Il traffico era già quasi impossibile dalla notte del giovedì, nonostante fosse diretto a fatica per membri e simpatizzanti di una trentina di organizzazioni, partiti e movimenti politici e sociali, che avevano convocato la concentrazione.

Frustrazione, delusione e, paradossalmente, speranza di potere ancora cambiare le cose, erano i denominatori comuni dei visi e commenti della maggioranza di questi congregati, senza riflettere su credo religioso, filiazione politica, età, strato sociale o sesso.

Il paese vuole la caduta del regime, gridava un potente coro di voci nel cuore de Il Cairo per evidenziare l’insoddisfazione di molti gruppi per considerare che poche o nessuna delle loro mete sono state concretate dal Governo attuale, militare e civile.

La partecipazione dell’Hermanadad Musulmana si apprezza come prova della dimensione dello scontento popolare, dato che la leadership islamica è stata reticente ad assecondare le proteste nei mesi recenti, soprattutto quelle che patrocinavano per anticipare le elezioni parlamentari previste per settembre.

La Coalizione Giovanile Rivoluzionaria che agglutina movimenti protagonisti delle rivolte di gennaio e febbraio, chiedono la fine dell’impunità e giudizi per gli ex funzionari accusati di corruzione e repressione, compreso lo stesso Mubarak.

Anche la chiamata marcia del milione pretende di dare un’allerta alle autorità, nonostante l’annuncio che giovedì si giudicheranno 25 antichi ministri, deputati e dirigenti seguaci di Mubarak per assassinio, tentativo di assassinio, aggressione e danni fisici.

Come dispose il capo della Commissione di Investigazione Giudiziale del Ministero di Giustizia, Mahmoud Al-Sebrut, queste persone dovranno comparire davanti ad una corte penale per istigare questi attacchi.