Un patrimonio di conoscenze sulle piante medicinali e sui loro benefici potrebbe andare perduto insieme con migliaia di lingue dei popoli originari che rischiano di scomparire entro fine secolo. E’ la conclusione alle quali è giunto uno studio condotto da due ricercatori dell’Università di Zurigo, pubblicato su Pnas, la testata della National Academy of Sciences degli Stati Uniti.
Gli esperti, Rodrigo Camara-Lerèt e Jordi Bascompte, del Dipartimento di biologia dell’evoluzione e studi ambientali dell’ateneo elvetico, hanno preso in esame 12.495 proprietà di piante e 320 lingue diffuse in tre regioni del mondo “ad alta diversità bioculturale” in Nord America, nell’Amazzonia nord-occidentale e nell’isola di Nuova Guinea, situata tra l’Indonesia e l’Australia e divisa politicamente tra la parte controllata da Jakarta e lo Stato di Papua, come si legge sul paper di presentazione dello studio.
I ricercatori hanno scoperto che tre quarti degli oltre 12mila elementi presi in esame sono “linguisticamente unici”, ovvero conosciuti in una sola lingua del mondo. In Amazzonia il 100 per cento delle conoscenze prese in esame è espresso in idiomi a rischio estinzione. Nel caso in cui la lingua in questione dovesse scomparire, quindi, avverrebbe lo stesso per la conoscenza associata.
Gli autori dello studio hanno sottolineato che la perdita di circa un terzo delle oltre 7mila lingue native del mondo che è stata prevista dalle Nazioni Unite entro fine secolo potrebbe “compromettere sostanzialmente la capacità dell’umanità di fare nuove scoperte medicinali”.
L’Onu ha istituito il periodo 2022-2032 come decennio internazionale delle lingue native, con l’obiettivo di “richiamare l’attenzione” sul tema.