Mastodon

24@netzineSud – Ӎeriggio \ n. 18

#iSudelMondoContano
>  MERIDIOGLOCALNEWS  – RASSEGNA SETTIMANALE  SULLE SOGGETTIV₳ZIONI METICCE  <

“Abbiamo bisogno di un esodo dal sionismo… è un falso idolo che ha preso l’idea della terra promessa e l’ha trasformata in un atto di vendita di uno stato etnico militarista”

Così Naomi Klein, nel corso della partecipazione al Sader in the Street, tenutosi a Brooklyn lo scorso 23 aprile, ha espresso con nettezza la sua posizione ed ha aggiunto: “Non abbiamo bisogno né vogliamo il falso idolo del sionismo. Vogliamo svincolarci dal progetto che commette un genocidio in nostro nome” 

Ho pensato a Mosè e alla sua rabbia quando scese dal monte e trovò gli Israeliti che adoravano un vitello d’oro.  L’ecofemminista che è in me è sempre stata a disagio riguardo a questa storia: che tipo di Dio è geloso degli animali? Che tipo di Dio vuole accumulare per sé tutta la sacralità della Terra? Ma esiste un modo meno letterale di interpretare questa storia. Si tratta dei falsi idoli, della tendenza umana a venerare il profano e il luccicante, a guardare al piccolo e al materiale piuttosto che al grande e al trascendente. Quello che voglio dirvi questa sera in questo rivoluzionario e storico Seder in the Street (è il nome della protesta pro Palestina che c’è stata a Brooklyn lo scorso 23 aprile, davanti all’abitazione di Chuck Schumer, il leader dei democratici al Senato. Durante la protesta – che prende il nome dal Seder, ossia la festa che dà inizio alle celebrazioni della Pasqua ebraica – sono state arrestate oltre 300 persone, proprio mentre il Congresso approvava il massiccio pacchetto di fondi che diversi include miliardi in assistenza militare a Israele, ndt) è che troppe persone tra di noi venerano ancora una volta un falso idolo. Ne restano estasiati. Ubriachi. Profanati da esso. Quel falso idolo si chiama sionismoIl sionismo è un falso idolo che ha preso l’idea della terra promessa e l’ha trasformata in un atto di vendita di uno stato etnico militarista. È un falso idolo che prende le nostre storie bibliche più profonde di giustizia ed emancipazione dalla schiavitù – inclusa la storia della Pasqua ebraica – e le trasforma in armi brutali impiegate per il furto coloniale di terre, in tabelle di marcia per la pulizia etnica e per il genocidio. È un falso idolo che ha preso l’idea trascendente della terra promessa – una metafora della liberazione dell’essere umano che ha viaggiato attraverso molteplici fedi in ogni angolo di questo globo – e ha osato trasformarla in un atto di vendita di uno stato etnico militarista. La versione di liberazione del sionismo politico è essa stessa profana. Fin dall’inizio, ha implicato l’espulsione di massa dei palestinesi dalle loro case e dalle terre ancestrali della Nakba. Fin dall’inizio è stata in conflitto con i sogni di liberazione. In un Seder vale la pena ricordare che questo include i sogni di liberazione e di autodeterminazione del popolo egiziano. Questo falso idolo del sionismo equipara la sicurezza israeliana alla dittatura egiziana e agli stati clienti. Fin dall’inizio ha prodotto un brutto tipo di libertà che vedeva i bambini palestinesi non come esseri umani ma come minacce demografiche – proprio come il faraone nel Libro dell’Esodo temeva la crescente popolazione di israeliti, e quindi ordinò la morte dei loro figli. Il sionismo ci ha portati al momento attuale del cataclisma ed è giunto il momento di dirlo chiaramente: ci ha da sempre condotti qui. È un falso idolo che ha condotto fin troppe persone tra noi lungo un percorso profondamente immorale che li porta a giustificare la distruzione dei comandamenti fondamentali: non uccidere, non rubare, non desiderare la casa del tuo prossimo. Noi, in queste strade da mesi e mesi, siamo l’esodo. L’esodo dal sionismo. È un falso idolo che equipara la libertà ebraica alle bombe a grappolo che uccidono e mutilano i bambini palestinesi. Il sionismo è un falso idolo che ha tradito ogni valore ebraico, compreso il valore che attribuiamo alla messa in discussione (una pratica incorporata nel Seder con le sue quattro domande poste dal bambino più piccolo), compreso l’amore che abbiamo come popolo per il testo e per l’istruzione. Oggi questo falso idolo giustifica il bombardamento di ogni università di Gaza; la distruzione di innumerevoli scuole, archivi e tipografie; l’uccisione di centinaia di accademici, giornalisti e poeti – questo è ciò che i palestinesi chiamano “scolasticidio”, l’uccisione dei mezzi di istruzione. Nel frattempo, in questa città, le università chiamano in causa la polizia di New York e si barricano contro la grave minaccia rappresentata dai propri studenti che osano porre loro domande basilari, del tipo: come potete affermare di credere davvero in qualcosa, men che meno in noi,mentre permettete, investite e collaborate con questo genocidio?

leggi articolo integrale su globalproject

 

Non possiamo respirare: “Dalla Columbia alla UCLA, da Berkeley a Yale, gli studenti americani hanno capito che la vita di questa generazione è rovinata prima ancora di cominciare

‘I can’t breathe’ è probabilmente la frase che meglio definisce questa epoca. Rischiamo di morire per soffocamento climatico? Per soffocamento da guerra? Per depressione e soffocamento della sensibilità? Dalla Columbia alla UCLA, da Berkeley a Yale, gli studenti statunitensi hanno trovato il coraggio di protestare, stare insieme, discutere della propria condizione. Abbiamo bisogno di trasformare le città in luoghi di allegria collettiva contro il razzismo e contro l’orrore della guerra, scrive Bifo, è il solo modo per non sprofondare nella depressione, trasformandola in diserzione

“I can’t breathe”. Queste sono le parole che rendono meglio il tempo in cui viviamo. Eric Garner, George Floyd, Frank Tyson hanno detto queste parole mentre un poliziotto li strangolava. Ma tutti stiamo entrando nel ciclo del soffocamento. I can’t breathe è la frase che meglio definisce questa epoca, e l’orizzonte in cui cresce la generazione che consapevolmente si definisce ultima. L’inferno climatico è inarrestabile, irreversibile. D’altra parte i soldi che servivano per la transizione ecologica, che già era una farsa, sono stati dirottati verso la guerra. Morire dunque di soffocamento climatico? Moriremo di soffocamento da guerra? Più probabilmente moriremo di depressione, di tristezza, e di soffocamento della sensibilità, perché l’orrore si moltiplica ogni giorno sul Mediascape. Di questa bruttezza onnipresente soffochiamo. Disertare vuol dire anzitutto creare luoghi nei quali sia possibile sfuggire all’orrore. Ma dove sono questi luoghi? Gli studenti statunitensi hanno trovato il coraggio di protestare, di occupare le università, di resistere alle aggressioni della polizia. Quelli europei sembrano paralizzati dalla depressione e dallo stordimento. Eppure la prospettiva della guerra è talmente vicina che farebbero bene a preoccuparsi. Il loro futuro è fottuto: la guerra sottrae le risorse economiche destinate alla finta transizione ecologica. Le bombe russe, ucraine, e i milioni di tonnellate di macerie e di bombe che ricoprono il territorio di Gaza sono la pietra tombale sulle speranze di un futuro respirabile. Cosa aspettano gli studenti europei a occupare le università e le scuole? Cosa aspettano a organizzare la diserzione nei luoghi collettivi? Non si salverebbe l’umanità (nessuno ha più la possibilità di salvare l’umanità, questo lo sappiamo). Ma si vivrebbe insieme, con dignità e con solidarietà l’inferno che incombe. Anche all’inferno si può star bene, se non si è così soli, se non ci si odia, se non si combatte come cani. Come vivere allegramente all’inferno: questo è il tema di una poetica che sia all’altezza del nostro tempo.

estratto da  comune-info

 

Autonomia Differenziata: opportunità o regresso? il progetto fascio-leghista costituisce un vulnus rispetto ai principi essenziali della nostra Costituzione

Il rapporto tra Costituzione e Autonomia Differenziata è stato il tema di apertura del convegno del Centro Studi per la Scuola Pubblica (Cesp), promosso dai Cobas Scuola, che si è svolto, al Liceo Boggio Lera, nella mattina di giorno 29, proprio lo stesso giorno in cui – alle 15 del pomeriggio – il testo del progetto Calderoli entrava in aula alla Camera

Che ci siano differenze tra Nord e Sud, e in genere tra le Regioni italiane, è un dato di fatto. Che vengano sancite a livello normativo da un governo che ostenta la sua continuità con il fascismo, nemico giurato di ogni autonomia periferica, è un paradosso. Non l’unico, visto che il progetto di Autonomia Differenziata costituisce un vulnus rispetto ai principi essenziali della nostra Costituzione, su cui gli attuali governanti hanno giurato, sia pure recalcitrando davanti al suo carattere antifascista. Di Costituzione e AD ha parlato Ernesto De Cristofaro, docente di storia del diritto all’Università di Catania, a partire da quanto recita l’articolo 5 della Costituzione: “la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali …”. Una formulazione che costituisce la presa d’atto di una situazione esistente, ma che è ben lontana dal sancire le differenze a livello normativo. De Cristofaro ha poi ricordato che, nella prima fase dello Stato repubblicano, le autonomie regionali erano avvertite come un pericolo e, dopo la concessione delle autonomie speciali, avvenuta sotto la spinta di situazioni particolari (in Sicilia, la minaccia del separatismo), bisognò attendere venti anni, il 1968, per attivare le autonomie ordinarie. Nel periodo successivo iniziò una “torsione verso il decentramento”, proseguita negli anni Novanta e coronata nel 2001 dalla riforma del titolo V della Costituzione, che modifica il rapporto Stato-Regione, riducendo le competenze esclusive del primo e ampliando le cosiddette competenze concorrenti. Con l’articolo 116 vengono consentite “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” ad altre Regioni “su iniziativa della Regione interessata”. Ed è quello che è avvenuto con le trattative avviate, nel 2018, da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, alcune delle Regioni più sviluppate. Come il professore ha rimarcato, lo scopo di queste Regioni è quello di trattenere per sé le risorse economiche evitando la redistribuzione che, come previsto dall’art.53 della Costituzione, contribuirebbe a superare le disuguaglianze tra i territori. Un altro tradimento dello spirito della Costituzione. Un altro problema è rappresentato dai Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), presentati come una garanzia di eguaglianza. Come dirà più avanti un’altra relatrice, Marina Boscaino, chi stabilisce quali sono i livelli ‘essenziali’? Cosa accade se ci sono Regioni che non hanno risorse sufficienti per garantirli? Dovrebbe intervenire lo Stato e non fare come è avvenuto con la legge di bilancio del 2023, che ha stabilito come criterio il costo standard dei servizi: un tradimento del fondamentale art. 3 della Costituzione che riconosce la totale uguaglianza dei cittadini.

da Argocatania

 

Il ritorno della schiavitù: la corsa alla disumanizzazione nelle relazioni internazionali non si arresta agli eventi estremi del genocidio e della guerra. Ci sono molti fronti sui quali si sperimentano pratiche disumane, inconcepibili fino a qualche tempo fa

Gli atti di genocidio che si susseguono senza soluzione di continuità a Gaza e il massacro infinito sul fronte russo ucraino (dove è passata sotto silenzio la notizia che le perdite ucraine ammontano a 500.000 uomini), più che provocare indignazione o ripudio, stanno creando assuefazione – scrive Domenico Gallo –  e rientrano nella normalità degli eventi che l’informazione ci propina ogni giorno mescolandoli alle cronache più banali

La persecuzione del popolo dei migranti e richiedenti asilo ha superato una soglia che ci fa fare un balzo all’indietro di secoli. Il 25 marzo 1807 il Parlamento inglese approvò lo Slave Trade Act, vietando il commercio e la tratta degli schiavi: nel corso di pochi anni anche le altre potenze coloniali abolirono la tratta degli schiavi e nell’atto finale del Congresso di Vienna (8 febbraio 1815) venne sottoscritta una Dichiarazione contro la Tratta dei negri. Il 23 aprile 2024 il Parlamento britannico ha chiuso il ciclo storico iniziato con l’abolizione della tratta degli schiavi, approvando il Safety Rwanda Bill con il quale viene disposta la deportazione in Rwanda degli immigrati sbarcati irregolarmente sulle coste inglesi. Per quanto calata in un differente contesto storico, l’operazione di deportazione in Rwanda di circa 52.000 (secondo la BBC) immigrati, quasi tutti di origine africana o asiatica, nella sostanza non differisce dalla Tratta degli schiavi praticata dalle potenze coloniali fino agli albori dell’Ottocento. Ora come allora un potere di coercizione si impadronisce dei corpi di un numero indefinito di persone e li trasporta a 10mila chilometri di distanza, scaricandoli in un territorio nel quale non erano diretti quando hanno intrapreso il viaggio della speranza che li ha portati in Gran Bretagna; un territorio, il Rwanda, col quale non hanno alcun rapporto e nel quale non hanno alcuna possibilità di vivere una vita degna. Da un punto di vista pratico si tratta di un sequestro di persona collettivo, ma in realtà è qualcosa di più, è la riduzione di queste persone nella stessa condizione degli schiavi che, dopo la cattura, venivano imbarcati sulle navi negriere per essere deportati in terre lontane. L’unica differenza è la diversa rotta, non più dall’Africa all’Europa ma dall’Europa all’Africa.

abstract da volerelaluna

 

 COMMENTI \ INCHIESTE \ REPORTI \ CONFLITTI \ ALTERMERIDIONALISMO

Newsletter

Inserisci la tua email qui sotto per ricevere la newsletter giornaliera.

Donazione

Sostieni il giornalismo per la pace e la nonviolenza con una donazione.

Articoli raccomandati