci siamo sentite rivolgere frasi quali: “è tutto nella tua testa”, “è solo stress”, “fai i figli e vedrai che ti passa”, “avere mestruazioni dolorose è normale”, “dovresti cambiare partner”, “è normale che le donne soffrano durante i rapporti sessuali”, “non è nulla, essere stanche capita a tutti”.

La ricerca di una diagnosi, inoltre, può durare per anni: la vulvodinia ha un ritardo diagnostico di quasi 5 anni, a fronte di un 16% di donne che se soffrono; l’endometriosi colpisce il 10-15% di donne e persone con utero ed ha un ritardo diagnostico di 7 anni e mezzo; la fibromialgia colpisce 1,5-2 milioni di persone – con un rapporto donne-uomini di circa 3 a 1 – e con un ritardo diagnostico di circa 5 anni. Tutti i dati, già altissimi, sono ancora sottostimati a causa della difficoltà diagnostica correlata.

Dopo la diagnosi il calvario non finisce affatto: la necessità di terapie impegnative e multidisciplinari, l’assenza di qualsiasi tutela lavorativa, lo scarso numero di personale medico-sanitario specializzato su queste sindromi, la necessità di lunghi viaggi per raggiungere i pochi specialisti esistenti, l’assenza di riconoscimento ed esenzioni da parte del Sistema Sanitario Nazionale rendono difficilissimo curarsi. La naturale conseguenza è che non tutte possono permetterselo.

In sintesi, dall’Ottocento ad oggi, non restiamo altro che “isteriche”. Le nostre storie personali, infatti, dimostrano che è ancora estremamente diffusa la falsa idea che vede i corpi e la psiche delle donne come più fragili e che riconosce il dolore delle donne come una cosa “naturale” o “normale”, a dimostrazione del fatto che la medicina non sia per nulla neutra e sia ancora piena di troppi stereotipi di genere che si diffondono poi nella società tutta.

Il 23 ottobre saremo in piazza per rivendicare la presa in carico di queste sindromi da parte del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso servizi integrati negli ospedali pubblici, esenzione dal pagamento del ticket e delle spese mediche. Vogliamo altresì denunciare il gaslighting medico che subiamo costantemente, sollecitando una maggiore formazione del personale medico-sanitario e la costruzione di percorsi di prevenzione che aiutino donne e persone con utero a riconoscere i primi sintomi di queste patologie, prima della loro cronicizzazione. Non vogliamo più essere invisibili e per questo portiamo in piazza le nostre storie e le nostre rivendicazioni. Il problema è medico, sociale e politico, non è affatto nella nostra testa! Vogliamo diritti, tutele, sostegno economico e cure integrate e aggiornate. Vogliamo il tempo di prenderci cura di noi e un sistema che si curi di noi!