Intervista a Dédé Oetomo, attivista per i diritti LGBT in Indonesia. *

Oetomo: Sono qui a Hong Kong come ospite di questa conferenza [la prima in Asia] dedicata alla comunità di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) e alla loro vita nei luoghi di lavoro. Si tratta di un summit organizzato dagli istituti di credito Barclays, HSBC e Citibank. E’ il primo evento di questo tipo in Asia. Date le dimensioni, si potrebbe definire un vero e proprio evento panasiatico che, in realtà, ha visto i suoi albori tre anni fa a New York, più precisamente a Wall Street, e successivamente in Europa.

Tutto nasce da un semplice quesito: cosa possono fare le imprese per favorire l’uguaglianza nei luoghi di lavoro e nella vita di tutti i giorni?

Il mio contributo a questa conferenza si concentrerà su alcuni valori e princìpi tipici della cultura asiatica – sostenuti da Lee Kwan Yew e altri conservatori – che nel mio intervento cercherò di affrontare e scardinare perché, ai giorni d’oggi, gli animi sono a dir poco surriscaldati nei confronti di queste tematiche.

La conferenza si concentrerà anche su alcuni casi concreti, analizzando, ad esempio, la situazione attuale all’interno di grandi realtà come quella rappresentata dal gruppo Goldman Sachs.

Pressenza: Per quale motivo pensa che abbiano scelto proprio lei per affrontare questo argomento?

Oetomo: Credo di essere la persona adatta, sia perché sono un attivista di lunga data in Indonesia, sin dagli anni Ottanta, sia perché, ormai da gennaio, sono il Presidente di un’associazione che accomuna gay e transessuali provenienti da tutta l’Asia e il Pacifico, con particolare enfasi sulla prevenzione e il trattamento dell’HIV. L’associazione non si occupa dell’erogazione diretta di servizi, ma fornisce piuttosto aiuti comunitari a diverse subregioni. Credo comunque che siano stati principalmente i miei precedenti anni di attivismo a catturare l’attenzione degli organizzatori.

Pressenza: E’ una scelta abbastanza radicale quella degli istituti di credito di affrontare un simile argomento.

Oetomo: Probabilmente ne hanno prima discusso internamente a Hong Kong e Singapore, poi in maniera discreta hanno sondato il terreno in paesi come l’Indonesia. Il punto è che si tratta di persone leader e dipendenti di queste aziende che, al tempo stesso, fanno anche parte della comunità LGBT; alcuni di loro sono transessuali. Loro stessi sono i primi a pensare che non sia corretto subire discriminazioni nei luoghi di lavoro, così come non è corretto subirne nella vita sociale in generale, quindi cercano di apportare miglioramenti anche in contesti più ampi. Per ciò che mi riguarda, non posso che sostenere questa causa.

Pressenza: Come è cambiato, in particolare in Asia, il modo in cui il mondo approccia la comunità LGBT? Ci sono stati dei miglioramenti?

Oetomo: Ovunque si posi lo sguardo sulle istituzioni, è palese che queste stiano facendo qualcosa per affrontare la questione. Persino le Nazioni Unite si stanno muovendo. E’ un periodo di grandi progressi per noi e il fatto che il Segretariato Generale abbia preso le nostre difese è soltanto l’esempio più lampante. Non che l’ONU abbia una visione complessiva della portata della questione, ma è comunque un inizio.

Alcuni governi, come il Nepal, hanno mostrato interesse; l’India ci sta provando; si pensa che la Thailandia possa arrivare a consentire le unioni civili entro il prossimo anno, paradossalmente grazie al partito conservatore; e anche il Vietnam potrebbe presto acconsentire a una qualche forma di unioni civili. In definitiva, sembra che l’essere capitalisti o comunisti non sia più così importante e chissà quale sarà il passo successivo! Entro il 2015 la Thailandia e il Vietnam dovrebbero entrare a far parte dell’ASEAN, l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico. Questo farebbe sì che, ad esempio, una coppia che si sposa in Thailandia possa vedere i propri diritti riconosciuti anche a Singapore o in Indonesia, e di conseguenza beneficiare di tutti i diritti di una coppia sposata. Tutto ciò è una grande novità che non va sottovalutata.

Pressenza: Stasera parteciperà a un meeting che anticipa la conferenza, un evento fuori programma.

Oetomo: Sì, stasera terrò un discorso nel corso di un evento organizzato dagli Unitariani Universalisti di Hong Kong, un’organizzazione che, a quanto ne so, ha sempre avuto un approccio progressista, almeno in nord America. Vi prenderà parte anche la Blessed Minority Christian Fellowship, una associazione in cui mi sono imbattuto da poco.

Pressenza: Lei è un cristiano?

Oetomo: Sebbene io abbia frequentato una scuola cattolica, non pratico attivamente alcuna religione, non perché sia gay, ma semplicemente perché non trovo quella scintilla che dovrebbe essere alla base di una professione religiosa. In Indonesia ci è capitato di lavorare con musulmani e cristiani e finora i musulmani sono stati i più progressisti. Abbiamo lavorato anche con i protestanti ma quelli che si muovono più lentamente sono i cattolici. I vescovi non sembrano essere dalla nostra parte ma al nostro fianco abbiamo gli attivisti dei diritti umani. La cosa interessante è che i musulmani progressisti si avvicinano alla causa con maggiore fervore di noi stessi, perché sono convinti che tutti gli uomini debbano essere benedetti dall’Islam, nessuno escluso. Quindi, in definitiva, lavoriamo con organizzazioni religiose, organizzazioni per i diritti umani e anche femministe.

Pressenza: Qual è la sfida maggiore che si è posto?

Oetomo: La maggior parte del lavoro consiste nel sollevare la questione, rendere partecipi più persone possibili, cercare sostegno. L’ultimo caso che ha destato la nostra attenzione è quello di uno studente che, in un istituto Islamico, è stato preso di mira dal docente ed esposto davanti all’intera classe perché aveva degli atteggiamenti femminili. I nostri attivisti di quella piccola città, Jombang, Giava orientale, si sono uniti ad ecclesiastici e pastori per affrontare la questione (questi ecclesiastici e pastori hanno anche sostenuto il culto ahmadi e altri cristiani che avevano subìto attacchi in aree dominate da musulmani. Sono un gruppo di sostenitori della società multietnica che, per il nome che si sono attribuiti – GusDurian – si sono ispirati a quello del nostro ex-presidente). Questo è il lavoro che facciamo: forniamo sostegno e affrontiamo qualche controversia, tanto che in alcuni casi ci siamo trovati faccia a faccia con il tribunale. Siamo stati tuttavia ignorati dal governo, ad eccezione della Commissione per i diritti umani, la Commissione delle donne e la Commissione AIDS, tre commissioni semi-governative che ci hanno dato ascolto e si sono mosse in nostro sostegno.

Pressenza: In qualità di accademico lei ha condotto studi e fatto ricerche sul mondo omosessuale nella regione asiatico-pacifica. Quello che vorremmo chiederle è di illuminarci su alcune peculiarità che si registrano in questa regione in rapporto all’occidente. In alcuni casi sembra che il convenzionale divario culturale tra Vecchio Mondo e Nuovo Mondo sia destinato a soccombere.

Oetomo: Questa convenzione è stata surclassata dalla modernità. Diverse culture asiatiche e pacifiche – e persino africane, secondo alcuni miei colleghi – non hanno mai ignorato gli omosessuali, uomini o donne, e i transessuali. Sono sempre state ben consce della loro natura e condizione. In alcuni casi, questo interesse è vivo tutt’oggi. Ci sono persone in queste società che accoglierebbero a braccia aperte i matrimoni, che contribuirebbero a sedimentare il terreno per una crescita sociale, che approverebbero i pellegrinaggi alla Mecca, e non mancano sacerdoti e sacerdotesse di larghe vedute. A tal proposito, l’esempio che preferisco proviene dalla cultura Bugis, nella quale sono ufficialmente riconosciuti quattro sessi. Lo sciamano si trova quindi a dover includere tutti e quattro i generi nel suo dialogo con le divinità. In un mio intervento, parte di un libro in fase di pubblicazione dalla Conferenza Cristiana in Asia, approfondisco questo aspetto: “Rivendicare il nostro passato, costruire il nostro futuro: le lotte per i diritti LGBTIQ in Asia e nel Pacifico”. Il libro sarà presentato la prossima settimana a Busan, come parte del Concilio Ecclesiastico Mondiale che si sta svolgendo proprio in questo momento.

Pressenza: C’è un estratto nel quale afferma che il concetto di “valori asiatici” nasconde in realtà dell’altro, come se fosse in qualche modo contaminato.

Oetomo: Quello che intendo affermare è sostanzialmente questo: è curioso, ma probabilmente comprensibile, che i nostri leader nazionalisti, essendo tra i primi ad essere stati educati nelle scuole coloniali degli inizi del ventesimo secolo, adottino, parlando di identità e orientamento sessuale, convenzioni e morali tipiche dei paesi europei colonizzatori (a loro volta radicate in gran parte nei valori dell’era Vittoriana), persino quando mirano a liberare le nostre nazioni da quelle stesse forze coloniali. I nostri leader hanno sostanzialmente voltato le spalle a quei valori del passato che erano tipicamente più accondiscendenti e progressisti. La conservazione delle leggi sulla sodomia nella maggioranza delle ex colonie inglesi non è altro che un esempio particolarmente calzante.

E’ proprio questa contaminazione di interpretazioni moderniste di valori culturali, religiosi e ideologici ad essere stata etichettata e sbandierata con la definizione di “valori asiatici”, “costumi orientali” o “valori nazionalisti” dai nostri dittatori. Questi termini sono stati, in sostanza, un alibi per non accettare identità e orientamenti sessuali che non fossero i canonici “maschile” e “femminile” o “eterosessuale”.

Pressenza: Quali sono le aspirazioni del suo attivismo e quelle dei suoi collaboratori?

Oetomo: Sebbene la resistenza sia ancora presente tra alcuni gruppi religiosi e nel governo, qualcosa si sta muovendo. Qua e là spunta qualche sorpresa, come quelle in cui ci siamo piacevolmente imbattuti in Thailandia, Vietnam e India, dove la sezione 377 del Codice Penale è attualmente sotto esame [il Capitolo XVI, Sezione 377 del Codice Penale indiano è sostanzialmente una legislazione introdotta dal dominio inglese in India che criminalizza attività sessuali che rientrano nella definizione di “contro-natura”. Tale sezione è stata abrogata durante la storica sentenza promulgata il 2 luglio 2009 dall’Alta Corte di Delhi , che ha legalizzato le relazioni tra persone adulte consenzienti dello steso sesso. La Sezione 377 continua però ad essere applicata in caso di minori e violenze sessuali].

Qualcosa si muove anche in Nepal, dove un simile progetto di legge è in fase di esame in Parlamento, sebbene sia ostacolato dalla sua composizione prevalentemente cattolica.

E’ essenziale soffermarci sulla vita pratica di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Solo facendo ciò ci rendiamo conto di un fattore dominante, che sarà trattato durante la conferenza: la povertà. Si è generalmente portati a pensare che queste persone siano solari, allegre e amanti del divertimento, e questo è vero, ma è altrettanto importante dare il giusto peso all’aspetto economico, perché alcuni di loro hanno seriamente bisogno di assistenza. Ciononostante, è indubbiamente positivo il fatto che i sostenitori dei diritti umani, gli umanisti e gli attivisti stiano cominciando a comprendere che i diritti umani sono qualcosa di universale, qualcosa di così universale che il nostro lavoro in Indonesia ci ha fatto entrare in contatto con gli sciiti, che secondo il mio punto di vista dovrebbero seriamente attivarsi: in Iran non è infatti ancora ammesso essere gay. Questi gruppi con un punto di vista così radicale dovrebbero cambiare la loro prospettiva su questo e su altre questioni, come ad esempio la figura della donna. Mi aspetto che dalla conferenza possa scaturire qualcosa di concreto a tal proposito, a prescindere dal paese o dal sistema…

La resistenza che si incontra lungo questo percorso è più forte ora di quanto lo fosse negli anni Ottanta, quando ho iniziato il mio attivismo, ma oggi finalmente vedo delle possibilità: è davvero possibile cambiare le attitudini. Per i nemici siamo un bersaglio facile e questo ovviamente è un punto a loro vantaggio. Ma allo stesso tempo loro stessi si trovano faccia a faccia con gli attivisti dei diritti umani e gruppi simili, il supporto che ricevono ha da tempo cominciato a vacillare e le difficolta che anche loro si trovano ad affrontare non sono certo trascurabili. Questo avviene anche nella stessa Indonesia, che si sta avviando verso la democrazia.

Pressenza: Grazie mille Dédé Oetomo.

* Dopo aver completato il Dottorato di Ricerca in Linguistica presso la Cornell University degli Stati Uniti, Dédé Oetomo è tornato in Indonesia, dove, nel 1982, ha fondato la prima organizzazione locale a favore dei diritti dei gay, Lambda Indonesia, e, nel 1987, la fondazione GAYa NUSANTARA. Dédé è un professore aggregato per le università di Surabaya, Airlangga e la Widya Mandala Catholic University di Surabaya. Nel 1999 e nel 2004 è stato un candidato parlamentare. E’ uno studioso, un insegnante e un attivista di fama mondiale nell’ambito della ricerca sull’HIV e l’AIDS. Attualmente è presidente dell’APCOM, un’associazione asiatico-pacifica impegnata nell’ambito dell’andrologia.

Traduzione di Valerio Fidenzi.