Trascrizione del discorso del Presidente Correa

Per scaricare il video della dichiarazione in alta risoluzione (tasto destro del mouse e Salva come):
[Video](http://videoforum.theworldmarch.org/index.php?action=videos;sa=downfile;id=494)

Cittadine e cittadini del mondo, ecuadoriane ed ecuadoriani:

Per mandato costituzionale l’Ecuador è un territorio di pace e il suo suolo non può essere usato per stabilire basi militari straniere. Le sue forze armate, fondate sui principi democratici, hanno la missione di proteggere i diritti, le libertà e le garanzie civili, così come di difendere la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica.

Perciò, in nome del popolo ecuadoriano e del mio governo, aderisco con la più assoluta convinzione al clamore di milioni di esseri umani, senza distinzione di origine, etnia, lingua, credenza, cultura, età o genere, che si identificano nella stessa aspirazione ad un mondo di pace, e che hanno preso l’iniziativa di elevare la loro voce e di affermare la loro presenza, nella prima Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza.

Questo fatto inedito nella storia, promosso dal Movimento Umanista, si propone di percorrere tutte le strade e i cammini del mondo, per chiedere a tutte le potenze:
il disarmo nucleare completo e il divieto di costruzione e utilizzo delle armi di distruzione di massa;
il ritiro immediato alle truppe di qualsiasi paese che si trovino in territori stranieri occupati contro la volontà dei popoli che vi abitano;
la riduzione progressiva e proporzionale dell’armamento convenzionale;
la firma di trattati di non aggressione;
la rinuncia dei governi ad utilizzare la forza o la minaccia per risolvere i conflitti o imporre azioni che vadano contro la dignità degli essere umani, della loro identità e libera espressione;
ed il rifiuto di ogni forma di violenza, svegliando allo stesso tempo la coscienza universale a favore della pace.

Il mio governo, solidale con la volontà unanime dell’America Latina, appoggia questa proposta evocando il memorabile e fondamentale accordo di Tlatelolco, mediante il quale il nostro continente si costituì 40 anni fa nella prima regione del mondo libera da armi nucleari. Ed inoltre, la nostra vocazione pacifista, il nostro convincimento del valore assoluto della pace ci ha portato a porre in marcia un radicale processo di cambiamento sotto lo stesso segno di pace.

Per questo la nostra rivoluzione cittadina si sviluppa nell’alveo del dialogo e della partecipazione, escludendo definitivamente ogni ricorso non pacifico, con l’allegria di un popolo che canta senza paura per le sue vittorie e le sue speranze.

Vale la pena ricordare che nella voragine di violenza che l’America Latina ha sofferto, l’Ecuador è il paese più pacifico della regione. E’ un paese sovrano e superbo, che non permetterà mai più, come ha dimostrato il Governo della Rivoluzione Cittadina, l’installazione di basi militari straniere, che nel corso della storia del Continente hanno generato violenza, inguistizia e intervenzionismo.

L’aspirazione del mio popolo e del mio governo consiste nello sradicare definitivamente dal territorio ecuadoriano tutte le forme di violenza, tanto quelle che furono crudelmente praticate dallo stato durante la tenebrosa notte neoliberale, quanto quelle che hanno messo i cittadini gli uni contro gli altri, insanguinando i campi e le città.

E’ necessario comprendere che la pace non è solo assenza di violenza, bensì e fondamentalmente presenza della giustizia. Secondo l’affermazione di Paulo VI nella sua enciclica Populorum Progreso, lo sviluppo è il nuovo nome della pace, tesi che esprime una alleanza solidale tra gli essere umani, determinando il destino universale dei beni e la necessità di coniugare la solidarietà con la crescita economica, soprattutto dei poveri e dei diseredati della Terra.

Sappiamo che molte forme di violenza si radicano nei perversi sistemi escludenti, che calpestarono i diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino e sacrificarono tutti i valori sul meschino altare del mercato. E sappiamo anche che la sognata meta della pace, della libertà e del diritto, si potrà raggiungere solamente sulla base primordiale della giustizia e del mutuo rispetto; ancora di più quando si parla di America Latina, il continente più iniquo del pianeta, vittima di espressioni peggiori delle pallottole e che si manifestano ogni volta che i gruppi dominanti dissipano potere e opulenza, vera vergogna di fronte alla fame e alla miseria della grande maggioranza.
Questo deve cambiare definitivamente, perché ora la storia dovrà tener conto dei poveri d’America.

Con questa certezza e con la volontà incrollabile di lottare senza sosta per questo obiettivo, il prossimo 18 dicembre il popolo ecuadoriano con il mio governo apriremo le bracciaper ricevere la moltitudine della Marcia per la Pace nel cuore di Quito, nella cara Plaza Grande che è stata lo scenario di atti fondamentali della nostra storia, per dire al mondo intero che anche noi stiamo marciando e che continueremo fino a gennaio 2010, quando questo singolare pellegrinaggio arriverà a destinazione a Punta de Vacas, nella nostra sorella Repubblica Argentina.

Desidero infine fare un appello a tutti i leader politici, sociali, culturali e religiosi dell’Ecuador, della regione andina, di tutta la nostra America e a quelli di ogni latitudine del mondo, per chiedere la loro adesione e appoggio a questa esemplare iniziativa cittadina, che ha provocato la prima mobilitazione unanime dell’umanità e che questa marcia gigante ripeta, in un coro solidale l’antico e ancora attuale poema di Rafael Alberti:
“Lo grido qui: Pace! E lo grido
con le guance piene di lacrime
Pace, in piedi! Pace! Pace, in ginocchio!
Pace fino alla fine dell’infinito!
Nessun altra parola, nessun altro accento
né altro tremore tra le mani
Pace solamente! Pace, fratello!
Amore e pace come sostento.”

Hasta la victoria, siempre, compañeros!
(Verso la vittoria sempre, compagni!)

Tradotto dallo spagnolo da Roberta Consilvio