“Abbiamo fin troppi problemi a casa nostra che figurati se possiamo occuparci di morti africani”. Forse è questo il retro-pensiero di qualcuno a cui giunge la notizia di 50 persone circa, morte nel crollo di una miniera illegale di diamanti in una zona pressoché sconosciuta della Liberia occidentale al confine con la Sierra Leone. L’area di Masakpa, nella contea di Grand Cape Mount, è tra quelle più sottosviluppate del Paese, eppure è lì che ci sono le miniere che le multinazionali delle pietre preziose sfruttano senza alcun rispetto per la vita umana. Poi casomai faranno anche qualche buona e plateale donazione per fronteggiare la pandemia.

Nel 1982 nella stessa area ci fu un altro crollo, si trattava di una miniera di ferro e i morti furono centinaia. Quasi a considerarle vite di seconda scelta, non c’è mai stato un conto preciso delle persone decedute. Quelle miniere sono illegali, non esistono. E mi viene da chiedere come sia possibile che siano clandestine se anche solo attraverso Google Earth è possibile vedere le voragini prodotte nel terreno. È evidente che esistono complicità e connivenze. Così come i colletti bianchi saranno pronti a documentare che loro acquistano da commercianti che vendono legalmente garantendo il rispetto di ogni diritto.

“Un diamante è per sempre”. Intanto le poche fonti di informazione attive dicono che le ricerche continuano, le famiglie piangono e le nostre coscienze tacciono. Abbiamo altro cui pensare.