Si è svolto nella giornata di oggi il convegno organizzato da Magistratura democratica, Dipartimento di Scienze giuridiche (Sapienza, Unviersità di Roma) e Fondazione Basso in ricordo di Stefano Rodotà, a meno di un anno dalla sua scomparsa. Tra il pubblico in sala, la moglie Carla.

I numerosi temi affrontati – diritti fondamentali, globalizzazione, privacy, beni comuni, diritto all’oblio, immigrazione, Carta costituzionale dell’Unione europea – sono la vigorosa testimonianza del carattere poliedrico di un intellettuale come Rodotà.

La parte prima – dedicata a “I diritti fondamentali nell’era della globalizzazione” – è stata aperta dal professor Guido Alpa (ordinario di diritto civile, Sapienza) e coordinati dal giudice Antonella Di Florio che ha ricordato “la fiducia” che Rodotà aveva verso la magistratura nel suo “ruolo di guida giurisprudenziale”.

La segretaria di Md Mariarosaria Guglielmi, nella sua introduzione, ha sottolineato “la presenza immanente di Rodotà nella vicenda di Magistratura democratica”, ricordando, inoltre, come “il suo pensiero laico e universale sia stato un punto di riferimento ed esempio in tutto il dibattito pubblico”.

Luigi Ferrajoli, professore di filosofia del diritto (Università Roma 3), nell’introduzione alla prima parte del convegno ha ricordato come Rodotà abbia inaugurato un nuovo modo “di essere giurista” e che confrontarsi con la sua figura voglia dire anche misurarsi allo stesso tempo con la sua dimensione di “teorico della democrazia e uomo politico”. In conclusione del suo intervento ha dichiarato: “Ci siamo illusi che Rodotà potesse diventare Presidente della Repubblica ma era troppo diverso dai politici che avrebbero dovuto votarlo. Il fatto che la sinistra non abbia pensato di votarlo è un segno della sua crisi e della sua distanza dalla società”.

Il presidente della Fondazione Basso Franco Ippolito, introducendo la seconda parte del convegno (La Carta di Nizza e le fonti sovranazionali), ha parlato di uno Stefano Rodotà “punto di orientamento per tanti cittadini”, capace di “credere nella possibilità di costruire un’altra Europa, un’Europa dei diritti”.

Paolo Ridola, preside della Facoltà di Giurisprudenza, ha posto l’accento sul contributo del giurista “al processo di integrazione europea, sul piano della riflessione scientifica, sui temi della dignità e solidarietà”.

Elena Paciotti, già parlamentare europeo, protagonista insieme a Stefano Rodotà alla scrittura della Carta di Nizza, ha ricordato “lo straordinario contributo del giurista alla stesura della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, in particolare agli articoli 3 (diritto all’integrità della persona) e 8 (protezione dei dati personali)”.

Giuliano Amato, giudice della Corte costituzionale, ha offerto al pubblico uno sguardo ampio sui processi che hanno portato alla costituzionalizzazione dell’Unione europea, sottolineando poi come “un riconoscimento e una garanzia dei diritti affidati soltanto alla costanza degli organi giudiziari non possa reggere”. Ha infine aggiunto: “Se a garantire la vita dei diritti basta una sentenza, quei diritti cadranno”.

“Il pensiero di Stefano Rodotà non è archiviabile, perché ci interrogherà ancora sul passato e sul presente”. Così il professor Gaetano Azzariti (ordinario di diritto costituzionale, La Sapienza) ha aperto le conclusioni del convegno.

Azzariti si è soffermato sul carattere “non neutrale” del diritto, rilevando che – come già sottolineato da Rodotà – “la dignità è il maggior lascito del costituzionalismo del ‘900 a cui si devono piegare i diritti, anche i più terribili”. Ha poi ricordato, citando ancora Rodotà, che “c’è un limite al diritto: la vita. C’è la vita oltre il diritto. E il diritto per essere tale, per essere costituzionale, deve porsi al servizio delle persone e non può più essere conservazione ma strumento di emancipazione”.

Infine, Azzariti ha rilevato come Rodotà avvertisse tutti i limiti dell’Unione europea odierna e ha osservato come sia “giunto il momento di abbandonare Maastricht ma di tornare allo spirito di Ventotene”, suggerendo, in conclusione, di assumere tutti il rigore del “rivoluzionario” proprio di Stefano Rodotà.

Fonte: Magistratura Democratica