Intervista a Roberto Blueh e Juan Aviñó
Abbiamo avuto l’opportunità di conversare con i titolari di un’impresa privata che tenta di realizzare un nuovo modello nelle relazioni tra capitale e lavoro, così come nella gestione degli affari. Ispirandosi al Documento Umanista, questi due cileni cercano da vent’anni di mettere in pratica la loro visione di un’impresa che si sviluppa e cresce con risultati positivi riguardo alla competitività nel mercato nazionale e allo stesso tempo non si indebita con le banche, re-investe gli utili nel proprio sviluppo e tratta nel modo migliore possibile i dipendenti, i fornitori e i clienti, nella continua ricerca di un miglioramento coerente con i suoi principi.
Roberto Blueh e Juan Aviñó hanno creato Alfacom Ingeniería vent’anni fa, con il proposito di dare vita a un’impresa che favorisse la partecipazione dei lavoratori nelle decisioni, basata su un atteggiamento amabile che promuovesse la creatività delle persone. Non volevano creare un’azienda autoritaria, ma un ambiente in cui la gente si sentisse bene, svolgesse i suoi compiti in modo impeccabile, fosse contenta e si godesse le ore di lavoro.
PF: In generale le imprese danno la priorità agli utili. Le istituzioni interessate a migliorare la vita delle persone sono altre: le ONG, gli enti benefici, le chiese, i club…
JA: “Gli utili ci interessano, ma quando la gente partecipa alle decisioni l’insieme guadagna in intelligenza, l’impresa si sviluppa e tutti si sentono meglio. Se si riesce a canalizzare le idee e i progetti dei dipendenti per migliorare l’azienda, tutto avanza. Abbiamo fiducia nelle persone, nella loro intelligenza e nei gruppi umani; nella maggioranza delle imprese ogni lavoratore deve fare sempre la stessa cosa, o svolgere una serie di funzioni sempre uguali. Così il lavoro e la vita diventano una routine e la gente perde la capacità di innovare, perde la creatività e l’intelligenza e tutto si va meccanizzando. Nessuno sente che si sta sviluppando, a meno di non cambiare lavoro e così si produce una rotazione del personale. Noi lavoriamo da anni con le stesse persone e cerchiamo di fare in modo che ciascuno si sviluppi al massimo e sia ogni volta più intelligente. Ognuno può espandere tutte le sue potenzialità e in questo modo si commettono meno errori. Se i titolari devono risolvere una quantità di cose in modo centralizzato si possono commettere moltissimi errori. Noi invece decentralizziamo il potere decisionale e come impresa ci sbagliamo meno. Inoltre in genere i titolari gestiscono molte risorse. Se queste si decentralizzano e ognuno ha il potere di decidere su una parte di queste risorse, le possibilità di errore diminuiscono e quelle di miglioramento aumentano.”
PF: Dunque in questa impresa il potere decisionale è decentralizzato?
JA: “Molto decentralizzato. Questo si avverte specialmente nei momenti di crisi, in cui tutto l’insieme umano va dando risposte, anche se i titolari mantengono la capacità di gestione, soprattutto riguardo a temi più strategici, o di cambiamento di direzione. A parte questo, gran parte delle risoluzioni viene presa dalle varie funzioni in modo decentralizzato e autonomo e ognuno di assume la responsabilità che gli compete.”
PF: Come sono i rapporti dell’impresa con il capitale e in particolare con le banche?
RB: “Abbiamo lavorato per vent’anni tranquilli, senza debiti, con sicurezza e stabilità lavorative e orari di lavoro che non superavano mai i massimi legali. Non si abusa del dipendente, si cerca di farlo lavorare il meno possibile, evitando gli straordinari, in modo autonomo e senza pressioni, ricatti, timori o tensioni. In quanto ai rapporti con le banche, non siamo indebitati e non abbiamo mai chiesto prestiti. Quando chiedi a una banca di prestarti del denaro per la tua impresa stai cercando di andare più in fretta di quello che sei in grado di generare, visto che non sei riuscito a farcela da solo. E’ una forzatura. Noi preferiamo generare il nostro capitale crescendo e re-investire gli utili nella crescita dell’impresa. Non li usiamo per speculare, ma li re-investiamo. Inoltre indebitarsi con le banche genera una dipendenza che in qualsiasi momento di crisi può essere nefasta per l’impresa. Procedere così può essere molto più lento, magari richiede vent’anni invece di cinque, ma se punti a crescere in fretta indebitandoti, vivi nell’insicurezza, sia come lavoro che come capitale. Per questo abbiamo scelto di “andare piano, sano e lontano”, senza indebitarci, ma rafforzandoci in base a quello che generiamo noi stessi, senza scorciatoie. Siamo cresciuti grazie al risparmio.”
PF: Cosa fate con i risparmi?
RB: “Anno dopo anno li re-investiamo. Abbiamo comprato gli stabili dove si trova Alfacom, tutto l’inventario è nostro, re-investiamo il risparmio in apparecchi di ultima generazione, in formazione, nello sviluppo personale dei dipendenti con corsi di inglese, viaggi all’estero per ampliare la loro esperienza, visite a fiere, formazione tecnica. Inoltre provvediamo a tutte le certificazioni. Preferiamo diversificare all’interno dell’impresa, piuttosto che speculare con il capitale risparmiato.”
JA: “Ci diversifichiamo rispetto ai servizi e ai prodotti che offriamo, facendo anche attenzione ai requisiti che il mercato ci va segnalando. Queste nuove necessità vengono individuate dai venditori e dal personale, non sorgono da idee dei titolari; sono requisiti concreti a cui cerchiamo di dare risposta e a cui destiniamo gli investimenti.”
PF: Avete fondato quest’impresa vent’anni fa; allora eravate solo voi due. Ora quanti siete?
JA: “Attualmente il personale di Alfacom è composto da cinquanta persone.”
PF: Con che capitale avete cominciato?
RB: “Con quello necessario a comprare due computer… oggi sarebbero duemila dollari.”
PF: Attualmente che capitale avete?
RB: “Circa due milioni di dollari.”
PF: Insomma, in vent’anni siete riusciti a dare lavoro a cinquanta persone, a produrre un capitale di due milioni di dollari vivendo tranquilli e con uno stile di lavoro che punta al pieno sviluppo di ogni persona.
RB: “La nostra intenzione è che la gente possa contare sulla stabilità lavorativa. Aspiriamo a farla restare con noi più a lungo possibile e anche per questo i nostri stipendi sono superiori alla media. La cultura della nostra impresa è basata sull’appoggio reciproco, la condivisione di conoscenze, l’aiuto che ci diamo a vicenda. Dato che aspiriamo a passare anni con gli stessi impiegati, l’atteggiamento è della massima importanza: un atteggiamento caldo, la comprensione delle difficoltà di ciascuno e la fiducia nella possibilità di superarle, la solidarietà, la reciprocità, lo sviluppo dell’intelligenza come forma di risolvere i problemi.”
“Il valore centrale di questa impresa è una costruzione molto amata, mossa da intenzioni umane. L’aspetto primario non è il denaro, ma l’apprendimento, i progetti che riusciamo a realizzare, i nuovi prodotti e i nuovi servizi che possiamo sviluppare. L’impresa è una costruzione.”
JA: “Abbiamo iniziato con un cliente e oggi ne abbiamo mille. Molti clienti ci sono rimasti fedeli, alcuni si servono dei nostri prodotti da oltre quindici anni e non solo perché offriamo un servizio impeccabile, non solo per i nostri prodotti, ma fondamentalmente per il modo in cui li trattiamo. Anche i fornitori durano a lungo: li paghiamo prima possibile e curiamo molto i rapporti con loro. Allo stesso modo oltre la metà dei dipendenti di Alfacom lavora nell’impresa da più di cinque anni.”
PF: Come definireste la cultura e i valori di Alfacom?
RB: “Per noi l’impresa è un processo in cui il lavoratore e il cliente si sentono ogni volta meglio, un’impresa solidale che punta allo sviluppo comune del lavoro e del capitale, condividendo la gestione, assicurando la continuità e la stabilità del lavoro, sviluppandosi e re-investendo gli utili per crescere, aumentando gli stipendi prima che qualcuno lo chieda, cercando il benessere crescente di tutti. La base è il rispetto reale per l’altro. Diamo un grande valore alla diversità. Le differenti funzioni sono tutte fondamentali e contribuiscono a costruire l’impresa, pertanto l’atteggiamento rispettoso è molto importante e si estende ai familiari dei dipendenti. In questo modo si formano forti legami tra le persone.”
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo