Il punto di vista sulla pandemia da Covid-19 di un’esponente di coloro che vengono classificati  come “antagonisti”. 

Il mondo degli “antagonisti” è certamente molto sfumato e differenziato, tuttavia riteniamo importante ascoltare un punto di vista poco divulgato sulla situazione attuale causata dal Covid-19.

Buongiorno Alda, in Piemonte è stato istituito il lockdown: cosa pensa in proposito?

Siamo ancora una volta alla rincorsa di soluzioni. E’ stato sprecato il tempo: era prevedibile, lo abbiamo detto durante tutta l’estate che questo virus sarebbe “tornato”.

Era tutto prevedibile: che le scuole sarebbero ripartite, che i mezzi del trasporto pubblico locale si sarebbero sovraffollati a causa dei ragazzi e della gente che avrebbe continuato a muoversi per andare al lavoro.

Tutte le misure istituite per bloccare le persone è l’effetto di tutto ciò che si sarebbe dovuto fare preventivamente e non si è fatto e/o non si è pensato di fare.

Sto comunque parlando, più in generale, di responsabilità collettiva: dal punto di vista dello Stato la responsabilità va al Governo non c’è dubbio, tuttavia devo anche dire che la responsabilità individuale, della singola persona, è venuta a mancare.

Come non ci ha pensato il Governo non ci abbiamo pensato noi: non sono state create forme di discussione, momenti di confronto collettivo in modo da istituire una rete tra cittadini che dibattesse su come affrontare la recrudescenza di una situazione che come ben sappiamo non è mai realmente finita, semplicemente c’è stata una tregua stagionale.

Quando parla di “Governo” intende Governo Italiano o anche Governi Regionali?

In tutta sincerità intendo anche Governi mondiali: ognuno nel proprio Stato o nel proprio territorio sta semplicemente tentando di parare il colpo.

Ciò che emerge chiaramente dalla situazione pandemica è la criticità delle scelte politiche ed economiche.

Negli ultimi 20/30 anni l’economia feroce e un capitalismo sfrenato sono state scelte portate avanti da tutti gli Stati, seppur ognuno con proprie specificità.

Questo ha determinato una società molto competitiva nella quale nessuno si preoccupa dell’altro. Come stiamo purtroppo vedendo in questo frangente il cittadino a volte non si rende conto della responsabilità che ha.

Dovremmo renderci conto che siamo tenuti a mettere in atto scelte di preservazione di sé stessi e della società.

Quindi la nostra attuale situazione è dovuta proprio alle scelte dei Governi: ovunque è stata svenduta la sanità, ovunque la scuola ha perso punti, dove norme stringenti come il lockdown non sono state applicate i Governi hanno chiaramente messo in conto, e lo hanno dichiarato, che sarebbe morta della gente.

Veniamo alla specifica situazione torinese, lunedì 26 ottobre ci sono stati dei disordini, attualmente ci sono ulteriori convocazioni di piazza per protestare contro le misure di lockdown: come interpreta tutto questo?

E’ certamente una situazione complessa: si tratta di una piazza chiamata dalla rabbia, dall’istinto, accomunata non dalla volontà di cambiamento ma da un disagio che si sta vivendo.

E’ una piazza molto eterogenea, non ha una conduzione, è molto difficile capire chi la componga, abbiamo visto di tutto: ragazzini figli delle periferie abbandonate, ragazzini figli dell’abbandono scolastico a causa della didattica a distanza.

Abbiamo visto manifestare, con grande sorpresa, gli imprenditori, scesi in piazza per preservare le piccole aziende, mentre non abbiamo visto scendere in piazza i lavoratori.

Abbiamo visto, da parte delle destre, il tentativo abbastanza chiaro ed evidente di cavalcare questo malcontento, che tuttavia la piazza non siano le destre non c’è alcun dubbio: la piazza è il popolo.

Non c’è dubbio però che le uniche forze che in questo momento stanno cercando di “mettere mano” alla piazza tentando di strumentalizzarla per i propri biechi motivi siano proprio le destre.

Durante la manifestazione di cui stiamo parlando si è espresso un disagio, la rabbia di persone che stanno subendo gli effetti di questa società, figlia di scellerate scelte politiche ed economiche.

Non possiamo lamentarci: le periferie sono abbandonate a sé stesse, la gente viene abbandonata nel disagio, i migranti vivono anch’essi nel disagio più assoluto, i diritti di intere categorie di lavoratori sono stati sistematicamente erosi, tutto ciò crea gli attuali effetti.

Oggi paghiamo le scelte politiche di assenza e/o di presenza di questi anni: l’assenza della sinistra in queste piazze “urla vendetta”, tutti i valori legati all’unità, alla compartecipazione, alla solidarietà, sono spariti.

Non possiamo pensare che partendo da una struttura sociale così abbandonata ci possano essere delle capacità politiche di rivendicazione, che si possa fare qualcosa di diverso e più articolato dal scendere in piazza con la rabbia più feroce e sfasciare tutto: l’abbiamo costruita noi questa società.

Quali possono essere a suo parere le soluzioni per il futuro?

La crisi pandemica non è una situazione facile da gestire e su questo non c’è alcun dubbio: il virus c’è, esiste, impatta sul sistema sanitario nazionale, soprattutto quello ospedaliero, che pagano anni di tagli feroci.

Non esistono soluzioni semplici a portata di mano che possano risolvere immediatamente il problema, non credo ci sia alcuna formula magica per uscire da questa situazione, situazione che, ribadisco, è l’effetto di anni di sedimentazione di problemi che la pandemia non ha fatto altro che svelare ed accelerare.

Credo che la soluzione sia ripartire dal concetto che la società siamo noi: personalmente non credo allo Stato come sistema di organizzazione della collettività, ma anche per chi ci crede, occorre tirarsi tutti su le maniche, iniziare un dibattito togliendosi dalla testa che il denaro sia un valore di per sé che ci possa salvare, la pandemia è molto democratica: colpisce tutti, ricchi e poveri.

Se vogliamo tentare di cambiare le cose dobbiamo correggere la rotta: non è che ci siano molte alternative e lo stiamo vedendo: le soluzioni che i Governi ci stanno proponendo sono soluzioni di fatto autoritarie, al grido di “salviamo qualcuno” ne vengono sacrificati altrettanti, dietro alla retorica del salvare persone anziane o con patologie, vengono fatte passare soluzioni molto autoritarie, in cui la sanità diventa uno strumento di controllo dello Stato.

Le persone morivano anche prima della pandemia, mi riferisco ad esempio alle migliaia di persone morte sulle rotte migratorie nei confronti dei quali gli Stati si sono voltati dall’altra parte.

Non possiamo quindi pensare che lo Stato che si è voltato dall’altra parte rispetto a determinate tragedie sia lo stesso che ora mette in atto norme che abbiano lo scopo reale di preservare gli strati più fragili della società.

Ritiene che lo Stato debba mettere in atto concrete politiche di welfare?

Dal mio punto di vista politico, non credendo nello Stato, non posso che rispondere di no, credo molto di più nell’auto-organizzazione, tuttavia uscendo per un attimo da questa ottica, certamente sì.

Lo Stato attualmente fa finta che tutta una serie di categorie fragili non esistano, ad esempio i clandestini, i senza dimora anche italiani, quando ci sono i lockdown rimangono totalmente isolati in una società che si comporta come se non esistessero.

Mi chiedo anche: ha senso che oggi in pandemia si individuino eventualmente dei sussidi a persone in condizioni di fragilità, per poi dimenticarsi di queste persone quando la pandemia finisce?

Pensiamo al disagio nel lavoro nero: possiamo pensare di aiutare in pandemia persone che vengono sfruttate per pochi soldi, per poi finita l’emergenza continuare a lasciarla in balia di un lavoro senza diritti né garanzie?

Credo quindi che le reti sociali funzionino molto meglio, è apparso molto chiaro nel lockdown di marzo, sono state molto più efficaci di progetti realizzati con le fanfare di Stato e a Torino lo abbiamo visto tutti.

Ritengo comunque che anche chi crede nello Stato si debba mettere in testa che la rotta è da correggere, oppure fenomeni pandemici come questo si ripresenteranno.

Il pianeta inizia davvero a patire a causa di un’economia feroce: chi dalla Cina ha portato il Sars-Cov-2 in Italia?

Nella retorica dello Stato si continua a parlare di migranti infetti, confinati su navi quarantena, ma il paziente zero è stato certamente un dirigente d’azienda che è tornato in poche ore d’aereo dalla Cina dopo presumibilmente un breve periodo di permanenza.

I lavoratori o i migranti, non si spostano in breve tempo, sono i dirigenti che hanno questa possibilità.

Possiamo quindi dire che gli untori sono i dirigenti di questo sistema economico capitalista, cosa della quale dobbiamo renderci conto: il sistema mondiale ha preso delle derive che se non verranno corrette, questo anno pandemico sarà semplicemente l’anno 1.