Nel silenzio generale, Avvenire, unica testata a farlo, denuncia il trattenimento di un minore con disabilità all’hot spot di Pozzallo

E’ un fatto gravissimo, come peraltro sancito dalla convenzione di New York del 1989.

Risultano minori trattenuti a Palazzo S. Gervasio in violazione dall’art. 19 comma 4 del decreto legislativo n. 142 del 2015 il quale vieta espressamente il trattenimento dei minori non accompagnati all’interno dei CPR e dell’art. 19 del Testo unico sull’immigrazione: in nessun caso può disporsi il respingimento e l’espulsione dei minori di anni 18.

Risulta che siano stati trattenuti minori in attesa della conferma della minore età anche al CPR di Torino, cosa anch’essa in violazione delle norme vigenti.

Torna in tutta la sua gravità il problema dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio e la loro gestione.

Una gestione assolutamente priva della seppur minima trasparenza: ad esempio i giornalisti non possono entrare.

I CPR sono Enti dipendenti dal Ministero dell’Interno, quindi soggetti alle regole di trasparenza e garanzia garantiti dalla Costituzione Italiana, compreso l’articolo 21 sulla libertà di stampa che afferma: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Non solo: l’accesso è interdetto anche ai volontari delle Associazioni che da anni si occupano del problema.

Ai giornalisti, per ciò che concerne la nostra esperienza, il permesso di accesso ai CPR viene negato per problemi di ordine pubblico: ma se in una struttura in cui operano contemporaneamente Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza ed Esercito, c’è un problema di ordine pubblico 365 giorni all’anno, esattamente i CPR che funzione hanno?

I problemi di trasparenza riguardo a situazioni critiche ed “eticamente sensibili” concernenti i migranti si stanno sempre più inasprendo, ci riferiamo anche all’impossibilità di accedere in area portuale senza il permesso dell’autorità competente, è storia recente: Micaela Farrocco e Gabriele Zagni, giornalisti di Piazza Pulita (La7) non hanno avuto l’autorizzazione all’accesso in area portuale dall’Autorità competente di Palermo.

Dalla seconda metà dell’anno scorso è stata data facoltà di sequestro dei telefonini di proprietà dei migranti all’ingresso nei CPR. Prima di questa circolare i telefonini non venivano sequestrati, ma all’ingresso veniva spaccata la telecamera, l’intento è chiaro, non devono uscire immagini né notizie.

Il CPR, lo abbiamo ripetuto molte volte, non è soggetto all’ordinamento penitenziario, è fuori dal sistema di garanzie della detenzione in carcere.

Le testate mainstream si occupano di queste strutture solo quando succedono episodi di cronaca nera, ovvero quando un migrante trattenuto muore, le persone “ospitate” come le chiama la burocrazia, hanno voce praticamente solo grazie all’instancabile attività delle persone di LasciateCIEntrare e dell’Asgi.

Purtroppo questa assoluta opacità permette che si generi della disinformazione, lo vediamo ad esempio a Torino: da qualche tempo leggiamo di alcune notizie legate ai CPR che hanno poco fondamento, si denunciano episodi che hanno poca aderenza con la realtà e come organo di stampa non possiamo esimerci dal comunicarlo.

C’è anche purtroppo una scarsa consapevolezza su quali siano le competenze legate ad un CPR e, purtroppo, mancanza di conoscenza su quali siano gli uffici competenti e collegati.

Quello che invece capita, e capita purtroppo con grandissima frequenza, sono gli episodi di autolesionismo a volte molto gravi la cui causa primaria è indiscutibilmente la privazione di libertà all’interno di un CPR.

Alcuni migranti spesso di giovane età si procurano danni permanenti e invalidanti.

Questi episodi di autolesionismo oltre a porre un problema etico ben preciso su quelli che sono gli effetti del trattenimento in un CPR, sono certamente costi, soprattutto quando l’episodio è grave  e il paziente ha bisogno di continuità assistenziale ai sensi dell’Art. 32 della Costituzione Italiana e Circolare 24 marzo 2000.

Occorre fare una profonda riflessione: un migrante quando entra in CPR viene privato della libertà per ciò che è, non per ciò che ha fatto, non dimentichiamo che un migrante può essere privato della libertà personale semplicemente perché in attesa dell’esito della domanda d’asilo: questo aspetto pone problemi etici enormi.

Non solo: come affermato da Luigi  Manconi il migrante trattenuto nel CPR che digiuna non lo fa per opporsi alle Istituzioni, lo fa perché crede profondamente in loro, a loro si rivolge e da loro merita grande attenzione.

Questo aspetto tutt’altro che banale pone un altro problema etico di notevole entità che coinvolge le Istituzioni.

Certamente occorre superare l’istituzione della privazione di libertà in attesa di rimpatrio, o di concessione del permesso di soggiorno temporaneo, con misure alternative.