I Natali di guerra non sono parentesi umanitarie dentro i conflitti, ma il loro rovescio più vero. Mentre le diplomazie parlano di pace possibile, i corpi continuano a fare i conti con il freddo, con la fame, con la paura. Nei frammenti di quotidiani devastati, le guerre mostrano il loro carattere strutturale: non incidenti della storia, ma dispositivi di dominio che organizzano lo spazio, il tempo e le vite.
Oggi questo dispositivo si rafforza attraverso una corsa al riarmo che viene presentata come una risposta emergenziale, come inevitabile, mentre prepara nuove guerre invece di fermare quelle in corso.
I piani di pace avanzati per i diversi teatri di guerra rivelano la stessa grammatica che ha prodotto i conflitti. Si discute di confini, di alleanze militari, di equilibrio tra potenze, mentre le popolazioni civili continuano a essere trattate come masse sacrificabili.
Ovunque si riproduce la separazione radicale tra chi decide e chi sopporta. I tavoli negoziali sono luoghi di potere dove la vita concreta non entra se non come cifra statistica. Le voci che raccontano la continuità della cura — crescere figli e figlie sotto le bombe, tenere insieme famiglie sfollate, assistere persone ferite senza mezzi — restano ai margini, perché mettono in crisi l’idea stessa di guerra come strumento legittimo di ordine e sicurezza.
I Natali di guerra rendono visibile questa verità. Mostrano che non può esserci pace senza sottrarla radicalmente alla logica del riarmo e della preparazione permanente alla guerra, senza stare sempre e senza ambiguità dalla parte di tutte le vittime e contro tutti i carnefici. Finché i progetti di pace continueranno a nascere dallo stesso sistema che produce la guerra — fondato sulla militarizzazione, sull’uso della forza, sulla gerarchia delle vite — resteranno incapaci di interrompere davvero la catastrofe.
In quel tempo sospeso, tra tregue annunciate e violenze reali, sono ancora i corpi più esposti a pagare il prezzo di una pace che non li riguarda.
Solo una scelta chiara, concreta e intransigente della nonviolenza, fondata sulla forza della verità, sul disarmo e sulla difesa radicale della vita, può aprire uno spazio reale di pace e sottrarre l’umanità al precipizio che le politiche di riarmo stanno rendendo sempre più vicino.
Mercoledì 24 dicembre dalle 11 alle 13 il Presidio Donne per la Pace di Palermo sarà in via Ruggero Settimo angolo via Magliocco
UDIPALERMO – Le Rose Bianche – Donne CGIL Palermo – Coordinamento Donne ANPI – Emily – Governo di Lei – CIF – Le Onde – Arcilesbica – Donne della Comunità dell’Arca – Donne del Movimento nonviolento – Donne del Circolo Laudato si’










