La storia dell’umanità, nel campo della Salute Mentale, si basa sul concetto del corpo come categoria politica. Infatti il corpo e la salute sono diventati un oggetto prezioso, attraversato da politiche economiche di mercato che hanno escluso molti.

Da questo punto di vista biopolitico nasce una soggettività collettiva che vede i poveri e gli emarginati come competenza della sanità pubblica, mentre la medicina scientifica e innovativa si occupa ed è accessibile solo a coloro che hanno risorse economiche.

Tali concezioni saranno oggetto di questo elaborato al fine di osservare e ragionare insieme sul processo di concettualizzazione del disagio e della malattia mentale, intese come due categorie opposte nella definizione, negli approcci e negli spazi di dispiegamento delle stesse.

Le dinamiche istituzionali giocano un ruolo fondamentale fin dalla nascita della “moderna” scienza che studia la malattia mentale. Questo ruolo centrale nasce a partire da una prospettiva che acquista forza nell’opera di Philippe Pinel (1745/1826), medico filosofo che fa la sua comparsa proprio dove nascono gli ideali politici della Rivoluzione Francese.

Pinel propone un “modello” di studio e di trattamento della pazzia che si incentra sul manicomio. Questo paradigma, che nasce alla fine del XVIII secolo, darà al mito delle “origini della psichiatria” un doppio significato: da un lato c’è la nosografia di Pinel (il primo a formulare la diagnosi di pazzia) e dall’altro un gesto mitico di peso sociale, cioè quello di “liberare i pazzi dalle loro catene”.

La follia si configura come oggetto di studio e di intervento governativo, cioè come strumento di controllo e trasformazione del soggetto.

Oltre alla camicia di forza, (come sostituto tecnico/razionale delle catene) Pinel adotta la “cura morale”, dato che attribuisce la follia all’eccesso di passioni (intellettuali, lavorative, sessuali).

Proprio per questo la sua cura si fonda su tre condizioni: isolamento del soggetto, sia dalla famiglia che da altri affetti; ordine negli orari, nei compiti e nelle responsabilità; forte autorità di riferimento, cioè quella dell’Alienista, figura antecedente la nascita della psichiatria.

Il corpo viene quindi visto e trattato come categoria politica, nella misura in cui le discipline che lo studiano danno luogo a uno sguardo positivista. Il positivismo è una corrente che afferma che l’unica conoscenza autentica è quella scientifica e stabilisce il primato della scienza sulla filosofia.

La malattia mentale è stata isolata, rinchiusa, istituzionalizzata, punita e osservata da un panopticon, che ovviamente ha lasciato da parte ogni processo soggettivo. Corpi politici in carcere.

Le strategie di potere su questi corpi sono state gestite dal Modello Medico Egemonico, che medicalizza la vita quotidiana, appiattisce la soggettività, genera politiche intransigenti e favorisce il passaggio dalla camicia di forza al freno chimico.

Franco Basaglia, (1928/1980), partendo dalla Psicopatologia e dalla Fenomenologia, sulla base della psichiatria del Novecento, e più interessato alla dimensione terapeutica e alla complessità dell’essere umano, darà una svolta fondamentale nel dibattito sulla Psichiatria. Basaglia, sostenendo che il manicomio contraddice il principio di libertà, porterà alla soppressione dell’ospedale psichiatrico come luogo di internamento.

Argomenterà che queste istituti sono habitat coatti e luoghi in cui le malattie divengono croniche. Partendo da questi presupposti incoraggerà un cambiamento nel metodo di intervento, dando il via a una riforma sociale. L’intervento pensato da Basaglia si basa sul superamento del senso di disagio, conferendo un valore positivo alla crisi e all’angoscia e rivendicando così l’emancipazione personale attraverso la de-istituzionalizzazione della malattia.

Vediamo allora come si è passati da considerare il “pazzo” come un malato, uno straniero da rinchiudere, un avanzo della classe dirigente, un rifiuto della società a “malato mentale”. Il passaggio è stato supportato da diversi organismi internazionali che hanno concesso al soggetto la qualifica di cittadino attraverso il riconoscimento dei Diritti Umani.

In Argentina, l’approvazione della Legge Nazionale sulla Salute Mentale n. 26.657 e del suo Decreto Regolatore n. 603/2013, disciplina la tutela dei diritti delle persone con malattie mentali, promuovendo il passaggio da un paradigma di protezione a uno che ne tutela i diritti; da un modello di esclusione a uno basato sull’integrazione, da uno spazio chiuso a uno spazio comunitario, dall’approccio che vede il malato come una minaccia a quello che lo vede come categoria vulnerabile.

Anche se c’è ancora molto lavoro da fare, i sistemi giuridici incoraggiano la piena inclusione di tutti i cittadini che soffrono di disturbi mentali.

Di Claudia Mónica Garcia

Traduzione dallo spagnolo di Flavia Negozio. Revisione: Silvia Nocera