Nel suo libro “Orientalismo” Edward Said, intellettuale palestinese, dice che un testo (un film, un’opera d’arte aggiungiamo) può creare conoscenza, ma anche la realtà effettiva di ciò che descrive.
Nel tempo conoscenza e realtà producono una tradizione, un discorso.
Negli ultimi duecento anni, fatto in larga parte di colonialismo e oppressione prodotti dall’occidente, il discorso concepito è stato pressoché unilaterale. Un discorso che ha definito per troppo tempo e arbitrariamente una frontiera, una sorta di geografia immaginaria dove da un lato c’è la nostra terra, la civiltà, ci siamo “noi” e dall’altro lato c’è la terra barbarica, dove ci sono “loro”, che diventano “loro” di conseguenza. Una distinzione questa per la quale non è stato necessario che “loro”, esterni al nostro mondo, la condividessero.
In sostanza è un discorso razzista e di classe, ma è un discorso che non si applica all’alleato economico, di qualsiasi colore o religione esso sia.
Il film “From Ground Zero” è una testimonianza direttamente fatta da palestinesi. È un documento storico, prezioso e unico girato tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, durante il genocidio ancora in atto. Non c’è violenza esplicita, ma il risultato dei primi mesi di questa è ben visibile.
Bertolt Brecht faceva dire ad un suo personaggio una bellissima frase: “il pensiero è qualcosa che viene dopo le difficoltà e precede l’azione”.
I 22 corti raccolti nel film parlano di difficoltà, più o meno grandi, da superare.
Non riuscire a prendere sonno, mangiare, bere, curarsi, aver paura, sentire freddo, subire la mancanza di lavoro, il pensiero di un caro defunto… difficoltà con cui tutte e tutti noi abbiamo quotidianamente a che fare e per le quali pensiamo ad una soluzione prima di agire per risolverla.
Il tema che ci propone il film è proprio come, in condizioni per noi inimmaginabili, le difficoltà vengono affrontate.
Nel nostro comodo mondo le difficoltà vengono individualizzate, vengono privatizzate. Si tende alla creazione di uno spazio sicuro, che altro non è che una proiezione del nostro legittimo desiderio di un mondo privo di conflitti e contraddizioni.
I palestinesi che conosco la sofferenza, una sofferenza lunga oltre settant’anni fatta di colonialismo, apartheid e oppressione, ci dicono che un altro modo di affrontare le difficoltà è possibile. La resistenza popolare palestinese ci dice che insieme è possibile affrontare difficoltà grandi come il genocidio.
È possibile quindi riformulare la frase precedente di Brecht: “il pensiero collettivo è qualcosa che viene dopo le difficoltà collettive e precede l’azione collettiva”.
Per chi vuole essere solidale con la causa palestinese, un primo atto concreto di azione collettiva è quello di seguire il movimento globale per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS movement), ispirato dal movimento anti-apartheid sudafricano e dal movimento per i diritti civili degli Stati Uniti. Il movimento crede fermamente che porre fine alla complicità di stati, aziende e istituzioni nel genocidio in corso sia la forma più efficace di solidarietà con la lotta del popolo palestinese.
Per chi volesse pensare collettivamente a questi temi, una assemblea cittadina si svolgerà giorno 13 febbraio a Palermo presso Santa Chiara.
Il film invece sarà proiettato l’11 febbraio al cinema Rouge et Noir.
Potere al popolo, Palermo e provincia
Questo il link per acquistare il biglietto:
https://rougeetnoirpalermo.18tickets.it/film/19667










