Dopo la mobilitazione di 500.000 cittadini il 1° luglio e il precedente referendum informale per chiedere maggiore democrazia nell’elezione dei vertici del governo locale che ha raccolto quasi 800.000 firme, il capo del territorio di Hong Kong ha chiesto a Pechino di ascoltare la popolazione che chiede elezioni a suffragio universale.

Nel suo rapporto consegnato ieri al Congresso nazionale del popolo cinese (in pratica il Parlamento), il capo dell’esecutivo, Leung Chun-ying, ha segnalato “la necessità di modificare il metodo di selezione della carica di leader nel 2017 nel senso di arrivare al suffragio universale”.

Una richiesta che sembra ricalcare quella del movimento democratico che nel referendum ha chiesto ai cittadini di votare per tre scelte diverse, tuttavia unificate dal suffragio universale. Attualmente il capo del governo viene scelto da 1200 personaggi di un comitato selezionato per la fedeltà alla Repubblica popolare. In un recente intervento, la dirigenza cinese ha comunicato che gli elettori potranno eleggere il prossimo leader, scelto però tra candidati indicati da un comitato approvato da Pechino. Un’alternativa che difficilmente potrà sciogliere i dubbi dell’opinione pubblica locale sulla volontà cinese di proseguire a mantenere un controllo sulla vita dell’ex colonia britannica soffocandone gradualmente le prerogative di autonomia e democrazia formalmente garantite per cinquant’anni, fino al 2047.

Il rapporto, che in alcuni passi conferma la fedeltà degli abitanti alla Repubblica popolare cinese e il desiderio di avere una leadership “patriottica”, oltre che fedele alla mini-costituzione locale frutto degli accordi cino-britannici, è stato accolto con severe critiche da alcuni leader del movimento democratico.