Sosteniamo la petizione lanciata da Eva Di Stefano avverso il progetto del Governo regionale siciliano di realizzare un Museo del Liberty con la riedificazione rievocativa nell’area che fu della “Villa Deliella”. In alternativa, per la meritoria e necessaria costituzione di un presidio museale dedicato al Liberty palermitano, si propone quale sede naturale – internazionalmente riconosciuta quale capolavoro basiliano – il “Villino Ida”. Unitamente al testo redatto dall’autorevole storica dell’arte, Eva Di Stefano (Presidente dell’Osservatorio Outsider Art , già docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Palermo), pubblichiamo un abstract specifico dal libro “La Buona ventura”, scritto dalla nostra redattrice Ketty Giannilivigni, in cui ci si sofferma sulla vicenda di “Villa Deliella”

 

Noi sottoscritti firmatari,
in relazione al progetto regionale di realizzare il Museo del Liberty nell’area di Villa Deliella, proditoriamente demolita durante il sacco di Palermo, esprimiamo il nostro completo disaccordo.

Non ci sembra infatti la modalità più consona per risanare una ferita infliggerne una nuova, perché tale sarebbe investire in una nuova costruzione a fronte di un patrimonio di edifici da recuperare e più adatti allo scopo.
La sede naturale del Museo del Liberty esiste già in via Siracusa, angolo via Villafranca: è il Villino Ida, edificio progettato da Ernesto Basile e sua dimora, capolavoro del Liberty palermitano e internazionale, e nelle sue geometrie vicino ai modelli della Secessione viennese, uno dei rari esempi rimasti in città. Trascurato, adibito impropriamente negli anni a uffici della Soprintendenza, anziché essere valorizzato esponendovi i disegni, i progetti, i mobili e tutto il mondo legato alla vita familiare e lavorativa del Basile nel suo contesto originario, miracolosamente scampato alla distruzione.

La corrispondenza tra contenitore e contenuto ne farebbe un museo-manifesto non solo di uno stile architettonico, ma anche della volontà collettiva di riparare a un passato demolitore non perpetuando l’errore di cancellare ciò che di prezioso ancora esiste. Senza contare il maggior fascino per i visitatori di una storica casa d’artista rispetto al contenitore neutro e tombale che si progetta nell’area della ex Villa Deliella.

Segnaliamo anche l’esistenza nelle immediate vicinanze di un altro edificio di proprietà regionale che andrebbe recuperato, Palazzo Florio in via Caltanissetta, il cui prospetto si affaccia sul viale della Libertà: edificato nel primissimo Novecento dall’imprenditore Salvatore Milìa e acquistato già nel 1906, come residenza privata, da Vincenzo Florio, è testimonianza parallela di una vicenda storica e familiare connessa al periodo, dove potrebbero essere allestite altre collezioni e testimonianze qualora lo spazio del Villino Ida si rivelasse insufficiente. In questo modo si potrebbe creare un percorso virtuoso di documentazione “reale” della storia urbana di Palermo, riutilizzando ciò che già esiste e ha una storia, invece di lasciar perdere ancora e di nuovo i gioielli architettonici palermitani sopravvissuti.

In virtù di quanto espresso,

CHIEDIAMO

un ripensamento sulle modalità di riqualificazione dell’area della ex Villa Deliella (potrebbe, per esempio, divenire una traccia di archeologia urbana legata alle vicende del sacco, vetrificando semplicemente dall’alto il piano interrato superstite in grado di accogliere, suggestivamente, il pubblico visitatore) e, per l’appunto, una più consona e meno dispendiosa localizzazione del museo del Liberty presso le sedi naturali già esistenti di cui è ricca la città di Palermo e tra cui si mostra primariamente funzionale il Villino Ida, manifesto dello stile unico di Ernesto Basile.

 

[…] Mi accorgo di essere arrivata al quadrivio delle Croci, alla mia destra un tempo faceva da fondale architettonico alla strada la splendida Villa Deliella, fino al fatidico 1959 – dieci anni prima del furto del Caravaggio – quando l’edificio, che era stato progettato da Ernesto Basile, venne abbattuto in una notte, sotto gli occhi di tutti, prima del varo di una legge sui beni architettonici che avrebbe scongiurato lo scempio del monumento. Da qualche anno e a più riprese, assistiamo al dibattito relativo alla riqualificazione dell’area dove sorgeva la Villa. C’è chi propone di ripristinare – disegni alla mano di Basile – l’edificio Liberty e chi, invece, ritiene che sia assolutamente da aborrire l’idea di realizzare un falso storico. In ultimo, l’amministrazione pubblica pare abbia deciso di realizzare proprio qui un museo del Liberty. Io penso che il vuoto al posto di Villa Deliella debba essere ripensato come vuoto simbolico, lacuna che andrebbe ordinata e strutturata quale spazio pubblico, testimonianza del sacco di Palermo, squarcio tangibile nella città che induca alla riflessione le cittadine e i cittadini, oltreché le istituzioni, perché l’abbattimento di Villa Deliella è stato un furto alla collettività disattenta e per questo complice. Una premessa indispensabile per avviare una cittadinanza attiva, ovvero l’assunzione di responsabilità da parte degli abitanti della città nei confronti della salvaguardia della bellezza e della storia, anteponendo gli interessi della comunità a quelli personali. Un vuoto come spazio di meditazione, dunque, che per le stesse ragioni avrei lasciato dietro l’altare dell’Oratorio di San Lorenzo dove oggi campeggia una riproduzione fotografica della Natività che per quanto tenga l’illusione dell’opera di Caravaggio, nell’osservatore distratto, e ricostituisca l’unità compositiva e artistica del luogo, tuttavia per gli animi più sensibili rimane una pallida ombra dell’arte del grande Merisi e una cancellazione della storia. Perché non è stata una calamità naturale né una guerra a privarci di Villa Deliella come della Natività, bensì i desideri di singoli uomini e la distrazione e l’ignoranza dei tanti.

“La Buona ventura”, Edizioni Torri del Vento, 2020

si ringrazia l’editore

 

Firma la petizione su https://www.change.org/p