Questo testo tanto controverso limita la pubblicazione di documenti sensibili da parte dei
media e minaccia di arrestare i giornalisti che li divulgano.

Reporter senza frontiere esprime la sua profonda delusione e la sua reale preoccupazione a seguito
dell’adozione da parte del Parlamento sudafricano, il 22 novembre scorso, della cosiddetta legge
di “Protezione delle informazioni di Stato” e chiede solennemente al Presidente Jacob Zuma di non
promulgarla. Questo testo tanto controverso limita la pubblicazione di documenti sensibili da parte dei
media e minaccia di arrestare i giornalisti che li divulgano.

“Questa storia ci sorprende sia nella forma che nella sostanza. Per quanto riguarda la sostanza, il
Parlamento sudafricano adotta una legge che limita la libertà di stampa nel Paese. Per la forma, invece,
lo fa con un provvedimento forzato, a dispetto dello scontento popolare che pure il testo suscita” ha
dichiarato Reporter senza frontiere.

“Se la classificazione dei documenti è comprensibile, essa deve essere definita molto chiaramente, limitata
e non deve minacciare la libertà di informazione o quella dei giornalisti. Orbene, questa legge mette in
pericolo il giornalismo d’inchiesta, e minaccia la libertà di stampa seppure garantita dalla Costituzione. Se
la legge fosse promulgata, si tratterebbe di un colpo molto duro per i giornalisti di questo Paese, noti per
essere a capo di una delle informazioni più vibranti di tutto il continente. Il Sudafrica sta mettendo in gioco
il proprio statuto di modello regionale” ha aggiunto l’organizzazione.

In cantiere dal 2008, la legge in questione classifica come segreti alcuni documenti di Stato e minaccia
l’arresto – con pene che vanno fino a venticinque anni – dei giornalisti che li rivelano. Inizialmente, qualsiasi
organismo di Governo avrebbe potuto classificare come segreto qualsiasi documento. Il testo è stato
modificato per limitare le informazioni classificate come segrete ai soli organismi che si occupano in modo
diretto degli affari di sicurezza. Esclude tuttavia che chiunque, perseguito per aver rivelato informazioni
segrete, possa sostenere di aver agito nell’interesse del pubblico.

Il modo con cui verrà applicata questa legge rappresenta la grande incognita, ma sostanzialmente il testo
limita la capacità dei giornalisti di condurre inchieste approfondite su argomenti ritenuti sensibili come la
corruzione degli alti dirigenti, gli scandali finanziari, il mal governo, il nepotismo. La sua adozione avviene
al termine di numerosi mesi di malessere tra il Congresso nazionale africano (ANC, al potere) e i media.
La settimana scorsa, il portavoce del Presidente Zuma, Mac Maharaj, ha ammesso il ricorso contro il
settimanale Mail&Guardian.

Per protestare contro questo testo, il 22 novembre scorso sono state organizzate manifestazioni a Pretoria,
Johannesburg, Soweto e Città del Capo. Quel giorno, i grandi giornali sudafricani hanno fatto un editoriale
comune e i media, i partiti di opposizione e le associazioni a difesa dei diritti umani e della libertà di
espressione hanno parlato di “martedì nero”, invitando i sudafricani a indossare vestiti di colore nero.

Già in settembre era stata organizzata un’importante manifestazione a Città del Capo. In quell’occasione il
disegno di legge era stato rigettato sine die dall’ANC.

Il premio Nobel per la letteratura Nadine Gordimer e quello per la pace Desmond Tutu sono tra le
personalità che hanno maggiormente criticato la legge. A questi si sono uniti numerosi esponenti politici
come l’ex ministro per l’Intelligence Ronnie Kasrils (ANC) e il Sindaco di Città del Capo, Helen Zille (DA,
opposizione). Numerose associazioni, tra cui l’Associazione dei direttori di giornale (Sanef), si sono unite alla protesta, come anche la Fondazione Nelson Mandela che il 22 novembre ha giudicato il testo così
com’è non accettabile. Nel 1997, Nelson Mandela aveva promesso che la libertà di stampa non sarebbe
stata minacciata, “finché l’ANC (fosse stato) partito di maggioranza” in Sudafrica.