Quanta ipocrisia, quanta approssimazione, quanta superficialità nella stampa, nei politici, negli elettori, in noi tutti. Ogni giorno discutiamo, commentiamo, prendiamo posizione, ci infuochiamo persino. Ma sappiamo davvero quello che diciamo? Abbiamo gli strumenti, il tempo, la voglia e la pazienza per capire?

Io sono un giornalista. Un giornalista attento a quanto accade ogni giorno nel nostro paese. Un giornalista che negli anni ha costruito una certa competenza su una serie di temi a lui cari. Eppure spesso sento di non avere gli strumenti per capire esattamente quello che sta succedendo e per raccontare in modo completo ai miei lettori quello che vedo.

Inoltre, sono un essere umano e un giornalista che ha una sua visione del mondo. E che in modo limpido e cristallino cerca di trasmetterla con il proprio mestiere. Ma anche questa è spesso contraddittoria.

Rivendico il diritto alla contraddittorietà perché la vita è complessa, è piena di sfaccettature e ogni fatto, ogni notizia, ogni accadimento può essere analizzato in modo completamente diverso, variando i punti di vista.

Per questo ho deciso di analizzare la manovra appena approvata dal ‘Governo Monti’ da una duplice prospettiva: quella del paradigma culturale vigente (incentrato sulla crescita del Pil) e quello del rifiuto del paradigma stesso (che è poi quella che più ci contraddistingue). In entrambi i casi, voglio ancora una volta ricordare, che la verità non è assoluta, che le certezze sono fatte per essere smentite. Che l’economia, la vita, l’ambiente, la società, non sono fatti di vero e di falso, di bianco e di nero, ma nemmeno solo di un ‘grigio-democristiano’, del ‘giusto mezzo’ e così via. La realtà è semplicemente complessa, inafferrabile, mutevole.

PROSPETTIVA 1: il decreto Salva-Italia

Usciamo da oltre 15 anni di imbarazzo e mediocrità. La classe dirigente che ci ha guidato in questo periodo (tutta la classe dirigente) ha contribuito, con responsabilità diverse, alla devastazione del nostro paese. Devastazione economica, devastazione ambientale, culturale, sociale.

Si è distrutto il buon gusto, il buon senso, la dignità. Si sono umiliate e mercificate le donne, sono state lobotomizzate intere generazioni con la televisione e i tagli alla cultura, si è riempito di vuoto il giornalismo, la critica, il dibattito.

Bla bla bla. E poi ancora bla bla bla. Il mondo di ci ha deriso e reso barzelletta. Colpevolmente.

Molti dei paesi che ci deridono sono guidati da classi dirigenti altrettanto mediocri, ed un certo razzismo nei confronti dell’Italia è innegabile (pizza, mafia mandolino).

Ma è innegabile che essere rappresentati da Berlusconi, Brunetta, Calderoli, Bossi, Gelmini e così via ci ha danneggiato irreparabilmente.

In questo contesto, il governo Monti segna una rinascita. Il ritorno di ‘esseri umani’ al governo. Umani ricchi di contenuto. Contenuti criticabili, contenuti che ad alcuni fanno orrore. Ma contenuti. Contro il contenuto si può lottare, si può reagire, si può proporre. Contro il vuoto non si può rispondere che con il vuoto.

Ieri sera Monti e la ministra Fornero hanno trasmesso con le loro parole e i loro visi autentica sofferenza, consapevolezza delle loro responsabilità, paura di sbagliare, ma anche fragilità, in alcuni casi persino approssimazione. Un’umanità vera, autentica, ben lontana dalla cosiddetta ‘umanità’ delle barzellette sulle donne o sul nazismo che caratterizzava il governo precedente.

L’umanità non è espressa attraverso lo squallore o la bassezza come in tanti hanno voluto farci credere. L’umanità, nelle sue manifestazioni più nobili, è espressione di dubbio, sofferenza, preoccupazione, passione, incertezza, convinzione.

Monti rinuncia al suo stipendio da Presidente del Consiglio e da Ministro dell’Economia. Non è affatto scontata e affatto banale come scelta. Un governo fatto (almeno in alcune sue componenti) di esseri umani quindi. Persone che (ricordiamoci che siamo nella prospettiva 1) hanno fatto il meglio che potevano fare in 17/18 giorni. Gli è stato chiesto di ‘salvare i conti’ di questo paese, dopo decenni di non governo. Di accontentare Pdl e Pd, con (in teoria) opposte visioni del mondo e della soluzione alla crisi. E i professori ci hanno provato.

Vediamo ora alcune delle misure adottate:

– Riforma pensioni: io ho 34 anni e sono cresciuto sapendo che non avrò mai una pensione. Come me moltissimi miei coetanei. Non so cosa sia la tredicesima, la maternità o la paternità, la malattia pagata e così via. Non mi lamento. Non mi piace fare la vittima. Sono un italiano, un privilegiato in un mondo pieno di sofferenza e povertà vera. Ma sinceramente mi provoca una profonda insofferenza sentire sempre parlare dell’aumento dell’età pensionabile come un dramma. Forse qualcuno andrà in pensione un anno o due dopo. Beh, beati loro! Io e milioni di mie coetanei non ci andremo mai…

Trovo invece assolutamente sbagliato sganciare le pensioni sopra i 1000 euro dall’aumento dall’inflazione. Ma pare sia solo per un biennio. Sinceramente, per quanto io non condivida, il pensiero non mi toglie il sonno.

L’Irpef non viene aumentata. In molti esultano. – L’Irpef, per i redditi sopra i 75.000 euro, non viene aumentata come sembrava. Questo per non colpire “i soliti”.

Sopra i 75000 euro… 5/6000 euro al mese. Non ce l’ho certo con chi percepisce cifre simili e spero di percepirle presto anche io, ma devo ammettere che anche qui non avrei perso il sonno se percependo una cifra del genere, mi avessero aumentato l’Irpef.

– L’IVA invece aumenta, o almeno potrebbe aumentare, di due punti percentuali, dal prossimo settembre. Questo è un provvedimento che colpisce tutti. Molto più dell’aumento sull’Irpef per i redditi alti. Eppure viene accettato più serenamente. Viene poi da chiedersi se, per far “ripartire la crescita” abbia senso aumentare l’IVA e quindi il costo di quasi tutti i beni (esclusi quelli primari che hanno IVA al 4%).

Nella manovra sono contenuti moltissimi altri provvedimenti che andrebbero approfonditi, ma vi rimando alla stampa specialistica per questi aspetti.

Io, pur rimanendo nella prospettiva 1 (deve ripartire la crescita) mi chiedo: non aveva più senso tagliare le spese militari e tassare gli immobili proprietà della Chiesa? Vi consiglio di leggere le proposte alternative di Boschini e Finiguerra, oltre a quelle di Sbilanciamoci. Si può intervenire in molti modi sui conti, senza per forza dover rendere più difficile la vita a tutti.

PROSPETTIVA 2: sopravviveremo?

Veniamo ora alla nostra prospettiva: una posizione molto critica sul modello economico italiano, europeo, mondiale. Un modello, come sappiamo, basato su una crescita economica infinita in un mondo dalle risorse finite.

Un modello basato sulla crescita dei consumi (tutti e proprio tutti sottolineano sempre l’importanza dell’aumento o della ripartenza dei consumi). I consumi, sono morte. Sono distruzione. I consumi sono ‘risorse primarie consumate’. Sono sfruttamento del lavoro minorile, sono deforestazione, cambiamenti climatici, frane in Liguria e Sicilia, abusivismo edilizio, ‘grandi opere di cementificazione’.

Se ‘ripartono i consumi’, sempre più porzioni di pianeta dovranno essere definitivamente saccheggiate e la nostra specie sarà rapidamente condannata all’estinzione. Lo sanno in molti. Anche a livello di vertice. Il picco del petrolio, la desertificazione, l’inquinamento dell’acqua e del cibo, non sono problemi da ambientalisti. Sono la base della nostra stessa esistenza. Senza acqua e cibo non vivremo. Anche se avremo pagato il debito e l’euro sarà forte.

E allora, forse, questo periodo di crisi devastante dovrebbe essere utilizzato per ricostruire da zero il modello economico, sociale, umano. Abbandonando il paradigma della crescita del Pil, della contrapposizione tra Stato e Mercato, destra e sinistra, ricchi e poveri, paesi sviluppati e sotto-sviluppati e così via.

Dovremmo fare piazza pulita di tutto e ripartire da zero. Dal senso delle cose. Dal cibo, dall’acqua, dalle relazioni umane, dalla lotta agli sprechi, dal lavoro finalizzato alla produzione di beni primari, prima che di reddito. Va ripensata l’economia e va fatto adesso.

Non sarà Monti a farlo. Non sarà Merkel. Non sarà Obama. Nei loro discorsi non c’è traccia del mondo reale. Alcuni di loro possono essere onesti, preparati, ben intenzionati. Ma sono ciechi. Non vedono la realtà.

“Io so di non sapere” diceva Socrate.

E io sottoscrivo. Io so di non sapere. Non sono un economista. Non ho le ricette per uscire dalla crisi. Non so come salvare il mondo. So però che questa non è la strada. So che non posso aspettare che qualcuno venga ad indicarmela. Devo studiare, faticare, agire. Ascoltare sempre. Senza pregiudizi e senza entusiasmi precostituiti.

Non voglio essere a favore o contro un politico. Voglio discutere sui contenuti. Voglio imparare e voglio criticare. Ma soprattutto voglio prendere sul mio corpo, sulla mia vita, sulla mia giornata, la responsabilità del mio futuro. E spero che lo stesso farà ognuno di noi.

Questa economia, questo modello, è fallito. Onore a Monti per il suo tentativo. Ma prepariamoci. Perché non ci salverà. Nessuno ci salverà. Dobbiamo salvarci da soli. Da soli, ma insieme. È difficile, spaventoso, complicato. Ma è l’unica possibilità. Ed è meraviglioso essere artefici del proprio destino.

Daniel Tarozzi, Direttore de “Il Cambiamento” editoriale del 5 dicembre