Pubblichiamo il comunicato stampa della Biblioteca delle Donne dell’UDIPalermo, con il quale si esprime solidarietà incondizionata a GretaThunberg, la storica giovane attivista che è stata bendata, ammanettata e trascinata per terra, costretta dai suoi aguzzini nazisionisti a baciare la bandiera israeliana. Dopo la messa in scena iniziale ad uso propagandistico, la messa in opera del trattamento antiterroristi non è tardato molto a materializzarsi. Il copione è stato segnalato dal Corriere della Sera anche mediante un reel sul suo profilo-FB: «“Greta Thunberg è sana e salva e sta per essere portata in Israele” si era affrettato ad assicurare sui social il ministero degli Esteri israeliano subito dopo l’abbordaggio dell’ammiraglia Alma su cui viaggiava insieme con il brasiliano Thiago Ávila, l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau e Mandla Mandela, nipote di Nelson». Inoltre un video, scrive il Corsera, « mostrava l’ambientalista tranquilla, seduta vicino ad un soldato che le porgeva con gentilezza una bottiglietta d’acqua aiutandola persino ad infilarsi una giacchetta bianca. La ragazza, 22 anni , conosceva – si sottolinea nell’articolo – il repertorio. Lo scorso 7 giugno era già stata arrestata mentre veleggiava verso Gaza sulla Madleen finendo per essere espulsa con il divieto di entrare in Israele per i prossimi cento anni»[accì]

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Apprendiamo con sconcerto e indignazione le notizie sul trattamento subito da #GretaThunberg durante la missione umanitaria diretta a Gaza. Secondo diverse testimonianze, sarebbe stata detenuta in condizioni degradanti — in una cella infestata da parassiti, senza adeguato accesso a cibo, acqua e cure — e sottoposta a umiliazioni simboliche, come l’imposizione di bandiere e pose fotografiche forzate.

Questi atti non sono incidenti, ma espressione di un potere che reagisce con violenza alla libertà femminile, alla parola che denuncia, alla presenza pacifica di chi testimonia la verità della sofferenza e chiede giustizia. Colpire una giovane donna che agisce nel rispetto della legalità e dei diritti umani significa voler annientare il valore politico della cura, della solidarietà e della pace.

Colpire una giovane donna che agisce per la giustizia significa voler annientare il valore politico della cura, della nonviolenza, della responsabilità.

Denunciamo la brutalità di un sistema che trasforma la custodia in tortura, il dissenso in colpa, la fragilità in strumento di punizione. Denunciamo la menzogna di chi si proclama difensore della democrazia mentre reprime chi la esercita nella forma più alta: il rifiuto della violenza.

La violenza contro una donna che agisce per la pace non è un episodio isolato, ma una ferita collettiva.

Ogni corpo umiliato perché resiste diventa corpo politico: chi colpisce un corpo libero rivela la propria impotenza morale.

Da questa ferita non nascerà paura, ma un’ulteriore forza di solidarietà, di parola, di pace.