Il progetto di un impianto con un forte impatto ambientale e paesaggistico appena dietro la Valle dei Templi mette in luce un problema cruciale per le democrazie contemporanee: l’indebolimento delle strutture collettive e la crescente concentrazione del potere in mano a élite tecnocratiche e a boiardi di stato. Un progetto nato nell’opacità, mai partito perché sequestrato dalla magistratura per sospette infiltrazioni mafiose; un’opera inutile, climalterante, pericolosa per la salute, devastante per il paesaggio e offensiva per la storia della nostra terra, ma rilanciata nel 2023 con una proroga di 70 mesi concessa dall’assessore regionale all’Energia. Un atto che ignora le stringenti norme Seveso 3 e Aharus e mostra la fragilità delle istituzioni_[IL]

È tempo, di incanalare il dibattito sullo sviluppo del territorio siciliano equivocato da false motivazioni che si sono rivelate pericolose: nel caso specifico, la crisi energetica legata alla guerra in Ucraina. Dietro il pretesto dell’urgenza di garantire approvvigionamenti sicuri, sono riemersi i progetti dei rigassificatori, vecchie idee rilanciate come se fossero l’unica via possibile. Ma era facilmente presumibile che ciò che si presentava come “soluzione” rischiasse invece di trasformarsi in una minaccia: alla salute, alla sicurezza, alla bellezza dei luoghi e, soprattutto, alla democrazia. Con l’esito infausto per le comunità che sono scivolate, progressivamente, da un’incognita ad una minaccia, dalla riduzione della sicurezza e della salute al restringimento dell’orizzonte dei diritti. È pertanto necessario che il confronto avvenga con le comunità: per porre al centro la malintesa idea di sviluppo assecondata da un diffuso ascarismo che riduce a comparse o peggio a pupazzi i componenti del ceto politico. E per contrastare l’abusata “retorica” che evidenzia il disinteresse e l’incompetenza su questioni complesse che richiedono studio, conoscenza e impegno: merce rara!  

Si tratta di causa/effetto dell’imbarbarimento della società e del diffuso impoverimento culturale. Mette, infatti, in luce un problema cruciale per le democrazie contemporanee: l’indebolimento delle strutture collettive e la crescente concentrazione del potere in mano a certe élite tecnologiche e a certi boiardi di stato (caste), il tutto accompagnato da una perdita di coesione sociale e di rappresentanza politica. Affrontare nel dibattito pubblico un tema così spinoso risulterebbe al contempo, una formidabile occasione per ribadire che, prima di manifestare le loro opache intenzioni e di sollecitare la realizzazione del rigassificatore, i promotori e supporter avrebbero dovuto e dovrebbero avere l’accortezza di assumere le necessarie informazioni. In tale eventualità, avrebbero appreso che la realizzazione di tale pericoloso ed invadente impianto non sia nella loro disponibilità: se non del diritto. 

Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e il presidente dell’Enel  Flavio Cattaneo si incontrano a Roma per commentare, con sorrisi e cordialità, la proroga di 70 mesi per le autorizzazioni richieste.

Avrebbero appreso (se informati) che ancora oggi è incardinato l’appello al Consiglio di Stato contro il progetto di rigassificatore a Porto Empedocle, e che sono già trascorse 24 dei 70 mesi di proroga concessi “incautamente” dall’agrigentino Roberto Di Mauro con la complicità dell’attuale soprintendente. Il quale, con lo strumentale utilizzo di un evidente “bizantinismo” ha deliberatamente commesso un atto sconsiderato. Ha, con la sua protervia, reso possibile la insensata scelta del governo regionale di “alimentare” il tentativo dei soliti noti di piazzare un ecomostro a ridosso di un asilo nido e delle ignare comunità locali. Si tratta in definitiva dell’ennesimo atto per il quale la Regione Siciliana e l’attuale Soprintendente (nel solco degli errori commessi nel triste passato dai predecessori Fiorentino e Meli), dovrebbero cospargersi il capo di cenere. Appunto per tali ragioni la domanda vera non riguarda soltanto la tecnica o l’ingegneria di un’opera anacronistica: riguarda la missione stessa dello sviluppo. Vogliamo davvero consegnare il futuro del nostro territorio a logiche speculative, assecondando interessi di pochi e sacrificando comunità intere? 

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