Iran Review

Sulla scia delle recenti elezioni presidenziali in Egitto, Baher Kamal prende in esame alcuni dei fatti non denunciati che riguardano la situazione del paese.

CAIRO Giugno 2014 – Inconsapevolmente o meno, la maggior parte dei media mainstream e dei corrispondenti esteri hanno fatto eco alle voci dei Fratelli Musulmani rappresentando il nuovo presidente Abdel Fattah Al Sisi come il generale che ha guidato il “colpo di stato” di Luglio 2013 contro il “presidente legittimamente eletto”, il leader islamista Mohamed Morsi. 

Di Baher Kamal

Così facendo, si omettono alcuni fatti chiave:

– esattamente un anno fa, più di 30 milioni di egiziani sono scesi in piazza a manifestare e a chiedere l’impeachment di Morsi. Morsi era stato eletto con poco più di 13 milioni di voti. La Costituzione egiziana dice chiaramente che la sovranità appartiene al popolo.

–  il rivale di Morsi alle presidenziali del 2012 era il Generale Ahmad Shafik, un ex comandante dell’aeronautica egiziana, che aveva ricoperto la carica di Primo Ministro dal 31 Gennaio al 3 Marzo 2011. Shafik era considerato l’uomo forte dell’ex presidente Mubarak.

– la vasta maggioranza dei partiti, inclusi gli islamisti radicali del partito salafita Al Nour, l’ex vice presidente responsabilie per le relazioni internazionali, l’ex capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) e il premio Nobel Mohamed El Baradei, avevano avuto vari incontri con l’allora Ministro alla Difesa Al Sisi per chiedere azioni immediate che portassero all’ impeachment di Morsi.

La richiesta di impeachment per Morsi è stata motivata dalla diffusa frustrazione popolare: molto semplicemente, 13 milioni di egiziani avevano eletto Morsi nel 2012 come rappresentante dei Fratelli Musulmani che avrebbero salvato milioni di persone dalla povertà ma che invece hanno trasformato la loro posizione in una piattaforma per una “islamizzazione” sistematica di tutte le istituzioni dello stato, ignorando le vere esigenze del popolo egiziano.  

Un altro fatto, spesso ignorato, è che in Egitto c’è molto di più di generali e “trogloditi”, termine con il quale un certo numero di analisti politici locali usa definire i Fratelli Musulmani, organizzazione che è stata tra l’altro proibita per la maggior parte del tempo dalla sua fondazione nel 1928.

Field Marshal Abdel Fattah Al Sisi ha vinto le elezioni (26/28 Maggio) con una maggioranza vicina al 97%. Il suo rivale, il socialista Hamedin Sabbahi, ha ottenuto uno scarso 3%.

Tuttavia, e indipendentemente da chi è divenuto il quarto leader egiziano in poco più di tre anni, i cittadini non sembrano avere molte speranze sul fatto che le condizioni della loro vita quotidiana possano migliorare nel breve, o anche nel medio periodo.
I cinque uomini che hanno guidato il paese negli ultimi tre anni sono Hosni Mubarak, deposto nel Febbraio 2011; Field Marshal Mohamed Al-Tantawi alla guida della Consiglio Supremo Militare tra Febbraio 2011 e Giugno 2012; Mohamed Morsi, guida dei Fratelli Musulmani, eletto nel Giugno 2012 e deposto nel Luglio 2013; il presidente provvisorio Adly Mansour (Luglio 2013/Giugno 2014) e adesso il nuovo eletto Al Sisi.

Lo scetticismo diffuso tra i cittadini egiziani si basa sull’ esperienza che ha dimostrato come nessuno dei rappresentanti precedentemente eletti, né la mezza dozzina di governi che si sono succeduti dalla rivoluzione del Gennaio 2011, sono stati di fatto in grado di affrontare e gestire le necessità più urgenti del paese.

Inoltre, i due candidati alla presidenza delle ultime elezioni hanno fatto grandi promesse che la gente normale dubita potranno mantenere. In questo senso, si sono comportati entrambi alla maniera “business as usual”, proprio come nella maggioranza delle campagne elettorali occidentali.

Quindi, e ancora indipendentemente da chi ha vinto e dal risultato delle ultime elezioni parlamentari, la vita quotidiana della maggior parte dei 94 milioni di cittadini egiziani, non è affatto facile.

Questi sono alcuni fatti che aiutano a mettere in prospettiva la situazione:

– Quasi il 40% degli egiziani vive in condizioni di estrema povertà.

– La disoccupazione è arrivata al 13% secondo dati ufficiali riferiti al 2013 con oltre 3,2 milioni di persone escluse dal mercato del lavoro, rispetto ai 2,5 milioni dello stesso periodo nel 2010. La popolazione attiva è di circa 23,7 milioni di lavoratori.

– Il debito pubblico interno ammonta a circa 200 miliardi di dollari, secondo fonti governative del Luglio 2013. Intanto il debito estero ha toccato i 39 miliardi di dollari lo scorso anno.

–  Le riserve valutarie egiziane erano state stimate a metà del 2013 a circa 19 miliardi di dollari, in confronto ai 33 miliardi del Gennaio 2011 e i tassi di cambio nazionali sono caduti del 20% con conseguente e progressiva svalutazione della valuta nazionale – la lira egiziana.

– L’inflazione è cresciuta stabilmente del 1% su base mensile con un tasso annual di circa 11,5%.

– Il deficit pubblico è ora di 280 miliardi di dollari, rispetto ai 194 miliardi del 2013.

– Oltre 6 milioni di egiziani vivono in baracche; sopravvivono per la maggior parte grazie alla racccolta di spazzatura e il traffico di droga.

– La penisola del Sinai è divenuta centro nevraligico del terrorismo islamico con militanti e mercenari sia egiziani che stranieri armati dal movimento islamico di Hamas, dai trafficanti libici e da organizzazioni turche, secondo quanto dichiarato da fonti giudiziario egiziano. Molte organizzazioni terroristiche attive nel Sinai e in altre regioni avrebbero legami con Al Qaeda.

Tutto ciò è aggravato da una serie di aspetti che caratterizzano la vita degli egiziani: centinaia di civili vittime di attacchi terroristici e brutali omicidi, studenti universitari rapiti e donne violentate.

Da quando Morsi è stato deposto, nel Luglio dello scorso anno, i Fratelli Musulmani hanno  lanciato una serie di attacchi sistematici ovunque nel paese, secondo quanto riportano fonti interne per la sicurezza.

Organizzazioni collegate, come Beit Al Maqdas e Ajnad Misr hanno perpetrato azioni di violenza e morte contro i civili e le forze armate.

Intanto, ex protagonisti di spicco del regime di Mubarak hanno portato le proprie fortune all’estero e pare abbiano finanziato criminali professionisti per destabilizzare il paese con la speranza che il caos possa riportarli al potere.

Si stima che 200 miliardi di dollari, l’equivalente del debito interno, si trovino nelle banche dei paradisi fiscali in varie parti del mondo. La fortuna della famiglia di Mubarak è stimata intorno ai 70 miliardi di dollari, una ricchezza che l’Egitto cerca di recuperare.

La prima ondata di rivoluzione popolare del Gennaio 2011, che ha portato alla deposizione di Mubarak, ha spianato la strada a dozzine di giornali e canali televisivi dell’opposizione. Ad eccezione di una mezza dozzina di questi, la maggior parte degli organi di informazione sono scaduti nelle pratiche di gossip, spesso con commentatori improvvisati, causando una profonda confusione e disinformazione dell’opinione pubblica.

Insieme a questi problem interni, il paese deve affrontare anche grandi sfide provenienti dall’ esterno. Una di queste è il rischio della drammatica diminuzione della disponibilità di acqua dovuta alla diga etiope Grand Renaissance, attualmente in costruzione sul Nilo Blu. Alcuni esperti egiziani stanno già avvertendo contro il rischio di una pericolosa “fame d’acqua” che potrebbe verificarsi nei prossimi dieci anni.

Un’altra sfida è rappresentanta dalla questione dei fondi illimitai che il Qatar starebbe fornendo ai Fratelli Musulmani egiziani, questione che ha causato un raffreddamento nei rapporti tra i due paesi. Per la stessa ragione, tre paesi del Golfo – Bahrain, Arabia Saudita ed Emirati – hanno ritirato i loro ambasciatori in Qatar lo scorso 5 Maggio, per ciò che considerano una vera e propria ingerenza negli affari interni di un altro stato arabo.

Per completare il quadro, i Fratelli Musulmani hanno individuato un paradiso sicuro in Libia; secondo quanto riportato dalle stesse fonti libiche, alcune armi utilizzate dall’organizzazione islamista per fini terroristici, provengono proprio dalla Libia dove si troverebbero oltre 25 milioni di armi.

Insomma, in Egitto c’è molto di più di generali e trogloditi!

Tradotto da Eleonora Albini