Non con il nostro appoggio.

Lo diciamo chiaramente: l’obiettivo non è certamente quello di migliorare la qualità delle prestazioni mediche erogate. Nei reparti ospedalieri lavorano professionisti con grande preparazione, dedizione al lavoro e competenza. Se lavorano in affanno, non è per incapacità o perché hanno necessità di un professore che li guidi, ma perché tutti i reparti sono sotto-organico. Mancano i medici, i servizi sono gestiti da colleghi sottoposti a turnazioni pesantissime, che accumulano ore di straordinario (non pagate) non fanno le ferie, assistono più malati di quelli che una buona gestione clinica e del rischio consiglierebbe. E l’arrivo dell’Università non servirà. Servirebbe assumere.

Il paziente che arriva in PS, chiede di essere curato da un medico formato per le malattie che deve gestire, o chiede che si faccia ricerca? I pazienti dell’alessandrino, pensano davvero che l’assistenza sanitaria migliorerà imbellettando l’ospedale con l’aggettivo universitario, o se ne convinceranno solo quando le liste d’attesa saranno finalmente abbattute?

L’Ospedale di Alessandria da tempo è un centro di eccellenza per molte discipline, come la Cardiochirurgia, la Neurochirurgia, la cura dei mesoteliomi e dei tumori rari ecc. E questo ben prima che diventasse colonia di primariati da parte dell’Università. L’idea che avere una direzione universitaria incrementi la qualità delle prestazioni non ha alcuna evidenza. È frutto di un preconcetto, di un pregiudizio. Grave, peraltro.

Nessun dato avvalora questa idea. Non i tempi d’attesa, non gli esiti, non i tassi di complicanze, di re-ricoveri, di mortalità. Trasformare l’Ospedale in Azienda Universitaria, e mettere i professori a dirigere i reparti, rischia di mortificare la carriera dei medici, che così vedono dei colleghi universitari arrivare da fuori e occupare i posti di direzione. Infine, la presenza di specializzandi sarebbe, non ci stanchiamo di dirlo, già possibile con il Decreto Calabria e lo sarebbe ancora di più se la Regione sostenesse con noi, ai ministeri competenti, la richiesta di trasformare gli ospedali in teaching hospital, luoghi dove si impara a fare assistenza. Perché noi ospedalieri sappiamo insegnare, e in alcune occasioni già lo facciamo. Lasciando, quello sì, la ricerca e l’insegnamento teorico all’Università. Viste le numerose dimissioni spontanee dei medici, che cercano altrove la soddisfazione professionale che spesso non trovano in ospedale, le iniziative da mettere in atto sarebbero ben altre.

Invece, ben altri sono gli interessi.

 Dott.ssa Chiara Rivetti

Segretaria Regionale Anaao Assomed Piemonte