USB: “allarme democratico a difesa del diritto di sciopero”.

 

Devono aver sudato assai i componenti della Commissione di garanzia sul diritto di sciopero, nel formulare le argomentazioni a supporto della loro decisione di elevare una multa di 20˙000 euro alla USB per lo sciopero generale del 3 ottobre, convocato in risposta all’atto di pirateria internazionale compiuto dalle forze armate Israeliane nei confronti della Sumud Global Flottilla.

Uno sciopero immediato, proclamato invocando l’articolo 2 comma 7 della Legge 146/90, la legge antisciopero che prevede la possibilità di non rispettare i termini di preavviso quando lo sciopero sia in difesa dell’ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori.

Uno sciopero che ha visto una partecipazione di massa, diffusa in tutto il Paese e in tutte le categorie, ben oltre la consueta adesione agli scioperi generali convocati in altre occasioni, a significare la condivisione della scelta di mobilitare le lavoratrici e i lavoratori e di farlo subito, non appena si è verificato un atto di gravità inaudita nei confronti di pacifisti internazionali che cercavano di forzare un blocco illegale e portare sollievo e aiuti umanitari a chi stava subendo da anni l’aggressione genocida da parte dello Stato di Israele.

La delibera con cui si commina una pesante multa alla USB, ma ci risulta anche ad altre organizzazioni sindacali che si erano unite a USB proclamando a loro volta lo sciopero, si avventura in disquisizioni di natura interpretativa del pensiero dei Costituenti all’atto della stesura della nostra Carta Costituzionale, per cercare di giustificare la propria decisione del tutto priva di senso storico e in contrasto con altre già emesse in altri tempi ma sempre in contesti analoghi.

A sostegno della propria tesi si arriva a recuperare un parere secondo cui la difesa dell’ordine Costituzionale va interpretato unicamente nel senso “di situazioni di eccezionale gravità tali da mettere in pericolo le istituzioni democratiche”, come il rischio di colpo di Stato o di sovvertimento violento dell’ordinamento statale da parte di soggetti o poteri usurpatori. Cioè secondo la Commissione di garanzia del diritto di sciopero (sic!), la difesa dell’ordine costituzionale si interpreta unicamente nella difesa delle istituzioni democratiche di fronte ad un attacco specifico che metta a repentaglio l’esistenza stessa della Repubblica e non anche a garanzia che nessuno possa, tradendo il dettato Costituzionale, nella fattispecie l’articolo 11 della nostra Carta costituzionale, portare il Paese in una situazione di guerra così giustificando violazioni del diritto internazionale: vendendo armi, e/o consentendone il transito, che verranno utilizzate di fatto per proseguire nel genocidio del popolo Palestinese, non assumendo nessun atto concreto di protesta nei confronti dell’attacco armato in acque internazionali a navi anche di nazionalità italiana, con a bordo cittadini e sindacalisti italiani.

Non stiamo protestando per la sanzione, anche se la riteniamo ingiusta e la impugneremo davanti al giudice del lavoro: stiamo lanciando un allarme democratico a difesa del diritto di sciopero, della nostra Costituzione, della funzione sindacale, della pace e della volontà di tanta parte del popolo italiano che con grande slancio e consapevolezza ha aderito agli scioperi di settembre e ottobre, non curandosi della legittimità formale degli stessi, ma del loro alto valore politico a difesa della nostra Costituzione.