Dar vita ad una nuova cultura contadina, fondata sull’agricoltura naturale e sulle buone pratiche di gestione del suolo, compromesso dall’intervento umano. Questa la missione di Cesare Dimitri, un giovane contadino di Calimera, in provincia di Lecce, impegnato da tempo per riforestare il Salento, oggi agonizzante e a rischio desertificazione.

Una coda di lunghi capelli neri e lucidi, il corpo magro compatto, e la sua postura fiera mentre osserva i terreni circostanti; sembrano pennellate della romantica immagine di un Nativo Americano. Questa similitudine viene accentuata quando il suo sguardo esploratore, grondante e nauseato per la visione che lo circonda, trasferisce lo sconforto alle sue parole. Il suo nemico non è una popolazione straniera che invade il territorio ma la desertificazione che divora il Salento.

Cesare Dimitri

«Non confondiamo la desertizzazione, avanzata dei deserti a causa di cambiamenti climatici, con la desertificazione che è la compromissione dell’habitat naturale a causa delle scelte dell’uomo sul territorio locale». Questo il biglietto da visita di Cesare Dimitri (31 anni), studente della Libera Scuola di Agricoltura Sinergica di Emilia Hazelip, e contadino di Calimera, in provincia di Lecce.

«In questo territorio tutto il paesaggio è agonizzante – continua Cesare – Fanno notizia le difficoltà degli alberi di ulivo perché rappresentano, oltre a un problema ecologico, una complicazione sociale ed economica. Ma ogni espressione della natura, dai cespugli di mirto agli alberi di pruno, è sofferente. Un tempo in questa zona distese di foreste si sviluppavano in tutte le direzioni.

I romani per costruire le loro navi hanno iniziato l’azione di disboscamento, negli ultimi 200 anni i territori sono stati sfruttati per monoculture, di grano prima e ulivi in seguito; l’utilizzo di diserbanti chimici e la tecnica di bruciare le sostanze organiche residue invece di restituirle al terreno come nutrimento naturale hanno contribuito alla desertificazione. Un ecosistema necessità di biodiversità e un atteggiamento contro-natura, perpetuando lo sterminio di microrganismi preposti alla creazione di humus, ha concorso definitivamente alla sterilità del territorio».

Il percorso professionale di Cesare inizia in una fattoria didattica, seguito poi da esperienze presso un apicoltore e in un’azienda agricola. Oggi sono due i fronti sui quali Cesare lotta quotidianamente per strappare terreno alla desertificazione.

La prima sfida consiste nel raggiungere un’autonomia alimentare, creando una foresta commestibile (food forest) nel terreno di famiglia: circa tremila metri quadrati. La sua stella polare sono gli insegnamenti di Masanobu Fukuoka sul “non fare”, inteso come non andare contro la natura. Da oltre dieci anni con semplici tecniche, quali utilizzare gli sfalci per creare humus, seminare molteplici varietà autoctone e “istruire” gradualmente le piante a una riduzione di utilizzo di acqua irrigata, ha accompagnato l’autofertilizzazione naturale del terreno.

Oggi un prato di consolida, cicoria, piantaggine e menta sostengono cespugli di lavanda, mirto, gelsi, more che a loro volta adornano le basi di alberi di agrumi, nespole, albicocche, melograni, cachi e olive. Questo è solo un elenco parziale di una convivenza produttiva e armonica che «da questo anno non necessiterà più di irrigazione umana». Un’oasi in una regione che in estate con temperature diurne elevate può non ricevere acque piovane per cinque o sei mesi.

Il secondo fronte di combattimento è rappresentato dal suo impegno sociale all’interno dell’Associazione Radici Urbane con sede in paese. Lo scopo di questa associazione, con il programma “Riforestiamo il Salento”, è quello di diffondere “buone pratiche per una gestione consapevole del suolo”.

Il 21 novembre, in occasione della Giornata nazionale dell’Albero, presso il Museo di Storia Naturale del Salento (esemplare modello di gestione della Cooperativa Naturalia) bambini e genitori del paese hanno costruito con l’argilla delle bombe di semi e, alcuni giorni dopo, le hanno lanciate nei terreni del museo. Nell’ambito della stessa manifestazione gli alunni del plesso elementare e media hanno piantato venti carrubi nell’area scolastica, conferendo a ognuno il nome di un personaggio storico del paese.

L’Associazione Radici Urbane, grazie a una comunione di obiettivi con la Cooperativa Naturalia, ha allestito all’interno del Museo un piccolo orto sinergico aperto a visite guidate o giornate esperienziali e sta meditando di costruire al suo interno un “attirapasseri” come attrazione e provocazione di una nuova cultura contadina.

L’orto sinergico allestito all’interno del museo

Sono convinti che un diverso approccio pratico potrà salvare il territorio salentino, per questa ragione hanno in programma una serie di iniziative didattiche quali:

  • workshop sulla gestione consapevole del suolo;
  • workshop di agricoltura naturale ispirata al metodo Fukuoka (semi in palline di argilla, riforestazione e importanza della forma naturale degli alberi);
  • corsi di Agricoltura Sinergica;
  • workshop teorico-pratico di cromatografia (analisi microrganica del suolo) con un esperto di agricoltura organica rigenerativa,
  • escursioni sul territorio con esperti di piante spontanee utili, commestibili e officinali;
  • workshop di saponificazione.

«Contatto molte persone – conclude Cesare – che, come noi, hanno a cuore il futuro di questi territori. Dobbiamo assolutamente fare rete e lavorare insieme per non disperdere le nostre forze. Lo scopo è quello di piantumare il territorio e farlo tornare fertile».

La volontà di non arrendersi al fatalismo e all’ignoranza è animata da grande entusiasmo. La natura, quando conosciuta, è una meravigliosa compagna di viaggio. Idee e confronti potranno essere il fertilizzante per non lasciare ogni sforzo isolato e far sorgere una fruttifera alba su Calimera e su tutto il Salento.

 

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