Nell’ottobre 2020, si è diffusa in tutto il mondo la notizia che un tribunale greco aveva condannato membri di spicco del partito neofascista Alba Dorata per aver gestito un’organizzazione criminale. Il processo, che alla fine ha sciolto la principale organizzazione neonazista greca con 18 membri al parlamento ellenico fino al 2019, era stato avviato nel 2014 ed è durato cinque anni e mezzo. Ha segnato il culmine di un iter iniziato dopo che uno squadrone della morte legato al partito aveva assassinato l’artista hip-hop antifascista Pavlos Fyssas il 18 settembre 2013.

La sentenza è stata pronunciata mentre decine di migliaia di persone manifestavano fuori dall’edificio della Corte d’Appello, in trepidante attesa della sua decisione. Nel momento in cui è stata pronunziata attraverso un altoparlante, un grido combinato di giubilo si è alzato dal viale Alexandras verso il cielo sopra Atene.

Eppure quest’anno, i leader di Alba Dorata sono ancora una volta davanti alla Corte d’Appello, poiché sia la difesa che l’accusa hanno invocato il loro diritto di appellarsi alla condanna. Sebbene non sia stato pronunciato nessun verdetto, le prospettive non sembrano promettenti per i delinquenti neonazisti della Grecia.

L’ascesa resistibile di Alba Dorata

L’ascesa di Alba Dorata dalla marginalità politica iniziò nel 2012. A quel tempo, la Grecia era in preda a una crisi del debito sovrano e sottoposta alle politiche di austerità imposte dal famigerato “memorandum d’intesa” con le istituzioni della Troika europea.

Prima dell’ascesa del partito, un altro partito di estrema destra, il LAOS, aveva eletto 15 deputati dopo aver raggiunto il 5,63% alle elezioni del 2009 — le prime dopo l’inizio della crisi economica. Due anni dopo, nel novembre 2011, il governo centrista guidato da George Papandreou del PASOK si sciolse, incapace di sopportare la pressione e i costi politici delle misure imposte dalla Troika. Poco dopo, e senza tenere elezioni, emerse un governo di coalizione guidato dall’ex governatore della Banca di Grecia, Lucas Papademos, e sostenuto dal PASOK, dal partito conservatore tradizionale Nuova Democrazia e dal LAOS.

Il governo di Papademos annunciò nuove elezioni per il maggio 2012. Nuova Democrazia, guidata da Antonis Samaras, emerse vittoriosa con il 18,85% dei voti a sostegno di una campagna segnata da promesse di resistenza all’austerità e impregnata di acuta retorica anti-immigrati. Il PASOK perse gran parte della sua base elettorale e finì al terzo posto con il 13,18%. Syriza, che fino a quel momento era stata un’alleanza di piccoli partiti della Sinistra post-comunista, avanzò al secondo posto con il 16,78%, mentre il suo futuro partner di coalizione, i Greci Indipendenti (ANEL), un partito di destra populista con alcune inclinazioni di estrema destra, ricevette il 10,62% e si assicurò 33 deputati.

Ma la più grande notizia di quelle elezioni fu l’emergere di Alba Dorata come forza nazionale. Per la prima volta, il partito neonazista entrò in parlamento con il 6,97% dei voti e 21 deputati. Sarebbe rimasto lì per i sette anni successivi.

La frammentazione dei risultati elettorali rese impossibile a qualsiasi partito formare un governo, e il parlamento fu presto sciolto, con nuove elezioni previste per il mese successivo. Questa volta, Nuova Democrazia incrementò il suo precedente successo, e di conseguenza, un nuovo governo guidato da Nuova Democrazia emerse con Antonis Samaras come primo ministro, supportato da PASOK e Dimar, una piccola forza di centro-sinistra che si era separata da Syriza.

I risultati di giugno di Alba Dorata furono simili a quelli di maggio, con il 6,92%, e il partito mantenne i suoi 18 seggi. I suoi risultati rimasero stabili nelle successive elezioni tenutesi a gennaio e settembre 2015.

Fascista fino al midollo

Alba Dorata non è mai stata solo l’ennesimo partito di “estrema destra”. Fin dall’inizio, è stata un’organizzazione chiaramente neonazista strutturata secondo le credenze e i progetti nazionalsocialisti del suo fondatore e leader per tutta la vita, Nikolaos Michaloliakos. Il gruppo si è ispirato al partito nazista di Adolf Hitler, di cui ha regolarmente evocato la storia e le tradizioni. Anche dopo il 2009, quando il partito cominciò a diminuire le aperte dimostrazioni della svastica e a privilegiare il blu e il bianco della bandiera greca rispetto al tradizionale rosso, bianco e nero dei nazisti, Alba Dorata continuò a descrivere la sua ideologia come “nazionalismo sociale”, cioè una variante contemporanea del nazionalsocialismo classico.

La struttura interna di Alba Dorata rispecchiava anche quella dei nazisti storici. Le formazioni locali più piccole sono chiamate cellule (equivalenti agli Zellen tedeschi) con un “capo cellula” come comandante. Direttamente sopra di loro ci sono le filiali locali (Ortsgruppen) guidate da un “segretario”, le quali sono a loro volta sotto l’autorità delle regioni (Gaue), guidate da uno dei “capi distrettuali” di Alba Dorata, tutti nominati al parlamento a partire dal 2012.

Alba Dorata gestiva anche un programma di ammissione e iniziazione per le nuove reclute. I candidati venivano stati registrati come “membri in prova” e attraversavano un periodo di “indottrinamento ideologico” che includeva anche la formazione nelle tattiche dell’organizzazione e un’iniziazione alle idee metafisiche dell’ideologia nazista, attingendo pesantemente dalle nozioni di razza, storicamente incarnate nella nazione e manifestate nella figura del leader. I membri in prova si diplomavano con una cerimonia di inaugurazione chiusa tenuta alla presenza di Michaloliakos e di altri funzionari di spicco, con discorsi, disciplina militare e saluti nazisti.

I “capi distrettuali” di Alba Dorata hanno organizzato le cellule selezionando i capi cellula, come esemplificato da Giannis Lagos, uno dei supervisori più diligenti delle cellule e delle filiali locali, responsabile del distretto del Pireo e dei comuni limitrofi. Essi hanno trasmesso il quadro ideologico e strategico dell’organizzazione dal leader verso gli altri associati e hanno autorizzato “azioni” (inclusi assalti violenti) a seguito di consultazioni con lui.

Attraverso questo modello, l’organizzazione si è assicurata un controllo efficiente delle squadre locali, riuscendo anche a esentare il leader supremo dalla responsabilità per gli attacchi diretti. Ciò è stato utile in quanto era prassi standard di Michaloliakos negare gli assalti violenti dell’organizzazione e attribuirli a “persone sconosciute” o, quando i membri venivano arrestati, affermare che avevano agito in modo indipendente. Questa organizzazione è cresciuta significativamente dopo il 2009, quando Alba Dorata ha iniziato a espandersi in aree in cui in precedenza non aveva alcuna presenza.

Alba Dorata va all’offensiva

Ovviamente, una fazione di estrema destra, con un’ideologia e un’agenda decisamente neonaziste, non passa semplicemente dallo 0,46% delle elezioni europee del 2009 a quasi il 7% e 18 deputati pochi anni dopo. Chiaramente, dietro la sua ascesa deve esserci stata una sorta di strategia più profonda. Ma, concretamente, com’è stata?

In effetti, l’impennata di notorietà di Alba Dorata è iniziata nel 2010 con il successo delle elezioni municipali di Atene. La lista elettorale del partito vinse col 5,29% o 10.222 voti, proiettando Nikos Michaloliakos nel consiglio comunale.

A partire dal 2009, Alba Dorata iniziò a mettere in atto una “strategia della tensione”, avendo scelto il quartiere di Agios Panteleimonas ad Atene come principale palcoscenico per la sua attività. Lì, collaborarono con gli attivisti locali adiacenti a Nuova Democrazia e LAOS nella fondazione di “comitati di residenti” per colpire i migranti nella zona. In questo modo, il partito riuscì ad attirare l’attenzione dei media, con i suoi leader che si finsero membri dei comitati di residenti, mentre allo stesso tempo, col favore delle tenebre e con la cooperazione della polizia locale, organizzarono attacchi per le strade, nei negozi o anche nelle case dei migranti.

La cooperazione tra gli squadroni della morte di Alba Dorata e la polizia non si limitò al livello locale. Anche prima del 2012, i membri di Alba Dorata e le unità antisommossa della polizia, che collaborarono agli attacchi contro i manifestanti di sinistra o gli anarchici, erano stati ripresi numerose volte. È significativo che, anche dopo l’assassinio di Pavlos Fyssas e la diffusa attenzione dedicata all’orientamento neonazista di Alba Dorata, oltre la metà delle forze di polizia greche votò per il partito nelle elezioni di maggio 2014.

L’accresciuto profilo pubblico di Alba Dorata fornì all’organizzazione un flusso costante di nuove reclute e nuovi fondi parlamentari per approfondire le sue attività. I membri della direzione esecutiva del partito, ora eletti come parlamentari, donarono gran parte dei loro stipendi, assumendo anche altri funzionari di Alba Dorata come personale parlamentare.

L’improvviso aumento delle attività dell’organizzazione, combinato con il suo ormai indiscusso dominio del campo politico di estrema destra, diede a Michaloliakos e ai suoi seguaci un senso di onnipotenza. Gli attacchi di Alba Dorata aumentarono drasticamente dopo il 2012.

In quel clima, i membri della cellula di Perama, un quartiere di Atene, decisero di attaccare una casa dove vivevano alcuni pescatori egiziani, picchiando uno di loro, Abuzeid Ebarak, lasciandolo privo di sensi e a morire. Nel gennaio 2013, due membri di Alba Dorata andarono a “caccia notturna” con coltelli da tasca e uccisero l’operaio pakistano Shehzad Luqman nel distretto di Petralona. Nel settembre 2013, in un’azione concertata, le filiali di Alba Dorata di Nikaia e Perama tesero un’imboscata ai sindacalisti affiliati al Partito Comunista, picchiandoli con assi di legno chiodate. Pochi giorni dopo, il ramo di Alba Dorata a Nikaia si mosse in modo organizzato per assaltare e pugnalare a morte Pavlos Fyssas per aver osato parlare contro la loro presenza.

La risposta tardiva dell’accusa

Il governo di Samaras, che governò la Grecia dal 2012 al 2015, coltivò relazioni cordiali con Alba Dorata. L’assistente di Samaras, Panagiotis Baltakos, parlò regolarmente con i deputati di Alba Dorata riguardo progetti di legge “di interesse comune”, come la creazione di ulteriori ostacoli per far ottenere la cittadinanza ai figli di migranti nati e cresciuti in Grecia.

Di conseguenza, le autorità greche non mossero un dito contro gli assalti e gli omicidi di Alba Dorata. Ma dopo che Fyssas, un uomo greco bianco, fu assassinato e dopo che le crescenti manifestazioni antifasciste continuavano ad aumentare la pressione politica sul governo, il primo ministro pronunciò un discorso televisivo e il ministro per la Protezione dei cittadini, capo politico delle forze di polizia, tirò fuori da un cassetto 30 fascicoli che elencavano gli attacchi di Alba Dorata e li inviò al pubblico ministero. Non ha mai spiegato perché questo non fosse successo prima.

Le prove erano schiaccianti. Tuttavia, il procuratore in carica, Isidoros Dogiakos, anche lui allineato con Nuova Democrazia, non ha accusato Alba Dorata come organizzazione terroristica, ma invece ha accusato i suoi principali funzionari di essere membri di un’organizzazione criminale.

Nel 2014 Nuova Democrazia tentò effettivamente di cambiare la legge pertinente, in modo che i gruppi potessero essere accusati come organizzazioni criminali solo se è compreso un movente finanziario — una mossa che avrebbe automaticamente annullato le accuse contro gli alti dirigenti di Alba Dorata. Il governo alla fine si rifiutò di procedere con il cambiamento, in quanto ciò aveva suscitato una protesta anche all’interno del PASOK, membro della coalizione.

Il fascicolo del procuratore conteneva un’enorme quantità di prove: terabyte di dati contenenti documenti, metadati delle chiamate, messaggi, contenuti confiscati ai computer dell’organizzazione (documenti interni, foto, video), telefonate intercettate (alcune dal servizio di intelligence nazionale e alcune dalla polizia), nonché molto materiale che Alba Dorata stessa aveva pubblicato per anni su Internet e nelle proprie riviste, convinta di non venire mai perseguita.

Il processo

Il processo è iniziato il 20 aprile 2015, con tre giudici e due sostituti, il procuratore e il suo sostituto, 68 imputati, oltre 50 avvocati difensori e 12 avvocati che rappresentavano le vittime per sostenere l’accusa. In totale, ci sono voluti 467 giorni di udienze, un processo che si è concluso il 22 ottobre 2020. Oltre 130 testimoni hanno testimoniato mentre un anno intero si è reso necessario per leggere, ascoltare ed esporre le prove in aula.

La condanna è stata annunciata il 7 ottobre 2020. La corte ha giudicato Nikolaos Michaloliakos e altri sei alti funzionari di Alba Dorata colpevoli di “dirigere le attività di un’organizzazione criminale” e altri 43 membri di “partecipare a un’organizzazione criminale”. Alcuni di loro avevano preso parte a tutti e tre gli assalti contro il Partito Comunista, i pescatori egiziani e Fyssas, mentre altri erano già stati condannati per altre aggressioni in altre aule di tribunale.

Secondo il ragionamento della corte, l’elemento più importante che ha portato alla condanna è stata l’identificazione della struttura gerarchica dell’organizzazione come descritto sopra e, come derivato dalle prove, il ruolo del leader supremo e dei membri a seconda della loro posizione nella gerarchia, e la motivazione dietro i loro crimini — vale a dire, la loro ideologia esplicitamente neonazista.

Le ricadute politiche e l’appello

Il processo si è rivelato devastante per Alba Dorata, ma poiché si è trattato di un procedimento penale contro imputati specifici, piuttosto che di un processo politico incentrato sul partito nel suo complesso, Alba Dorata in quanto tale non poté essere messo fuori legge dalla corte. Inoltre, la Grecia non dispone di un apparato statale in grado di mettere definitivamente al bando un partito politico, poiché la costituzione del Paese (un prodotto del consenso democratico dopo lo sgretolamento della giunta militare nel 1974) è stata scritta in un momento in cui erano ancora freschi i ricordi dello Stato greco di destra che metteva al bando il Partito Comunista e altre organizzazioni di sinistra. Tuttavia, il processo ha sancito la delegittimazione di Alba Dorata come forza politica agli occhi dell’opinione pubblica, indebolendo decisamente una delle organizzazioni neofasciste più antiche e pericolose del Paese.

Vale la pena notare che parti dell’apparato statale hanno cercato di alleggerire il processo e la punizione di Alba Dorata. Il fascismo, dopo tutto, non è un problema politico che può essere risolto dalle sentenze dei tribunali solo nei casi penali. Tuttavia, il processo fornisce strumenti per il movimento antifascista, utilizzabili in un contesto più ampio.

Ora la posta in gioco nell’appello di Alba Dorata è l’eventuale conferma della condanna iniziale. I testimoni sono stati chiamati a testimoniare ancora una volta; gli avvocati a sostegno dell’accusa, che hanno combattuto estenuanti battaglie negli ultimi nove anni sia prima che durante il processo, sono stati chiamati a riprendere il loro lavoro per i prossimi tre anni, se non di più; mentre i cinque giudici della Corte d’Appello devono riesaminare la condanna pronunciata dai loro tre colleghi.

L’appello di Alba Dorata inizia con una posizione significativamente peggiore per l’organizzazione rispetto al 2015: si è spezzata in tre, poiché i condannati Lagos e Kassidiaris hanno lasciato il partito di Michaloliakos e hanno fondato i propri gruppi, Elasyn e Greci per la Patria. Di conseguenza, gli imputati non hanno una strategia comune e spesso si rivoltano l’uno contro l’altro.

I leader incarcerati hanno tutti perso il loro status di parlamentari, ad eccezione di Lagos, che rimane un eurodeputato nonostante stia attualmente scontando la sua pena in carcere. Ciò, a sua volta, significa che non hanno più accesso a risorse significative del bilancio dello Stato e non possono più pagare gli eserciti di avvocati (molti dei quali membri di Alba Dorata) che li hanno difesi in tribunale la prima volta.

I mass media, che hanno giocato un ruolo importante nell’ascesa di Alba Dorata dal 2009 al 2012 descrivendo i neonazisti come cittadini onesti e spesso anche come bei patrioti greci, hanno cambiato musica sotto la pressione della condanna. I loro ex sostenitori politici e alleati mantengono le distanze, se non da tutti i condannati, almeno da Michaloliakos e da coloro che gli rimangono fedeli.

Il procuratore ha anche presentato un ricorso “a causa delle brevi pene” inflitte a coloro che dirigono l’organizzazione criminale, rendendo più probabile che gli avvocati a sostegno dell’accusa otterranno la pena massima. Questo non può essere considerato ingiusto per un’organizzazione terroristica neonazista che ha operato quasi con impunità per quattro decenni.

Loukas Stamellos riferisce di procedimenti penali contro l’organizzazione neonazista greca. È co-fondatore del collettivo greco OmniaTV. Tradotto dal greco all’inglese da Danai Kapranou.

Traduzione dall’inglese di Filomena Santoro. Revisione di Mariasole Cailotto.

 

L’articolo originale può essere letto qui