Il futuro sono case ecocompatibili – foto: blog.casase.it

Avete mai provato a calcolare la vostra impronta ecologica? Quella cosa che misura l’area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria per rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e per assorbire i rifiuti prodotti? Ecco, io pensavo che, per quanto dipende da me e non da fattori esterni su cui non ho potere di incidere nel breve periodo, la mia impronta ecologica fosse, diciamo così, accettabile. E invece no. Se tutti avessero il mio stile di vita occorrerebbero 2.3 pianeti come la terra per rigenerare ciò che è stato consumato.

Ci sono per fortuna tante idee creative, interessanti e innovative che possiamo, se non mettere subito in pratica, almeno prendere in considerazione come buone pratiche che si stanno diffondendo, ad esempio nel campo della bioedilizia. Come quella dello studente danese Konrad Wójcik, architetto che ha ideato una “casa-albero” prefabbricata a zero impatto ambientale. Simbiosi primordiale l’ha chiamata quando ha partecipato alla competizione internazionale di design “Natural Systems 2013”, contest che chiedeva ai concorrenti di elaborare proposte innovative e sostenibili che analizzassero geometrie, comportamenti e flussi intrinseci all’ambiente naturale. Ed è proprio uno studio approfondito sulle forme degli alberi che, dichiara Wójcik, lo ha ispirato nel disegno della struttura: “per la maggior parte degli animali gli alberi sono i migliori rifugi contro i predatori, l’umidità e le intemperie. Studiarne le forme mi ha dato la possibilità di elaborare idee e soluzioni per creare una costruzione completamente autosufficiente”. Una scelta nata per contrastare la crescente urbanizzazione che necessità di deforestazioni massive attorno alle città e alle aree urbane. Non si tratta quindi di una semplice proposta per ridurre il disboscamento offrendo soluzioni alternative, ma per eliminarlo completamente creando abitazioni che si possano inserire nell’ambiente esistente senza alterarne l’equilibrio.

Vi chiederete a questo punto com’è fatta questa casa…. Si tratta di una piramide alta quasi 17 metri, con una superficie pavimentale di appena 61 metri quadrati disposta su quattro livelli. Per raggiungerla occorre salire una scala metallica automatica e pieghevole perché… l’entrata è a 5 metri da terra! Primo livello entrata e disbrigo, secondo livello cucina, salotto e bagno, terzo livello studio e un altro disbrigo, quarto livello zona notte: il tutto collegato da scale in legno che si articolano intorno a un “cuore tecnico” della casa, che oltre a fornire supporto strutturale, richiama il tronco di un albero. La cornice della casa è in legno e le pareti esterne sono rivestite di zinco bianco, un materiale riciclabile al 100% e altamente resistente a temperature estreme. Le finestre con triplo vetro rispondono agli standard qualitativi per le case passive e rendono l’abitazione ad alta efficienza energetica. Ma non è finita qui: i rivestimenti esterni includono 40 metri di pannelli solari e il tetto è stato pensato con 25° di pendenza per massimizzarne i risultati, unitamente a un sistema di ventilazione naturale e a un raccoglitore di acqua piovana pensato per soddisfare i bisogni degli occupanti della casa.

Ma non è l’unica casa degna di nota. Parlando di abitazioni a impatto zero non c’è che da sbizzarrirsi nella ricerca di soluzioni decisamente originali e a misura di ambiente e di uomo. Come ad esempio la struttura immaginata dal fotografo Nick Olson e dalla designer Lilah Horwitz, derivata dal riuso di finestre dimesse. La casa non ha certo tutte le comodità previste da Wójcik e i proprietari non prevedono di abitarci durante tutto l’anno, ma l’idea è quella di dimostrare il risultato strabiliante ed economico (costo dell’operazione: appena 500 dollari) ottenibile investendo su semplicità, creatività e lavoro.

Per non parlare della ricerca che punta al “ripensare e riattrezzare” materiali da costruzione, proprio con l’intento di seguire il ciclo completo di ideazione, realizzazione e utilizzo di un prodotto che sia sostenibile e conveniente. Il primo posto, tra i 10 finalisti selezionati all’interno del contest organizzato da Cradle to Cradle Products Innovation Institute in collaborazione con Make It Right, è andato a bioMASON, impresa di costruzioni che utilizza microrganismi naturali e processi chimici specifici per realizzare materiali da costruzione in cemento biologico, i cui batteri possono essere estratti in abbondanza da materiali di scarto di diverso tipo che permettono di avere in poco tempo un mattone equivalente in costi e qualità al mattone tradizionale.

Senza contare le case in paglia o le case in copertoni… Anche nel nostro Paese si contano esempi virtuosi di abitazioni pensate e costruite per ridurre al minimo l’impatto ambientale, dalle case in legno e sughero che grazie alla ridotta conducibilità termica e alle eccellenti proprietà isolanti possono essere realizzate con materiali ecologicamente pregiati provenienti dalla natura e prodotti con un minimo dispendio di energia primaria; alle case prefabbricate che raccolgono ogni fonte di calore possibile senza permetterne la dispersione verso l’esterno (quasi la totalità dell’energia richiesta per il riscaldamento viene fornita dall’irraggiamento solare, mentre il restante fabbisogno di calore deriva dagli abitanti stessi della casa: si pensi che ogni ora ogni persona trasmette ca. 80 W di energia all’ambiente circostante, senza considerare il calore trasmesso all’ambiente dall’utilizzo di elettrodomestici quali phon, forno e stufa).

Ancora più curiose e interessanti le soluzioni per le vacanze. Avete mai pensato di trascorrere qualche giorno in un albergo biodegradabile? Questa sì che si chiama vacanza sostenibile! Parliamo di una perfetta integrazione tra uomo e ambiente, che non disturbi lo sguardo e non urti il senso estetico (se ancora un po’ ne rimane), all’insegna di un’urbanizzazione rispettosa delle caratteristiche naturali ma che, al tempo stesso, sia capace di scomparire senza lasciare traccia. Si tratta di rifugi temporanei costruiti utilizzando materiali naturali come rafia, reti per la raccolta delle olive, lanterne ad olio, ma anche canne, rami e paglia, spesso materiali provenienti dalle stesse zone in cui vengono “edificate” queste strutture.

Un progetto di indubbia valenza sociale per quanto concerne la sensibilizzazione verso una concezione armonica del rapporto tra uomo e natura, volto a promuovere una mobilità lenta e corale, fatta di relazioni che si intrecciano di parole in mani, di mani in rami.

Anna Molinari