Riprendiamo dal sito https://www.vita.it/ questa intervista di Gilda Sciortino a un nostro carissimo compagno.
Nello zaino ha messo lo stretto indispensabile e a 77 anni si è imbarcato sulla Lady J. alla volta di Gaza. La barca si unirà alle altre navi della Freedom Flotilla Italia. Nino Rocca, operatore sociale siciliano, spiega le ragioni della sua scelta: «Ho deciso di partire perché non può passare l’idea che la vita di un occidentale conti più di quella di un palestinese»
La società civile siciliana lo conosce bene. Lui, Antonino Rocca, per tutti solo Nino, 77 anni portati con la leggerezza di chi sa di essere nel giusto, percorre le strade della città di Palermo, sempre zaino in spalla, per dare supporto ai giovani fragili che la società tiene al margine. Doveva, quindi, aspettarselo che la moglie Maria e il figlio Lorenzo una bella mattina gli chiedessero: “Ma tu ancora qui sei?”.
L’attivista palermitano ha deciso di imbarcarsi su una delle navi della Freedom Flotilla Italia, parte della Coalizione internazionale Freedom Flotilla, che proveranno ad unirsi alla Global Sumud Flotilla, in navigazione per rompere l’assedio navale illegale della Striscia di Gaza imposto da Israele.
Nino si è imbarcato sulla Lady J., partita dal porto di Otranto alle 18 di giovedì 25 settembre. L’imbarcazione è composta da un equipaggio di quattro persone.
Com’e andata la prima notte?, gli chiediamo raggiungendolo al cellulare.
Ho dormito molto bene: forse per il pensiero che stiamo facendo qualcosa di buono e giusto. Per raggiungere le altre imbarcazioni della Flotilla ci vorranno almeno quattro giorni, ma il tempo passerà velocemente. Con la testa sono già a Gaza, con tutti gli auspici che la missione vada come tutto il mondo spera e si aspetta.
L’attacco dei giorni scorsi ad alcune imbarcazioni non vi preoccupa?
È chiaro che sono consapevole del rischio, ma intanto è una situazione in cui ci proteggiamo vicendevolmente. Poi credo che Israele non andrà oltre. La manifestazione di venerdì scorso, che ha coinvolto più di 80 città italiane, ci dice che le cose non sono più come prima. Speriamo che questo porti ad un cambiamento di strategie da parte degli israeliani stessi, perché non possono ignorare il fatto che il mondo non consente più tutto questo. In pochissimo tempo Israele ha perso la grande credibilità che aveva conquistato dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi.
Cosa ha portato con sé?
Lo stretto indispensabile, tanto quanto basta per quel che serve su una barca. Ho il telefonino per comunicare i nostri spostamenti, ma anche per tranquillizzare la famiglia. Ne ho comprato uno nuovo per il viaggio perché, nel caso dovessero fermarci, lo butterei in mare. Una precauzione più che altro nei confronti dei contatti che ho memorizzato in rubrica: se rischio, rischio solo io.
Quanto difficile è stato unirsi alla Freedom Flotilla Italia?
Io sono solo un militante della società civile, la decisione di accettarmi a bordo non era scontata, ma con mia sorpresa mi hanno accolto subito. Io rappresento la Freedom Flotilla a terra, siamo sempre stati in prima linea e le tante iniziative organizzate per Gaza insieme alla comunità palestinese lo attestano.
Che significa oggi parlare di pace?
Ci stanno abituando a pensare che “para bellum, si vis pacem” (se vuoi la pace, prepara la guerra), mentre noi siamo del parere che “para pacem, si vis pacem” (prepara la pace, se vuoi la pace). Noi siamo per preparare la pace con la pace, non con la guerra. Questo è molto importante perché gli obiettivi della Flotilla sono principalmente due: uno è bloccare il genocidio nei confronti della popolazione di Gaza, che è insopportabile, perché mai prima nella storia ce n’è stato uno operato così alla luce del giorno, momento per momento; il secondo è cercare una soluzione al conflitto rivendicando il ruolo degli organismi internazionali, dalla Corte Penale Internazionale all’Onu, che è quello su cui spinge la società civile. I grandi assenti fino ad ora sono stati i rappresentanti della politica, che non sono riusciti a creare le condizioni per un percorso diverso: quello della pace. Qua, oggi, ricordiamolo, è in gioco il futuro delle future generazioni: non si è mai verificato qualcosa del genere prima d’ora. Ma ripeto, non credo che ci faranno del male perché il mondo si rivolterebbe.
Cosa, quindi, trasmettere ai nostri giovani?
La cosa più importante è che i nostri figli e i nostri nipoti devono poter vivere ancora in un mondo dove l’ago della bilancia sia in mano alle organizzazioni internazionali, dove non valga la legge del più forte, ma prevalgano il diritto nazionale e internazionale, i diritti umani. È l’unica maniera per garantire la pace: a Gaza, ma anche in tutti quei Paesi nei quali sono in atto conflitti. Lo dobbiamo fare per le nuove generazioni, perché altrimenti le lasceremo in balia della legge del più forte.
La foto di apertura è stata fornita da Nino Rocca.










