Perché in un momento come questo, di estrema difficoltà per tutti, chiediamo una firma ai cittadini torinesi per difendere il complesso della Cavallerizza Reale?

Per dare una risposta occorre spendere due parole per parlare della Cavallerizza e della sua storia.
Cavallerizza, è un nome che anche a molti torinesi indica qualcosa non sempre ben conosciuto.

Si tratta di quel complesso che fa parte della cosiddetta “zona di comando” dell’antico Stato sabaudo. Da 280 anni è parte di un complesso che comprende Palazzo Reale, l’Archivio di Stato, l’attuale Prefettura sino a confinare con le sede dell’Università.
Si trova da molti decenni in stato di sostanziale abbandono.

Il Comune ha deciso di cedere la proprietà di questo bene tramite la procedura di cosiddetta “cartolarizzazione”, che vede il trasferimento della proprietà ad un ente strumentale e con l’aiuto di cassa Depositi e Prestiti, ricavare una liquidità attraverso la vendita.
Solo una piccola parte rimarrebbe a disposizione della Città, più’ dell’ottanta per cento sarebbe trasformato in residenze di lusso e uffici direzionali di grande prestigio.
Questo significa spezzare un rapporto che esiste tra la Città e un bene che è parte del nostro patrimonio di identità culturale ed anche parte del patrimonio dell’Umanità, come ha dichiarato l’Unesco. Significa perderla per sempre non per 20 o 99 anni, ma per sempre!

Questo, malgrado il Consiglio Comunale di Torino abbia votato il 25 settembre del 2017 una mozione in cui si riconosce la Cavallerizza Reale “motore eccezionale di cultura e di bellezza con positive potenzialità, anche sotto il profilo economico” e da mandato alla Giunta “di richiedere alle Istituzioni sovraordinate – regionali, statali, europee – i fondi necessari a garantire il reintegro della porzione cartolarizzata”. Un solo consigliere votò contro.

Oggi si vuole privatizzare il bene, in difformità del voto del Consiglio Comunale.
Per questo un gruppo di cittadini, al di fuori di qualunque appartenenza partitica, al di fuori di qualunque logica di partecipazione alle prossime elezioni comunali, chiede ai torinesi, a tutti i torinesi, una firma per abrogare un atto specifico: il PUR (piano unitario di riqualificazione).
Si tratto dello strumento urbanistico con cui si stabilisce l’uso futuro degli spazi: prevalentemente residenze e uffici direzionali di prestigio.

Noi chiediamo, attraverso lo strumento del Referendum abrogativo previsto dallo Statuto comunale, l’abrogazione del PUR.del febbraio del 2021.
Perché lo chiediamo ora, in un momento difficile?
Perché riteniamo che sia nei momenti difficili che si debba guardare in avanti, con lungimiranza.
Qui non si tratta di decidere di una concessione più’ o meno lunga, si tratta di decidere della separazione dal bene comune della Città di sua parte importante, e questo per sempre. Con un atto irrevocabile le cui conseguenze ricadranno anche sulle generazioni future.

Comprendiamo le obiezioni sul fatto non ci sono soldi, proprio per questo dobbiamo avere in mente un esempio virtuoso: la Venaria Reale.
È stata in una condizione di disastroso abbandono per quasi 20 anni. Oggi è un polo culturale e turistico di livello europeo, che si rivela un patrimonio, anche economico, per la nostra Città.
Noi stiamo abbandonando la possibilità di avere una nuova Venaria nel centro della Città.

Noi chiediamo uno sforzo, di guardare al futuro perché oggi si crea un danno non solo ai torinesi di oggi, ma ancor di più’ a quelli di domani, perché non avranno più a disposizione quel bene che è, citando di nuovo le parole del Consiglio Comunale nel 2017, “motore eccezionale di cultura e di bellezza con positive potenzialità, anche sotto il profilo economico”.
Nel 2021 lo stesso Consiglio ha votato in maniera opposta, senza che nessuno gliene chiedesse conto; quasi che le parole e gli impegni pubblici non avessero più’ valore.

Per questo, in un momento difficile in cui è importante guardare in avanti, chiediamo ai torinesi di oggi di fare un regalo ai tornesi di domani.

Stefano Risso

Presidente del comitato promotore del referendum abrogrativo

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