Dave Zirin, redattore sportivo della rivista The Nation, ha partecipato ai funerali di Muhammad Ali nella sua città natale di Louisville, nel Kentucky. Questi sono i suoi commenti.

Credo che sotto molti aspetti questo funerale sia l’ultimo atto di resistenza di Muhammad Ali, perché sta spingendo il paese a unirsi per onorare il musulmano più famoso del mondo. E questo in un momento in cui un candidato a presidente ha un programma di abbietto fanatismo contro i musulmani e l’altro candidato ha sostenuto con orgoglio le guerre in Medio Oriente e la cancellazione dei diritti dei palestinesi. E in mezzo a tutto questo presidenti, capi di stato e leader, compreso Donald Trump, devono levarsi il cappello ed esprimere il loro rispetto per Muhammad Ali. C’è qualcosa di bello in questo. Dimostra che era impossibile spezzarlo. Ci hanno provato, ma non ci sono riusciti.

Muhammad Ali è il renitente alla leva più famoso nella storia della guerra e questo non potranno mai cancellarlo. Da quando è morto molti commentatori hanno cercato di occultare la verità dicendo che era per la pace e contro la guerra, ma lui era molto più radicale di così. Muhammad Ali era contro l’impero. Muhammad Ali credeva nella solidarietà con  la gente nera e povera degli Stati Uniti, con i poveri del Vietnam e con quelli che venivano uccisi in Vietnam e sentiva di non poter sostenere una società che considerava di una brutalità unica. Se Muhammad Ali avesse accettato la chiamata alle armi, non sarebbe andato nel Sud Est asiatico con un fucile in mano, ma gli avrebbero chiesto di diventare un simbolo a favore della guerra. E questo era troppo per lui. Bisogna anche ricordare che Muhammad Ali ha dato forza e fiducia a un movimento contro la guerra costituito da giovani bianchi della classe media e aiutato i giovani attivisti neri per i diritti civili a schierarsi contro la guerra.

Sarò sincero, la presenza di Bill Clinton ai funerali fa male: visto il ruolo storico di Muhammad Ali contro la guerra e il fanatismo, fa male vedere qui la persona che ha riformato il welfare, introdotto la legge anti-crimine e imposto le sanzioni all’Iraq, ma in un certo senso questa è anche l’ultima vittoria di Muhammad Ali. Gli stessi presidenti che gli controllavano il telefono, lo perseguitavano e lo spiavano ora sono costretti a rendergli omaggio.