Ciascuno e ciascuna di noi ha una sua particolare idea dell’amore. La letteratura ci fornisce una varietà infinita di concezioni dell’amore nelle diverse epoche storiche, nelle diverse culture, nei diversi strati sociali.

Ad esempio: l’amore cavalleresco, quello romantico, l’amore eterno, l’amore fisico, quello spirituale, l’amor filiale, quello materno e quello paterno, quello appassionato, l’amore platonico, l’amor muliebre, l’amor di patria, l’amore divino, ecc., ecc. (Kollontaj)

Ma il tempo che rapporto ha con l’amore? Il tempo ha un ruolo nella concezione che ciascuno/a ha dell’amore. Per esempio rispetto alla sua durata. Alcune parole sono state prodotte per rappresentare rapporti d’amore a seconda della loro durata e dell’intensità: “mi sto facendo una storia con…” vuol dire sto avendo un rapporto sentimentale di non-lunga durata; oppure “mi vedo con tizio/a…” è un rapporto non molto coinvolgente e forse ancor più breve della storia…ed altre espressioni.

 

Ma questo è il tempo cronologico, quello con cui gli umani misurano ogni cosa, quello scandito dagli orologi che viene utilizzato per misurare anche l’amore, se breve, lungo, eterno…

Ma c’è un altro tempo. Non il tempo cronologico, un altro significato di tempo…un significato assai interessante con cui riprendere a familiarizzare.

Molte lingue antiche avevano due parole per rappresentare diversi concetti di tempo. Attualmente le lingue che hanno mantenuto il doppio significato, hanno una parola per il tempo cronologico e un’altra per il tempo meteorologico.

Ma è una semplificazione che ha annullato completamente il senso di un diverso significato del “tempo”.

 

La parola “tempo” nella nostra lingua deriva da termini latini come “tempestus”, “tempestas” …termini che rappresentano quel fenomeno naturale, “la tempesta”, conosciuta dagli umani da sempre e osservata spesso con esiti devastanti per l’osservatore, che si produce quando una serie di elementi: vento, temperatura, pressione, umidità… si miscelano e, in un momento dato, esplodono in quello spettacolo che stupiva e stupisce ancora con tuoni, lampi, scrosci d’acqua, ecc., ecc.

Alle origini della parola “tempo” abbiamo i concetti di “miscela di elementi diversi” e di “momento opportuno in cui questi si combinano ed esplodono”. Difatti la parola “tempestività”, che ha la stessa radice, definisce una azione in un preciso momento e non in altri; le parole “temperanza” o “intemperanza” stanno a significare se la miscela di elementi diversi si produce all’interno del consentito oppure fuori, se viene accettato o no dai contemporanei.

Dunque la parola “tempo” non ha avuto sempre l’unico concetto che oggi le attribuiamo, ossia quello di “scorrere di avvenimenti pressoché simili o comunque in continuità, senza sostanziali rotture”. Questo significato ha preso piede, probabilmente, nelle società ordinate e gerarchiche, nelle quali la continuità e l’immobilità è un valore importante da mantenere.

I greci avevano un termine per rappresentare questa immagine del tempo opportuno. Non è Kronòs ma Kairòs. Quest’ultimo, caduto in disuso, stava proprio a significare il tempo opportuno nel quale devono succedere delle cose. È evidente che nelle culture legate alla agricoltura e pastorizia e anche alla produzione artigianale questo concetto è fondamentale. Bisogna piantare o raccogliere i vari prodotti agricoli in quel tempo e non in un altro, e proprio quando si miscelano, una serie di elementi: luna, temperatura, umidità…. Così per la gestione degli animali, per la pesca ed anche per le produzioni artigianali o legate all’agricoltura: formaggi, vino, ecc. Insomma c’è un “tempo opportuno” nel quale avvengono certe cose, debbono avvenire… è il tempo maturo per quell’attività, per quell’avvenimento.

 

Quest’ultimo significato è rimasto in alcune lingue riferito al tempo meteorologico, ma tassativamente assente nelle vicende umane. L’ordine familiare, religioso e statuale non lo poteva consentire.

E invece, poiché accade, e mica tanto raramente accade, inconsapevolmente ma accade, proviamo a rapportarlo al concetto di amore che troppo spesso caratterizzano a seconda della durata o, in qualche caso, dell’intensità, ma mai con il tempo opportuno quando si miscelano quegli elementi che fanno esplodere, come una tempesta, la passione.

Avviene proprio così e lo sappiamo tutte e tutti. Ma noi contemporanei non abbiamo pensato quale parola usare per dirlo o non abbiamo il coraggio per esprimerlo…ed è un guaio!!!

 

Anche la storia e l’attualità della lotta di classe la possiamo vivere più consapevolmente o, se volete, la capiamo meglio se introduciamo questo concetto del tempo opportuno. L’ho verificato nella mia storia e ancor di più in periodi di storia complessi. Ad esempio la storia degli anni ’70 si spiega assai bene col concetto di tempo opportuno, Kairòs per fare certe scelte. Quello era il tempo, né prima né dopo, per noi era quello. E in quel tempo abbiamo fatte quelle scelte. E ci siamo tirati addosso tutti i giudizi e le contumelie possibili, ma quello, per noi, era il tempo opportuno; comunque fosse andata.

La comune di Parigi, o prima ancora la rivolta degli schiavi di Haiti, e prima ancora quella degli schiavi e dei gladiatori di Spartaco, o ancora la saggezza sovversiva di Ipazia di Alessandria … e ne possiamo trovare decine e decine di periodi in cui il tempo opportuno ha dato il segno alla storia.

Ed oggi? La domanda si impone di nuovo: quando cadrà il tempo opportuno per fare qualcosa di importante che metta in discussione lo stato di cose esistenti?

La decisione spetta a chi è inserito/a profondamente nella lotta di classe, non altri. Cosa va fatto oggi lo decide chi fa, coloro che fanno, non chi guarda. E dovranno decidere per evitare di nascondersi… dietro il “tempo che passa” e continuare a vivere nello spaesamento totale.”

 

Salvatore Ricciardi, (proletario, scrittore, compagno della Garbatella) – 8 febbraio 2016

Tratto dal blog “Contromaelstrom”