Gaza–Lampedusa: rompere l’orologio coloniale

Gaza e Lampedusa non sono eccezioni né tragedie lontane da osservare con distacco. Sono, al contrario, nodi centrali di un presente che l’Occidente continua a produrre e a negare. È da qui che parte Gaza–Lampedusa. L’orologio coloniale e i linguaggi interrotti, il libro con cui Iain Chambers smonta l’illusione di una modernità innocente e universale, mostrando come le violenze che attraversano il Mediterraneo e il Medio Oriente siano profondamente intrecciate al nostro stile di vita.

Secondo Chambers, il mondo continua a essere regolato da un orologio coloniale che stabilisce quali vite abbiano valore, quali possano essere scartate e quali territori debbano restare in uno stato di emergenza permanente. Questo dispositivo temporale e politico produce fratture, silenzi e linguaggi interrotti: cancella le responsabilità storiche dell’Occidente e naturalizza la sopraffazione come se fosse un dato inevitabile della realtà.

Contro questa narrazione dominante, Chambers chiama in causa l’urgenza di nuovi linguaggi. Linguaggi capaci di disturbare l’ordine del discorso, di ricucire le discontinuità prodotte dal colonialismo e di restituire complessità a ciò che viene ridotto a emergenza, conflitto o crisi migratoria. È in questo spazio di rottura che l’arte diventa una pratica politica. L’esperienza di documenta 15 viene letta come un gesto di disobbedienza culturale: una messa in crisi dei codici occidentali della rappresentazione, dell’autorialità e della produzione del sapere, a favore di temporalità plurali e soggettività a lungo marginalizzate.

Ma non è solo l’arte visiva a offrire una via di fuga dall’ordine coloniale. Anche la musica, per Chambers, è un linguaggio radicalmente politico. Attraversando confini, frontiere e culture, la musica rompe i dispositivi di segregazione imposti dagli Stati e dal mercato globale, mettendo in relazione storie e corpi che il sistema coloniale ha separato. È in questa circolazione che si apre la possibilità di immaginare forme di convivenza non fondate sulla gerarchia, sull’esclusione e sulla paura dell’altro.

Queste riflessioni non restano confinate alle pagine del libro. Nei prossimi giorni (12,13 e 14 dicembre) Iain Chambers sarà in Sicilia per una serie di incontri pubblici: a Siracusa, ospite della Libreria Rosario Mascali; a Messina, presso la Libreria Colapesce; e a Catania, alla Libreria Lunaria. Due di queste librerie, Mascali e Colapesce, fanno parte della rete Librerie del Mediterraneo – Mediwaves, un progetto che prova a costruire spazi di confronto critico dentro un’area troppo spesso ridotta a frontiera da militarizzare.

Portare Gaza–Lampedusa in Sicilia non è una semplice presentazione editoriale. È un atto politico. Significa parlare di colonialismo, confini e responsabilità occidentali proprio nel cuore del Mediterraneo, uno spazio segnato da secoli di attraversamenti e oggi trasformato in dispositivo di esclusione e morte. Rallentare – o spezzare – l’orologio coloniale è forse il primo passo per tornare ad ascoltare i linguaggi interrotti e immaginare un futuro che non replichi, ancora una volta, le stesse gerarchie.