Ho avuto il piacere di intervistare Mia Castro, una giovane artista che ha scelto di scolpire le sue opere nel marmo, realizzando delle sculture cariche di significato e che trasmettono passione, determinazione ed energia.

Parlaci un po’ di te.

Sono di origine Sudamericana, nata in Bolivia. Sono cresciuta in Italia, a Torino, fino al conseguimento del diploma di secondo grado all’Accademia Albertina di Belle Arti.

Tra le mie passioni, oltre alla scultura, ci sono i viaggi che sono stati per molti anni uno stile di vita, un convivere e vivere le realtà dei luoghi in cui sono stata.

Quanto hanno influito le tue origini sulle tue opere e sul tuo modo di vedere il mondo?

Le mie origini non hanno influenzato le mie opere come ci si aspetterebbe.

Sono stata in Bolivia da bambina e non ho avuto modo di assorbire più di tanto la sua cultura.

Ciò che mi ha influenzato di più è stato il mio vagabondare da adulta, lo scarso legame con i miei luoghi d’origine, la mia enorme curiosità per tutto ed i popoli che ho conosciuto.

Sono stata per lungo tempo in Asia, India, Nepal, Thailandia, Bali e poi in Sud America in generale, più in particolare il Brasile ed il Centro America. Questi luoghi li ho vissuti più intensamente rispetto al mio paese d’origine o all’Italia.

Pensi che le donne incontrino più difficoltà ad affermarsi nel mondo dell’arte, nel tuo caso nella scultura marmorea?

Sì, in qualche modo lo penso. La scultura del marmo è per ovvie ragioni un mondo prevalentemente maschile, forse perché è un lavoro fisico o perché nel mondo della scultura si incontrano prevalentemente uomini.

La mia personale esperienza mi porta ad affermare che la figura dell’artista maschile abbia in questo settore maggior spazio rispetto alle donne.

Ma voglio lasciare il dubbio in quanto conosco anche scultrici di successo.

Quali sono i tuoi progetti futuri ed in quale direzione vorresti andare?

Ho tantissimi sogni per quanto riguarda la mia arte. Ho in mente diversi progetti che vorrei realizzare: una mostra a Miami, una in Australia ed una anche a Torino.

In ognuna di queste vorrei rappresentare un filone diverso di poetica a cui sto già lavorando, ad esempio il sincretismo; recuperare le diverse culture alle radici, ciò che le identifica come ad esempio un simbolo, un capo di abbigliamento oppure la scrittura per poi introdurla, in modo quasi contrastante, con qualcos’altro di un’altra cultura. In un certo senso farle convivere insieme, così lontane, ma in armonia tra loro.

Un altro progetto è la realizzazione di una serie di crani di animali a cui sto già lavorando. Questi sono più introspettivi. Parlano di sensazioni umane, della vita. Tra questi c’è il cranio di un felino, dal titolo “Assenze / Presenze”, dove l’accento dell’opera è nei vuoti, negli incavi che lasciano intravedere qualcosa che c’era prima, una identità che lascia un solco a testimoniarlo.

Un’altra opera è un cranio di un orso con formiche ragno del Perù e api dal nome “Life after life” ovvero la vita che si alimenta di altra vita.

Cosa vorresti dire ad una giovane artista che si sta affacciando ora al mondo della scultura?

In realtà mi identifico ancora molto nel ruolo della giovane artista che non sa esattamente qual è il percorso giusto da seguire. Questa mia passione mi accompagna nei momenti più difficili, ma mi sta aiutando anche a crescere nonostante il breve percorso artistico, infatti sono trascorsi solo tre anni da quando ho firmato la prima opera d’arte con il mio nome ed ho avuto il coraggio di espormi al pubblico, affrontando delusioni ma ricevendo molte sorprese e soddisfazioni.

Ad una giovane artista direi di cercarsi sempre degli amici che lavorano nello stesso campo, compagni con i quali scambiarsi idee, consigli e supporto.

Irene Montaruli