Con o senza mascherina, respiriamo e chiudiamo gli occhi. Immaginiamo la Terra vista dallo spazio, dalla Luna. La Terra è blu. Se il poeta la vede blu come un’arancia, la nostra Terra è blu da più di 4 miliardi di anni, perché c’è dell’acqua liquida sulla sua superficie.

Conosciamo un solo pianeta che ha dell’acqua liquida sulla superficie: il nostro. Ora sappiamo che è a causa dell’interazione del ciclo dell’acqua con la tettonica a placche e l’effetto sera, così come della geometria del sistema solare, che viene assicurata la presenza perenne di acqua sulla superficie della Terra. Le scienze della Terra ci permettono di ricostruire questa storia, nel corso della quale la Terra è diventata, ed è rimasta, blu; non ha mai fatto né troppo freddo, né troppo caldo, con rarissime eccezioni.

Al livello del mare, l’acqua gela al di sotto di 0° e bolle oltre i 100°. La temperatura della superficie terrestre è oggi di circa 15°. In confronto, la temperatura media su Venere è superiore ai 450 °C mentre è di circa -65 °C su Marte.

La superficie della Terra si mantiene dunque in una finestra di temperature che ci può sembrare larga (tra 0 e 100°), ma che in realtà è estremamente ristretta, e questo da più di 4 miliardi di anni.

L’effetto serra è indispensabile per la presenza di acqua liquida sulla Terra.

Questa finestra è ristretta, in quanto la temperatura media sulla superficie di un pianeta è il risultato di tre parametri che possono variare enormemente da un pianeta all’altro. Primo, l’energia ricevuta dal Sole – che dipende dalla sua luminosità e dalla sua distanza con il pianeta; poi l’albedo – ossia la frazione di energia ricevuta che di fatto è riflessa dalla superficie del pianeta; e infine, l’effetto serra – alcuni gas presenti nell’atmosfera che rimandano calore verso la superficie. Senza l’effetto serra, la temperatura media della Terra sarebbe di -15°: di sicuro quindi non ci sarebbero oceani.

Così, da quando si sono formati gli oceani, le interazioni tra questi tre parametri hanno mantenuto un equilibrio energetico relativamente costante. Tuttavia, l’energia ricevuta dal Sole è cambiata dalla formazione della Terra. Il Sole da giovane era meno brillante e l’energia ricevuta dalla Terra era quindi minore. Ciononostante, i valori di gas a effetto serra nell’atmosfera, in particolare di CO2erano più alti di oggi e permettevano di mantenere temperature abbastanza elevate da far sì che l’acqua fosse liquida.

L’effetto serra connesso al CO2 è potuto diminuire, poiché quest’ultimo viene risucchiato continuamente fuori dall’atmosfera grazie a due processi. Da una parte, le rocce in superficie vengono “disciolte” dall’azione acidificante del CO2 , che ne libera il calcio. Il CO2 in questo modo viene estratto dall’atmosfera verso l’oceano, sotto forma di carbonato, dove si associa al calcio per formare rocce calcaree. Si tratta di un pozzo di carbonio.

Dall’altra, non appena è apparsa la vita, gli organismi capaci di fotosintesi hanno cominciato a prelevare CO2 nell’atmosfera. Viene quindi esportato verso i sedimenti sotto forma di materia organica – questo è un altro pozzo di carbonio.

Mentre questi pozzi di carbonio sottraggono CO2 all’atmosfera, altri meccanismi apportano CO2 nell’atmosfera: sono i vulcani e le dorsali oceaniche, mantenuti attivi dalla tettonica a placche. Partecipando al ciclo del carbonio e quindi all’effetto serra, la tettonica a placche contribuisce, su enormi scale temporali, a mantenere la temperatura entro una finestra abbastanza ristretta. Quindi è indispensabile per la presenza di acqua liquida sulla Terra, l’unico pianeta conosciuto con una vera tettonica attiva.

Senza tettonica, niente oceani. Senza oceani, niente tettonica.

Acqua liquida e tettonica a placche sono intimamente collegate. Le placche oceaniche si muovono, condotte dalla subduzione che le fa sprofondare verso il mantello terrestre.

Interazioni tra acqua, tettonica a placche e CO₂.
Guillaume Paris, Author provided

Questo sprofondamento viene a sua volta favorito dall’idratazione delle rocce e dei minerali della placca, in quanto la presenza di acqua liquida modifica le loro proprietà meccaniche. Sprofondando, la placca si disidrata, e ciò permette tra l’altro la formazione dei graniti che costituiscono la base dei continenti: senza acqua, non ci sarebbero né tettonica né i continenti così come li conosciamo.

Visto che quando è vecchia, la placca sprofonda verso il mantello terrestre al momento della subduzione, è necessario che qualcosa risalga per sostituirla. Questa risalita avviene a livello delle dorsali oceaniche, queste catene vulcaniche sottomarine che attraversano il nostro pianeta. Risalendo, questo materiale caldo del mantello si raffredda e degassa dal CO2, e ciò permette di mantenere l’effetto serra. L’acqua liquida quindi resta liquida, il nostro pianeta resta blu, il cerchio si chiude, e questo da molti miliardi di anni.

Da quando la Terra è blu?

Un esempio di traccia degli oceani più vecchi : dei basalti a cuscino vecchi di 3,8 miliardi di anni, in Groenlandia.
Guillaume Caro, Author provided

Il cerchio è chiuso, ma ha dovuto pur cominciare: l’acqua liquida non era presente sulla superficie della Terra quando si è formata, faceva sicuramente troppo caldo.

Le prime prove inconfutabili che attestano la presenza degli oceani risalgono a 3,8 miliardi di anni fa. A Isua e Akilia in Groenlandia e a Nuwuagittuq in Canada si trovano i più vecchi sedimenti marini, ma anche dei basalti “a cuscino”, delle spettacolari sfere di roccia che derivano dalla solidificazione della lava a contatto con l’acqua.

Si è pensato a lungo che l’acqua fosse stata portata sulla Terra, dopo la sua formazione, da corpi ricchi di acqua provenienti dal sistema solare esterno. Uno studio del nostro laboratorio pubblicato ad agosto del 2020 rimette in discussione questa ipotesi e suggerisce che gli elementi costitutivi dell’acqua – ossigeno e idrogeno – possano essere stati apportati dalle rocce che si sono fuse per formare la giovane Terra. In questo caso dunque, dell'”acqua” avrebbe potuto essere presente nelle rocce costitutive della Terra fin dall’inizio, ma non si sa se per questo ci fossero degli oceani.

Basalti a cuscino attuali, in formazione sul fondo dell’oceano alle Hawaii.
NOAA

Inoltre, se gli oceani esistevano, sono stati istantaneamente vaporizzati al momento dell’impatto gigante tra la giovane Terra e un corpo celeste (senza dubbio grosso almeno quanto Marte) che ha fatto fondere la superficie del nostro pianeta dando origine alla Luna 4,4 miliardi d’anni fa.

Poco alla volta, il magma formatosi al momento dell’impatto si è raffreddato e solidificato. La Terra era dunque probabilmente una superficie sterile di rocce basaltiche scure, dove regnavano temperature più alte di adesso. Quando le rocce si formano, gli elementi come l’idrogeno, l’ossigeno e il carbonio fuoriescono sotto forma di diverse molecole, tra cui l’H20, l’acqua, ma anche di gas come il metano o il diossido di carbonio. I primi oceani potrebbero aver seguito di poco l’impatto gigante. In effetti, i più vecchi minerali terrestri conosciuti contengono delle “firme”, ossia delle tracce indirette della presenza di acqua liquida al momento della loro formazione. La Terra dovrebbe essere blu da circa 4,4 miliardi di anni.

Che siano 3,8 o 4,4 miliardi di anni, la storia degli oceani è inscindibile da quella della Terra e della vita. Oggi, gli oceani si acidificano e si riscaldano sotto l’effetto delle emissioni di CO2 umane che sconvolgono i cicli naturali. Gli oceani non andranno a scomparire, ma la vita che ospitano attualmente, quella sì, è seriamente minacciata. La nostra società dipende da equilibri sottili di meccanismi sulla superficie e all’interno della Terra. Sembrerebbe che quello che è stato creato in migliaia, milioni, se non miliardi di anni, possa essere stravolto drasticamente in qualche decennio di attività umane.

Di Guillaume ParisLaurette Piani

Guillaume Paris, Geochimico, incaricato della ricerca CNRS al Centro di ricerche petrografiche e geochimiche di Nancy, Università della Lorena e Laurette Piani, Cosmochimica, incaricata della ricerca CNRS al Centro di Ricerche Petrografiche e Geochimiche (CRPG) di Nancy, CNRS, Università della Lorena

Traduzione dal francese di Raffaella Piazza. Revisione di Thomas Schmid.

L’articolo originale può essere letto qui