Aprire le porte di casa a persone sconosciute per far incontrare culture diverse: “Indovina chi viene a cena” è un’iniziativa che ha preso piede in tutt’Italia, dove persone straniere residenti sul territorio ospitano cittadini italiani per conoscersi e offrire loro una cena tradizionale. Non è un progetto gastronomico, bensì un momento di incontro dove il cibo diventa il mezzo per costruire nuove relazioni di vicinanza, sovvertendo l’idea di ospitalità e abbattendo le barriere culturali.

Aprire le porte e le cucine delle proprie case ai vicini di casa, per condividere e far conoscere usanze e sapori di terre lontane. In numerose città italiane si è diffuso il progetto “Indovina chi viene a cena?” che nasce dall’incontro fra la Rete Italiana di Cultura Popolare e alcune famiglie straniere che hanno sentito l’esigenza di promuovere l’inclusione attraverso la tavola.

L’obiettivo? Favorire lo scambio reciproco e abbattere barriere culturali creando convivialità, per costruire insieme un nuovo spazio di comunanza.  Sono famiglie, coppie, giovani stranieri normalmente considerati “ospiti” nel nostro paese, che questa volta invertono i ruoli, accogliendo e invitando a cena le persone che vivono sullo stesso territorio.

Condividendo un semplice pasto, si può partire per un viaggio meraviglioso: dal Marocco alla Cina, dalla Romania e dall’Argentina, dall’Afghanistan all’Etiopia, storie di vita, di terre e di persone da raccontare e condividere.

Si tratta di una cena familiare, un’esperienza di prossimità che abbatte quel muro di diffidenza verso una cultura diversa. E proprio a tavola, intorno a un tavolo, accade qualcosa di magicamente normale: si parla di figli, di scuola, lavoro, di cinema e musica, scoprendosi talmente simili che, alla fine, si diventa amici e si continua a frequentarsi anche dopo.

Il progetto, ideato e realizzato con Fondazione CRT, dal 2012 è diventato permanente, prevedendo una programmazione annuale e sviluppandosi in maniera diffusa sul territorio nazionale, da nord a sud, con una partecipazione di circa 4.000 persone e l’adesione di oltre 120 famiglie. Oggi coinvolge circa 90 Comuni italiani, grazie ad associazioni, cooperative e diverse organizzazioni locali.

Una di queste è proprio la Cooperativa Alice di Alba, in provincia di Cuneo, che sta contribuendo a sviluppare processi culturali sul territorio, proprio come ci racconta Alessia Mottura, operatore dell’integrazione sociale all’interno della cooperativa.

«Abbiamo aderito a quest’iniziativa lavorando nello specifico con ragazzi rifugiati, nell’ambito del progetto ministeriale di accoglienza SIPROIMI (Sistema di Protezione per Rifugiati e Minori Stranieri non accompagnati). Sono giovani provenienti da diverse parti dell’Africa nord-occidentale, ma anche Pakistan, Afganistan o Bangladesh. L’obiettivo è cercare di coinvolgerli in quanto persone residenti da tempo sul territorio che fanno fatica a creare delle nuove relazioni».

Ad Alba e Bra la cooperativa organizza le serate a cui stanno partecipando sempre più residenti di diverse età, ma accomunate dalla stessa curiosità e dalla voglia di conoscersi. Così, mangiando e gustando piatti tipici della tradizione culinaria di diversi paesi d’origine, diventa facile creare delle relazioni di vicinanza perché conoscere le persone dal vivo fa sempre la differenza, abbattendo stereotipi e preconcetti.

Come ci spiega Alessia, «Il funzionamento è molto semplice: una volta comunicate le date delle cene, le persone possono prenotarsi e verrà comunicato loro esclusivamente il luogo di incontro. La cena è a carico dell’appartamento che ospita, noi supportiamo i ragazzi nell’organizzazione, nella preparazione del cibo e nel seguire le norme di sicurezza».

Il progetto rappresenta l’occasione, per molte persone provenienti da paesi e contesti geografici diversi, di non essere considerate come “vittime” o “in difficoltà” e contribuisce a mettere persone di culture diverse sullo stesso piano. «Siamo molto soddisfatti di notare che spesso ci arrivano più richieste di quelle che riusciamo a soddisfare. Per noi è un segno positivo, che ci dimostra che è tanta la voglia di conoscersi e creare rapporti al di là delle cene che organizziamo».

Anche quest’anno il progetto sarebbe dovuto partito nel mese di febbraio, ma causa dell’emergenza sanitaria è stato sospeso, con la speranza di poter ripartire e proporre nuove occasioni di incontro con il territorio.

Come ci racconta Alessia, «Non è stato facile, in questi mesi, portare avanti il progetto SIPROIMI con le persone in accoglienza in quando è venuta a mancare la possibilità di incontrarsi personalmente e stabilire una relazione diretta. Abbiamo però sviluppato strategie per mantenere attivi i canali di comunicazione, di monitoraggio e di svago per gli ospiti che, oltre alla fatica di vivere le restrizioni, hanno anche patito l’interruzione dei tirocini e del lavoro, al pari di tanti cittadini italiani».

La cooperativa ha cercato di affrontare al meglio e insieme la crisi attraverso videochiamate, incontri di formazione e informazione online, supporto psicologico e distribuzione di dispositivi di protezione. «Sicuramente abbiamo tutti sentito la mancanza delle relazioni umane e proprio questa esperienza ci ha insegnato quanto siano fondamentali – ci spiega Alessia. – Con tutte le precauzioni del caso, non vediamo l’ora di poter tornare a creare occasioni di incontro con il territorio».

Per rimanere informati sul progetto “Indovina chi viene a Cena” è possibile consultare la pagina fb della cooperativa.

L’articolo originale può essere letto qui