Per festeggiare l’arrivo della primavera avremmo dovuto avere prima l’inverno. Quest’anno, invece, l’inverno nel Nord Italia non c’è stato. Pochissima neve, piogge ridotte di meno della metà rispetto alla media stagionale.

La Val Padana è in secca. Il Lago di Como è sotto del 21% rispetto alla media stagionale, mancano all’appello 95 milioni di metri cubi d’acqua. IL Lago Maggiore è sotto del 29%. Il Po è allo stesso livello che raggiunge in Agosto, livello idrometrico al ponte della Becca di -2,83.

In alcune zone, come nel padovano, per permettere la semina del mais si è già alla irrigazione di soccorso. Nei campi faticano a germogliare colture come il mais e la barbabietola proprio per la scarsità d’acqua, le piantine non trovano l’umidità nel terreno per poter mettere radici. Gli agricoltori devono irrigare fuori stagione, attingendo alla falda, sobbarcandosi dei costi non indifferenti ancora prima che le piante emergano dal terreno. Se non dovesse piovere a breve saranno a rischio le coltivazioni non raggiunte dall’irrigazione.

“Abbiamo risorse ancora per 30 giorni. Poi dovremo ragionare in altri termini e su altra scala, su cosa potremmo salvare e cosa invece quest’anno andrà definitivamente perso” dice a EC Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti, e aggiunge: “il problema è che data la scarsità delle precipitazioni invernali non solo serve pioggia, ma anche la giusta quantità nel giusto periodo. Un acquazzone breve e violento, per esempio, ora sarebbe dannoso tanto quanto la siccità. Non lascerebbe nulla, anzi potrebbe fare ulteriori danni su un terreno già molto secco. Quello che servirebbe è una pioggia moderata diluita in un tempo medio-lungo, tre o quattro giorni di fila. Ma non sembra che siano alle porte fenomeni meteo di questo tipo. Stiamo affrontando l’ennesima crisi, ricordiamo che nel 2017 abbiamo avuto l’anno più asciutto dal 1961. Sono gli effetti del cambiamento climatico nel nostro paese, inverni che specialmente al Nord sono sempre più secchi e sempre meno freddi. Dobbiamo cominciare a ragionare seriamente su invasi per conservare l’acqua piovana e forse mettere in discussione per il futuro le canalizzazioni che abbiamo ereditato dai nostri padri e dai nostri nonni: da sole non ce la fanno più”.

La progressiva siccità del Nord Italia è stata certificata dall’ultimo studio ISPRA (https://bit.ly/2FtaxzJ) recentemente presentato al Parlamento. La temperatura media negli ultimi anni è cresciuta di oltre due gradi in quasi tutte le zone del nord con punte di addirittura 4 gradi in aree come quella del piacentino.

L’inverno per come lo conoscevamo sarà sempre più un fatto sporadico.

Nelle zone del riso, vercellese in particolare, i direttori dei consorzi irrigui Ovest Sesia, Est Sesia e Bonifica della Baraggia Biellese hanno invitato i risicoltori a mettere da parte per quest’anno le tecniche innovative di semina del riso, e tornare alle ‘origini’, quando le risaie venivano allagate fin dal mese di aprile.

Negli ultimi anni sempre più agricoltori praticavano la cosiddetta ‘semina in asciutta’, che consiste nella distribuzione dei semi delle piantine di riso sul terreno senz’acqua, che invece viene immessa in risaia in un secondo momento. Secondo i tre consorzi, la diffusione della nuova tecnica non garantisce la fase di accumulo dell’acqua nelle falde, importante serbatoio idrico per la pianura insieme ai ghiacciai alpini.
Il timore è che senza piogge i consorzi non potranno garantire nei prossimi mesi estivi L’acqua, scarsa l’irrigazione di tutto il comprensorio, 250.000 ettari tra Vercelli, Novara e Biella.

Il grande secco si sta spostando anche nelle Marche: l’invaso di Cingoli è sotto di 12 milioni di metri cubi d’acqua rispetto alla quantità media di riserva idrica rilevata in questo periodo. A rischio non è solo l’agricoltura, la situazione è preoccupante anche per le riserve di acqua potabile.

“La situazione idrologica del paese – evidenzia a EC Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – si è capovolta nel giro di pochi anni e ci obbliga a nuove strategie infrastrutturali, iniziando dal Piano Nazionale Invasi.

Siccità al Nord, più acqua al Sud, dove però restano i problemi di dispersione. La situazione del bacino padano è grave. La portata del fiume Po è la metà della media del periodo (a Cremona: 538 metri cubi al secondo invece di 1086; a Boretto: mc/sec 616 invece di 1226; a Pontelagoscuro: mc/sec 770 invece di 1533) con l’inevitabile risalita del cuneo salino per oltre 10 km nel Po, che ha già contaminato le prese irrigue più vicine alla foce. Ancora più evidente è la criticità del momento, analizzando i dati di altri fiumi dell’Emilia Romagna, già protagonisti di disastrose alluvioni in anni recenti: l’Enza ha una portata di 0,06 metri cubi al secondo contro una media di 17,3; il Reno di mc/sec 2,89 contro una media di 25; il Secchia addirittura di mc/sec 2,02 invece di 31,2.Analogo andamento si registra in Piemonte: infatti, se la Dora Baltea segnala solo 28 metri cubi al secondo invece di 31,1, ben più grave è la condizione del Tanaro (mc/sec 57 invece di 124,5) e della Stura di Lanzo (mc/sec 3,0 invece di 6,2); di fronte a tale situazione e prevedendone solo un peggioramento, considerato anche l’inconsistente manto nevoso sulle montagne, è scattato l’invito a “sommergere” le risaie entro fine aprile per evitare la successiva concomitanza con le esigenze irrigue del mais, creando al contempo una riserva idrica indispensabile per “dissetare” le campagne a valle nei mesi a venire.

Decisamente diversa è la situazione nel Sud Italia, dove i maggiori bacini sono indirizzati al massimo riempimento. In Puglia trattengono attualmente 284 milioni di metri cubi (l’anno scorso erano 243) su una capacità complessiva di 336; in Sardegna, l’acqua nei grandi invasi è pari a 776 milioni di metri cubi (l’anno scorso erano 556) su una capacità complessiva pari a 945 milioni di metri cubi; in Sicilia sono conservati 277 milioni di metri cubi erano 192 nello stesso periodo 2018) su una capacità complessiva di 421; la Basilicata è la regione meno ricca di riserva idrica: solo 422 milioni di metri cubi (erano 392, un anno fa) contro una capacità totale di 826 milioni di metri cubi”.

#ClimateStrike

Dopo l’appuntamento del 15 marzo scorso che ha visto un’eccezionale partecipazione in tutto il mondo (l’Italia in particolare ha visto manifestazioni enormi, quella di Milano con i suoi 100mila persone una delle più grandi in tutto il pianeta), l’appuntamento ora è per il prossimo 24 maggio.

Mercoledì 20 marzo si è svolta l’assemblea di #FridaysForFuture Milano, a questo punto uno dei comitati più importanti del mondo in termini di partecipazione. Queste le proposte (testuali) approvate e che vengono rilanciate a tutti i comitati d’Italia:

-Scioperare durante la prima ora, in tutte le scuole, facendo delle assemblee sul cambiamento climatico. Non un semplice saltare la scuola ma preparare un terreno per ricostruirci il futuro.

-Darci un segno di riconoscimento. Attaccare fascette o laccetti di colore verde allo zaino. Siamo tantissimi, dobbiamo essere visibili o riconoscibili!

-Portare le lezioni, l’arte e la musica nelle piazze. Chiediamo ai nostri professori di prendere posizione. Le scienze e le arti non possono rimanere rinchiuse in scuola e università.

Abbiamo deciso di trovarci ogni settimana per condividere ogni passo da fare insieme.

Infine abbiamo discusso dell’organizzazione dell’assemblea nazionale di Fridays For Future Italia verso e oltre il 2° Sciopero Mondiale per il Futuro | 24 maggio Milano

Pagina FB: https://m.facebook.com/FridaysItalia

Per info: www.fridaysforfutureitalia.it

Un importante appuntamento attende i ricercatori e gli scienziati di tutto il mondo: dall’8 al 10 aprile a Vienna si terrà l’assemblea generale di EGU, l’Unione Europea delle Geoscienze. Previsto l’arrivo di 14mila scienziati, ricercatori, analisti, giornalisti scientifici e la presentazione di 17mila ricerche scientifiche. Sarà un appuntamento fondamentale per fare il punto sul cambiamento climatico in atto nel pianeta, con ricerche e studi nuovissimi. Focus specifici sui cambiamenti climatici in Europa: dalla possibile insorgenza di nuove zone malariche dovute al surriscaldamento di alcune zone continentali, agli effetti del cambiamento climatico sulle Alpi, ai nuovi studi in Antartide alle nuove frontiere degli studi satellitari. Molti i ricercatori italiani presenti con un focus della virologa Ilaria Capua proprio sui possibili effetti sulla salute umana.
EstremeConseguenze approfondirà e anticiperà nei prossimi giorni i contenuti di questo importante appuntamento.

https://www.egu.eu

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