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Disoccupazione Zero si prepara ad organizzare la protesta: “Andremo quartiere per quartiere, strada per strada per coinvolgere percettori ed ex percettori in momenti di protesta”

Insieme ai percettori e alle tante realtà associative, sindacali e politiche abbiamo discusso delle nuove proteste da organizzare in seguito alla cancellazione del Reddito di Cittadinanza, della disoccupazione dilagante e del lavoro sottopagato e privo di diritti nel meridione. Il Sindaco Trantino in diretta nazionale ha dichiarato che secondo lui non esiste nessun disagio sociale, perché a Catania non ci sono proteste. Sarà nostra premura far arrivare le proteste davanti ai suoi occhi, così che possa comprendere qual è la città che governa e in quale stato di povertà e di disperazione versa la popolazione. La Ministra Calderone invece afferma che “chi dice che in Italia ci sono scarse possibilità di lavoro, è disinformato o in malafede. Il lavoro c’è ed è anche tanto”. Dimostreremo alla Ministra del lavoro quanto siamo disinformati e in malafede a Catania, mostrandole disoccupati, inoccupati, sottopagati, sfruttati e tutte quelle categorie che vivono l’umiliazione del mondo del lavoro o emigrano fuori. A Catania non esiste nessun futuro, se non quello che possiamo creare con le nostre lotte in piazza contro il sistema. Vi invitiamo a condividere il post per raggiungere più persone possibili, ed essere tutti attivi nell’organizzare la protesta. “Nelle prossime settimane – ha dichiarato Davide Cadili al quotidiano regionale QdS.it – cercheremo di andare quartiere per quartiere, strada per strada per coinvolgere percettori ed ex percettori in momenti di protesta. Quello che chiediamo maggiormente è il lavoro, lavoro pubblico. I Comuni sono sotto organico e l’impiego nei mesi scorsi dei percettori in lavori socialmente utili ha dimostrato che c’è un gran bisogno di loro”.

cominicato DisoccupazioneZero

 

Nord-Sud: crescere insieme è possibile. Situazione congiunturale positiva rispetto al passato, ma permangono ancora ritardi strutturali. Scarsa crescita di valore aggiunto nel settore industriale e livelli patologici di precarizzazione del fattore-lavoro caratterizzano l’economia meridionale

Nel 2022 il tasso di crescita del Pil italiano ha superato di due decimi la media dell’Ue-27 (+3,7 per cento contro +3,5 per cento), Il Pil meridionale nel 2022 è cresciuto in linea con la media Ue-27 (3,5 Per cento). Cumulativamente, nel 2021-2022, l’economia meridionale è cresciuta del +10,7 per cento, più che compensando la perdita del 2020. Se allarghiamo lo sguardo all’intero periodo 2020-2022, la performance del Sud è risultata in linea con quella del Centro-Nord. Gli ampi spazi di flessibilità concessi dall’Europa hanno consentito alla politica nazionale di sostenere i redditi delle famiglie e garantire la continuità economica a molte imprese (Svimez-Mcc, 2021). La ripresa si è concentrata nelle costruzioni e nei servizi, che al Sud assorbono quote di valore aggiunto e occupazione relativamente più elevate rispetto al resto del paese. Per chiarire, fatto 100 il dato di crescita cumulata del valore aggiunto extra-agricolo nel 2021-2022, i servizi hanno contribuito per 71 punti nel Mezzogiorno (63 nel Centro-Nord). Il terziario ha trainato anche l’occupazione. Le nuove assunzioni al Sud, in particolare, si sono concentrate nelle attività di alloggio e ristorazione: circa 100 mila, quasi un quarto dei nuovi posti di lavoro (+442 mila) tra il I trimestre 2021 e il I trimestre 2023. Anche le costruzioni hanno concorso alla crescita del valore aggiunto con maggiore slancio al Sud (19 punti; 13 nel Centro-Nord), grazie all’impatto espansivo esercitato dai bonus per l’edilizia (Svimez, 2023). Il risultato, quindi, è una fotografia positiva per il Sud, ma sbiadita dallo scarso contributo dell’industria alla crescita del valore aggiunto (nel Mezzogiorno solo 10 punti; 24 nel Centro-Nord) e dalla concentrazione del recupero occupazionale in settori tra i più vulnerabili, in primis l’indotto del turismo, e che tipicamente esprimono una domanda di lavoro poco qualificato. Non solo, nonostante la leggera crescita dei contratti a tempo indeterminato (concentrata nelle costruzioni), al Sud il peso della componente del lavoro a termine rimane a livelli patologici se confrontato con il resto del paese: 22,9 per cento contro il 14,7 per cento del Centro-Nord. E, d’altra parte, nel Mezzogiorno si resta precari più a lungo: quasi un lavoratore a termine su quattro lo è da più di cinque anni, circa il doppio rispetto al resto del paese. A ciò si aggiunge che l’erosione del potere d’acquisto subita dai salari rispetto al periodo pre-pandemia ha interessato soprattutto il Mezzogiorno (-8,4 per cento; -7,2 per cento Centro-Nord).

leggi rapporto integrale de lavoce.info

 

Gli sbarchi non si fermano con gli slogan. Arrivi a quota 100 mila a tre settimane dall’accordo Ue-Tunisia che vuole fermare il traffico illegale di persone senza eliminare le cause delle migrazioni

Si avvicina a quota 100 mila il numero dei migranti sbarcati in Italia dall’inizio dell’anno. 93.685 dal primo gennaio al 7 agosto, per l’esattezza, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2022. Un flusso costante confermato anche dagli arrivi degli ultimi giorni: a luglio si sono registrati 23.639 sbarchi, nei primi sette giorni di agosto sono stati 4.527, quasi 450 persone in media al giorno. I dati resi noti dal ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, ci dicono che nulla è cambiato a quasi tre settimane dalla firma dell’accordo Europa-Tunisia, il “Protocollo d’intesa su un partenariato strategico e globale” sottoscritto il 16 luglio dopo venti giorni di negoziati, dalla presidente del Consiglio Meloni, il collega olandese Rutte e la presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen con il presidente tunisino Kais Saied. Un memorandum che ha sollevato le preoccupazioni degli attivisti per i diritti umani e delle organizzazioni non governative e che la Cgil giudica negativamente.

Collettiva

 

Più elevata della media l’irregolarità in agricoltura in Abruzzo. Gli stranieri hanno contratti di lavoro più precari: 8.606 i lavoratori di nazionalità straniera nel 2020 impiegati nelle aziende agricole abruzzesi non a conduzione familiare

Nell’ultimo ventennio il tasso totale di lavoratori dipendenti irregolari è leggermente diminuito (di poco più di un punto percentuale), nonostante quello delle maestranze nella stessa condizione di irregolarità sia nettamente aumentato (oltre 4 punti) se consideriamo il solo settore dell’agricoltura. Un fatto, però, è stato appurato nel corso degli ultimi decenni: in Abruzzo come nel resto d’Italia – soprattutto nel mezzogiorno – a soffrire forme contrattuali o vessazioni da parte dei caporali sono soprattutto gli stranieri, disposti a lavorare anche di fronte a paghe non congrue o orari diversi da quelli messi nero su bianco nel momento dell’assunzione. E questo solo se si considera, naturalmente, la forza lavoro assunta regolarmente. Sono i dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura a raccontarcelo: nel 2020 gli stranieri (comunitari ed extra-comunitari) impiegati nelle imprese agricole non a conduzione familiare o individuale erano quasi 9mila, circa un terzo del totale, pari a 23mila lavoratori e lavoratrici nella stessa tipologia di azienda. Tuttavia, nonostante gli stranieri siano il 36,6% del totale, se prendiamo in considerazione i contratti con forma continuativa questa percentuale si ferma al 28%. Al contrario, se parliamo di contratti con forma saltuaria, gli stranieri rappresentano il 40,2% del totale. In altre parole, in Abruzzo i lavoratori in agricoltura non italiani hanno forme di contratto più precarie rispetto ai colleghi italiani. In questo caso non parliamo di caporalato in senso stretto – storicamente meno diffuso in regione rispetto ad altri territori del sud – ma siamo di fronte a dati che danno in qualche modo la misura di come le persone straniere siano più esposte ai rischi dello sfruttamento.

leggi integralmente l’inchiesta su Openpolis

 

La via maestra, insieme per la Costituzione. Manifestazione nazionale il 7 ottobre a difesa di lavoro, scuola e sanità e contro l’autonomia differenziata

“La via maestra, insieme per la Costituzione” è lo slogan scelto dalla CGIL e da più di cento associazioni e reti associative per una grande manifestazione nazionale in programma a Roma il prossimo 7 ottobre. “Si sfilerà per le strade della Capitale – si legge in un comunicato della Flc-Cgil – per il lavoro, contro la precarietà, per il contrasto alla povertà, contro tutte le guerre e per la pace, per l’aumento dei salari e delle pensioni, per la sanità e la scuola pubblica, per la tutela dell’ambiente, per la difesa e l’attuazione della Costituzione contro l’autonomia differenziata e lo stravolgimento della nostra Repubblica parlamentare”. Al centro della manifestazione sono anche i problemi della scuola, a partire dal diritto all’istruzione, dall’infanzia ai più alti gradi, e alla formazione permanente e continua, perché il diritto all’apprendimento sia garantito a tutti e tutte e per tutto l’arco della vita. La manifestazione sarà anche l’occasione per fermare il progetto dell’ autonomia differenziata “rilanciata con il DDL Calderoli, che porterà alla definitiva disarticolazione di un sistema unitario di diritti e di politiche pubbliche volte a promuovere lo sviluppo di tutti i territori”. Per “preparare” l’iniziativa il sindacato di Maurizio Landini e le diverse realtà associative che aderiscono hanno in programma assemblee e incontri nei territori già a partire dalle prossime settimane.

comunicato

 

𝑰𝑳 𝑫𝑰𝑻𝑶  (2011), fantasmagorico racconto di 𝐆𝐫𝐚𝐳𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐃𝐞𝐥𝐨𝐫𝐝𝐚. Verso il 12 agosto, CORTEO NO PONTE – Messina, sabato prossimo ore 18:00 – Piazza Cairoli

Oggi, nel 2023, quello che in queste righe è ironicamente immaginato, il 2033, appare sempre più drammaticamente verosimile… Grazie all’anonimo che ce lo ha riportato alla mente, a Graziano per averci mandato l’aggiornamento e a Lele Corvi che è sempre stato solidale con la lotta NO PONTE . 𝐁𝐮𝐨𝐧𝐚 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚!

Dal 2031, anno del definitivo abbandono dei lavori per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, si contano ventisette morti a seguito di lanci dal Dito. Quasi una maledizione che si aggiunge alla devastazione sotto gli occhi di tutti. Dopo la repentina fuga degli ultimi avamposti militari a protezione dei costruttori fuggiti anni prima, in questo 2033 si è già raggiunta quota nove decessi causa Dito, con un’impennata della frequenza dovuta allo stato di totale abbandono in cui versa tutta la costa nord messinese.

Il Dito… un unico gigantesco pilastro, attorno solo acqua e macerie.

Due giorni fa la giovane coppia di coniugi francesi Mark e Helen Lamertine, esperti in lanci estremi con il paracadute, per cause ancora in fase d’accertamento, si è schiantata in mare durante un lancio in combinata dal Dito, salvandosi miracolosamente. I Lamertine sono ancora ricoverati in due reparti diversi degli Ospedali Riuniti Sicilia Orientale, Mark in Rianimazione con prognosi riservata, la moglie Helen sotto osservazione in Ortopedia, vigile nonostante la frattura del bacino e di entrambe le gambe. Il nostro inviato ha intervistato in ospedale un’ancora scossa madame Lamertine.

«Buongiorno madame, innanzitutto come si sente e come sta suo marito?»

«Ho visto giorni migliori, grazie. Mio marito… non so, è in coma farmacologico.»

«Può raccontarci dell’incidente?»

«Mark ed io avevamo deciso di festeggiare il nostro primo anniversario di matrimonio concedendoci un lancio davvero speciale. Lui aveva proposto le nuove Torri Gemelle di Kiev, sono stata io ad insistere per il Dito nonostante la sua terribile fama… [singhiozzi], che stupida idea.»

«Perché proprio il Dito?»

«Eravamo entrambi a conoscenza dei tanti incidenti verificatisi qui nello Stretto di Messina. Un nostro amico jumper proprio a gennaio si è schiantato contro le onde, l’elastico spezzato… non hanno mai ritrovato il corpo inghiottito dal mare. Non so, forse era proprio questo ad attirarci, ad attirarmi, non so…» [I singhiozzi si trasformano in pianto sommesso, interrompiamo la registrazione per una pausa].

«Non voglio affaticarla troppo madame Lamertine, ancora un paio di domande e toglierò il disturbo.»

«Sì, grazie… non mi sento bene.»

«Diceva che è stata forse proprio la pessima nomea del Dito ad attirarvi qui, ho capito bene?»

«Per certi versi è così. Il Dito ormai è diventato un must tra gli appassionati di sport estremi: bungee jumpers, amanti del parapendio, scalatori, paracadutisti di tutto il mondo. Questo gigantesco pilastro sospeso sullo Stretto proprio come un dito d’acciaio e cemento puntato contro il cielo, infilzato giù nella terra, uno stupro… un monito… una sciagura – aggiungo adesso io – e un panorama ancora meraviglioso nonostante lo scempio. Ha letto mai dei mostri Scilla e Cariddi?»

«Certamente.»

«Ecco, forse non dovevamo rischiare tanto, è stato tutto un gigantesco sbaglio sin dall’inizio. C’è una sorta di maledizione in questo posto, adesso lo so, l’ho sentita pochi istanti prima di lanciarmi con Mark nel vuoto, come se la natura qui si stesse vendicando delle devastazioni subite per anni, della presunzione dell’uomo!»

«Mi permetta di chiederle… come avete fatto ad aggirare i controlli?»

«Controlli? Di che controlli parla? [ride sbuffando sofferenza] Ha avuto modo di fare un giro nei pressi del Dito? Hanno raso al suolo tutto per chilometri, non c’è più anima viva nei villaggi di pescatori abbandonati, le strade sono crollate, manca tutto, acqua corrente e luce… tutto! Avrebbero fatto prima a lanciare una bomba atomica… e chi diavolo avrebbe dovuto fermarci? Chi? L’unico pericolo sono i branchi di cani affamati e le frane continue. Mi creda, qui l’inferno non ha né giorno né notte, è la desolazione calata su un posto che doveva essere magnifico ed io dovevo saperlo prima, sì… lo sapevo!»

«Se potesse tornare indietro lo rifarebbe?»

«Lei non ascolta, non ascolta proprio! Non so ancora se mio marito ne uscirà vivo, probabilmente rimarrò su una sedia a rotelle per il resto della mia vita, di certo storpia a ventisette anni… vuole davvero la risposta? Eh? Che risposta desidera per il suo giornale? [scoppia a piangere di nuovo].»

«Va bene così, mi scusi. La ringrazio per la disponibilità madame Lamertine, i miei migliori auguri per suo marito e…»

«Basta, se ne vada… Via!»

M.S. per EXTREME n.35 – 28/05/2033

 

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