E’ uscito il nuovo numero della rivista Torino Medica a cura di OMCeOTO: Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri di Torino

Riportiamo un  estratto dell’ultimo numero della rivista, dedicato quasi integralmente all’emergenza Covid-19, che potete trovare integralmente a questo link.

 

IL GIUSTO PREZZO DELLA VITA

Una delle riflessioni necessarie alla luce dei fatti è come poter conciliare le strategie sanitarie con quelle di sviluppo economico per tutelare la salute dei cittadini, la sostenibilità dei sistemi sanitari e quella dei mercati.

Queste componenti si sono intrecciate nel nodo cruciale delle diverse scelte a cui sono stati chiamati i vari Paesi in merito alle misure di contenimento della diffusione del Coronavirus nella fase acuta dell’epidemia e al momento giusto per interrompere il lockdown al fine di rimettere in moto il mercato e arginare il collasso dell’economia. Ogni Stato è andato più o meno per conto suo.

Ma, come ha scritto The Economist, ogni decisione in questa emergenza sanitaria ed economica che porta a dover scegliere tra meno morti e maggiore perdita PIL, oppure tra più crescita di PIL ma anche di morti, è sintetizzabile in una sola domanda: “qual è il giusto prezzo della vita?”. Per rispondere a questo interrogativo, i governi, gli economisti e i decisori politici dovrebbero valutare diverse cose e “misurare” diversi fattori e variabili. Per esempio quanto è costato fino a oggi salvare un anno di vita con il parziale
blocco delle attività lavorative? Quali sono i costi del lockdown nel lungo periodo in termini di prodotto interno lordo (PIL) e quali i costi in termini di benessere e salute della popolazione?

Anche se può sembrare cinico, la vita umana ha un suo valore economico, un valore statistico che secondo le stime dell’Istituto nazionale di statistica è di 342 mila euro. Quindi la valutazione del costo economico della pandemia e del risparmio economico delle misure di contenimento può essere calcolato (semplicemente) moltiplicando questo valore per il numero di morti stimati o previsti.

“Il dilemma è chiaro: azzerare il numero delle persone che perdono la vita e sopportare un costo enorme in termini di PIL perduto, oppure cercare un equilibrio con la situazione economica del paese?” si chiede Stefano Capri su La Voce.

“Molto probabilmente la decisione verrà presa senza un criterio esplicito”. La quadratura del cerchio è nella ricerca di un punto di incontro tra il numero di vite da
proteggere e le risorse economiche da sacrificare. “Siamo comunque di fronte a un tipico caso di scelta tragica, sia che si tratti di decisioni consapevoli ed esplicite sia che si assumano posizioni non trasparenti e che non hanno un calcolo alla loro base” ammette Capri, che nel suo commento prende come riferimento due studi, uno dell’Istituto Cattaneo e uno dell’Imperial College di Londra.

Il primo studio utilizza l’analisi costo-efficacia, strumento classico per la valutazione economica: se spendendo 1 milione di euro prolunghiamo la vita a 10 individui in media di 10 anni ciascuno, per ogni anno di vita guadagnato spendiamo 10.000 euro [1.000.000/(10×10)].

Con un approccio pragmatico, talvolta criticato perché troppo esposto a distorsioni o soggettività, il valore soglia oltre il quale un intervento sanitario viene giudicato non conveniente varia da nazione a nazione: negli Stati Uniti è 100 mila dollari americani, in Canada 50 mila dollari canadesi, nel Regno Unito 30 mila sterline, in Svezia, l’equivalente in corone svedesi di 100 mila euro.

In Italia non esiste un parametro formalmente determinato, ma per analogia con il sistema sanitario e il contesto sociale britannico il valore di 30 mila euro può essere considerato un
riferimento. “Quanto è costato fino a oggi salvare un anno di vita con il parziale blocco delle attività economiche?” si chiede Capri.

Il costo lo si pone uguale al PIL che il Paese perde a seguito delle restrizioni imposte alle attività produttive, pari allo 0,75% la settimana (secondo il Centro studi Confindustria). In
due mesi, prendendo come riferimento il Pil del 2019, che è stato di 1.695,59 miliardi, si sarebbero perduti 101,735 miliardi. Dai dati sui decessi forniti dall’Istituto superiore di sanità su Epicentro si può ricavare la distribuzione per classi di età e si può quindi applicarla ai soggetti salvati.

Suddividendoli per classi di età e applicando a ciascuna la rispettiva speranza di vita, cioè il numero di anni che rimangono in media da vivere al singolo soggetto,
si ottiene il totale degli anni di vita che sono stati guadagnati” (Tabella 1).

Ordine dei Medici Torino

Secondo lo studio dell’Imperial College, invece, il lockdown ha permesso di salvare 38 mila vite (con un intervallo cha va da 13 mila a 84 mila) e, calcolando il rapporto tra il totale degli anni di vita guadagnati e il calo del PIL di 101,735 miliardi, si giunge all’evidenza di un costo per anno di vita salvato pari a 205.291 euro.

In entrambi i casi, appare evidente come si tratti di esercizi caratterizzati da forti limiti metodologici. Permangono incertezze sugli effetti della chiusura delle attività sulla mortalità,
come anche sulla perdita in termini di PIL. Inoltre, qualsiasi simulazione considerasse gli effetti positivi della riapertura si baserebbe su una previsione che non potrebbe considerare le difficoltà che i singoli comparti produttivi potrebbero incontrare al momento della ripartenza in una situazione di mercato profondamente mutata.

Forse converrebbe lasciar perdere, seguendo il consiglio del filosofo tedesco Jürgen Habermas che, intervistato da Le Monde, ha affermato che:

“i politici devono resistere alla tentazione utilitaristica di soppesare i danni economici e sociali, da un lato, e le morti evitabili, dall’altro.
Si deve accettare il rischio di sovraccaricare il sistema sanitario e, quindi, aumentare il tasso di mortalità per far ripartire prima l’economia e ridurre così anche la miseria sociale causata dalla crisi economica?
Su questo punto la raccomandazione specifica del Consiglio tedesco di etica è rimasta fatalmente ambigua.
I diritti fondamentali vietano agli organi statali di prendere qualsiasi decisione che accetti la possibilità di morte di singole persone

Fonte: Torino Medica n. 2-3 2020