Aveva lasciato dei volantini all’interno del grattacielo Sanpaolo: attivista di Extinction Rebellion rischia adesso un processo

Il PM aveva chiesto l’archiviazione perché il “fatto non sussiste” ma Intesa Sanpaolo si è opposta e chiede adesso che si vada a processo. “Pronto a portare in tribunale gli stessi dati che c’erano su quel volantino. Intesa è la prima banca italiana per investimenti in combustibili fossili”, dichiara l’attivista. Il prossimo 4 luglio la decisione nelle aule del Tribunale di Torino.

Il prossimo 4 luglio, il tribunale di Torino deciderà se un attivista di Extinction Rebellion verrà processato per “violazione di domicilio” (art. 614 cp), reato punito con la reclusione da 1 a 4 anni. L’accusa è di essere entrato all’interno del Grattacielo di Intesa Sanpaolo e aver lasciato dei volantini su scrivanie e muri, con i dati degli investimenti in combustibili fossili della banca. Intesa ha infatti ritenuto di denunciare e opporsi alla decisione del pubblico ministero, che aveva chiesto l’archiviazione perché “il fatto non sussiste”, e chiede adesso che si vada a processo.

I fatti risalgono al 2 giugno del 2022. Quel giorno, all’interno del grattacielo, vi era uno degli incontri pubblici del Festival dell’Economia. L’attivista si era regolarmente registrato e, alla fine della conferenza, prendendo l’ascensore, si è recato ai piani superiori per lasciare dei volantini sulle scrivanie e sui vetri, attaccandoli con del semplice scotch. «Mi colpisce molto l’impegno che Sanpaolo sta attivamente mettendo nel volermi portare a processo» dichiara Pedro, l’attivista sotto accusa. «Una delle banche italiane maggiormente responsabili della situazione disastrosa in cui ci troviamo, sta facendo di tutto per difendersi con le unghie e con i denti pur di non riconoscere e assumersi le proprie responsabilità, attaccando invece ferocemente chi ha provato a metterle in luce».

Un’azione simbolica, totalmente pacifica, che non ha danneggiato o sporcato nulla, messa in atto al solo scopo di lasciare un messaggio ai dipendenti stessi della banca per denunciare i suoi grossi finanziamenti all’industria fossile. Intesa Sanpaolo è la banca fossile numero uno in Italia per il suo mix di operazioni creditizie e investimenti nei settori del carbone, petrolio e gas [Recommon], nonostante sul proprio sito e nelle pubblicità si descriva come attenta alla sostenibilità [Sito Intesa]. Ad oggi, inoltre, sei progetti finanziati da Intesa rientrano in quelle che vengono definite bombe climatiche, le quali produrranno un totale di 69 miliardi di tonnellate di CO2, 8.7 volte le emissioni prodotte dalla Cina [Recommon]. Per visualizzare meglio questi numeri, basti pensare che secondo gli accordi di Parigi, sottoscritti anche dall’Italia, l’intera umanità potrebbe ancora emettere un massimo di 300 miliardi di tonnellate di CO2, per avere una probabilità dell’83 % di rimanere al di sotto degli 1,5 gradi [IPCC_AR6]. Intesa Sanpaolo, quindi, sta investendo e finanziando l’erosione del 25% del capitale di CO2 del pianeta.

Tra i volantini lasciati quel giorno al grattacielo, infatti, anche una lettera firmata dagli stessi investitori della banca, preoccupati per i suoi finanziamenti all’industria fossile. Una lettera che si concludeva così: «Essendo una delle maggiori banche europee e mondiali, Intesa Sanpaolo, ha una grande responsabilità e un ruolo nel finanziare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente. Crediamo anche che sia nell’interesse di Intesa Sanpaolo e dei suoi azionisti che il Gruppo porti le sue ambizioni climatiche al livello dei propri pari» [Lettera investitori]. La risposta di Intesa, come ha commentato ReCommon, è stata insoddisfacente: «Sollecitata in maniera formale ed autorevole da un gruppo di investitori, il gruppo bancario non ha mostrato alcuna volontà di voler ridurre tale esposizione, confermandosi la banca fossile numero 1 in Italia» [Recommon].

Il mondo ha appena sperimentato l’inizio giugno più caldo di sempre [La Repubblica]. L’Italia intera è stata colpita da ondate di siccità e alluvioni che hanno causato morti, migliaia di sfollati e un drastico crollo del raccolto agricolo. Di fronte a tutto questo, la banca italiana che più ha investito in petrolio, gas e carbone chiede di portare a processo un attivista che ha lasciato dei volantini sui vetri e sulle scrivanie dei suoi dipendenti. «Io sono psicologo e generalmente il bullo è sempre la persona più debole. È proprio in questa reazione che il potere rivela il suo modo di funzionare. Se un comune cittadino riesce a innescarla con un gesto così semplice, cosa succederebbe se fossimo in tanti?» commenta ancora Pedro. Nelle parole di Michel Forst, primo relatore speciale delle Nazioni unite sui difensori dell’ambiente [La via libera] che ha visitato Torino nei mesi scorsi, la repressione sta diventando la risposta più facile al dissenso.

La testimonianza di Pedro, l’attivista accusato: