La Corte dei Conti ha bocciato la delibera del CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) che dava il via libera al progetto definitivo del ponte. In un posto normale tutta la governance del ponte, quella politica e quella tecnica, toglierebbe il disturbo. In un percorso pieno di forzature hanno provato a tenere in piedi un iter che in piedi proprio non poteva starci. Difficile nominare le parole che vengono in mente senza procurarsi una querela, ma di certo possiamo dire che chi ha sostenuto fino a qui questa follia si è assunto la responsabilità di tenere appeso un intero territorio a una ipotesi non credibile.

In tanti ci hanno guadagnato col ponte e tanti speravano di guadagnarci, ma di tutti i peggiori sono i supporter locali che, sperando in qualche prebenda, si sono sperticati in lodi per una grande opera che non avrebbe mai visto la luce pur di succhiare qualcosa. Hanno preferito vedere il proprio territorio calpestato pur di ottenere qualche incarico, qualche progetto, qualche briciola che cascasse dalla tavola imbandita di Webuild.

Già adesso i rappresentanti del pontismo gridano allo scandalo sostenendo che sia stato fermato lo sviluppo del sud. Tutte stupidaggini. Il ponte sullo Stretto è espressione di politiche che succhiano ricchezza al territorio, rubano risorse pubbliche che andrebbero destinate a opere utili e le danno a una cerchia di persone molto ristretta, ma anche molto influente.

Se si volesse davvero il bene del sud si userebbero i 13.5 miliardi di euro destinati a una opera che è crollata su stessa per altre opere che possono essere realizzate immediatamente: scuole, ospedali, messa in sicurezza idrogeologica, messa in sicurezza sismica, rammodernamento della rete idrica. Si può fare tutto e subito.

Sappiamo, però, che non lo faranno. Sappiamo che non abbandoneranno neanche l’ipotesi del ponte. In questi ultimi 40 anni di stop e ripartenze ne abbiamo viste tante. Abbiamo visto annunciare tante volte la posa della prima pietra e indicare la data certa della fine lavori. Sarà così anche questa volta. Diranno che aggiusteranno le cose e che quest’altra volta sarà quella buona. Per loro, alla fine, va bene così. Il loro vero obiettivo non è costruire il ponte, ma tenere aperto all’infinito il suo iter.

Tocca a noi adesso chiudere definitivamente la partita. Tocca agli abitanti dei luoghi oggetto della devastazione promessa mettere definitivamente la parola fine a questa storia. Per questo bisogna continuare a mobilitarsi. Per spingerli fuori dalla storia e riprenderci ciò che è nostro.

C’è un primo, importante, obiettivo da darsi: chiudere la Stretto di Messina Spa. Se i partiti che sono stati al governo e oggi sono contro il ponte lo avessero fatto quando potevano, quelli alla Corte dei Conti non ci sarebbero neanche arrivati.

No Ponte