di Roberto Savio *

Roma, 22 ottobre 2014 – La nuova Commissione europea assomiglia più ad un esperimento per bilanciare forze opposte che ad una istituzione gestita da qualche tipo di governance. Probabilmente finirà col restare paralizzata dai propri conflitti interni, l’ultima cosa di cui ha bisogno.

 

Durante la Commissione presieduta da José Manuel Barroso (2004-2014), l’Europa è diventata sempre più marginale sulla scena internazionale,  restando impantanata nelle divisioni  interne tra Nord e Sud.

 

Stiamo tornando indietro di quasi cinque secoli, al tempo della Guerra dei Trent’anni  tra cattolici e protestanti. I cattolici sono considerati spendaccioni dissoluti, mentre c’ è un approccio morale all’economia da parte dei protestanti.

 

Il “peccato” del debito

 

I tedeschi, ad esempio, hanno trasformato il debito in un “peccato” finanziario. La grande maggioranza dei tedeschi sostiene la posizione del  governo che fa del sacrificio fiscale  l’unica via di salvezza, e l’incombente crisi economica non farà che rafforzare questa sensazione. Di conseguenza, la gestione della crisi da parte della UE ha ampiamente spinto l’Europa ai margini dello scenario mondiale.

 

E ‘un mistero il motivo per cui l’Europa spinge la Russia ad una alleanza strutturale con la Cina e, in un momento così fragile, infligge a se stessa  potenziali perdite su commercio e investimenti che potrebbero raggiungere i 40 miliardi di euro il prossimo anno grazie ai rapporti con la Russia.

 

L’ultimo numero della prestigiosa rivista Foreign Affairs  – la bibbia della elite americana – riporta un lungo e dettagliato articolo su “Perché  la crisi Ucraina è colpa dell’Occidente” del professore di Chicago John J. Mearsheimer.

 

Mearsheimer, documenta come l’offerta fatta all’Ucraina di aderire alla NATO sia stata l’ultima di una serie di misure ostili che ha spinto il presidente russo Vladimir Putin a fermare un chiaro processo di invasione.

Il professore si chiede se tutto questo non fosse in realtà negli interessi a lungo termine degli Stati Uniti, ad eccezione di alcuni cerchi ristretti, e perché l’Europa abbia seguito tale cammino . Ma la politica ha ormai si pone solamente orizzonti a breve termine, e le priorità sono sempre più condizionate da questo tipo di approccio.

Ridurre i bilanci di cooperazione internazionale

Un buon esempio è come gli stati europei (con l’eccezione dei paesi nordici), abbiano tagliato i budget per la cooperazione internazionale. Spagna, Italia, Portogallo e –  naturalmente – la Grecia hanno praticamente eliminato dai bilanci  i finanziamenti per la cooperazione internazioanle e anche Francia, Belgio e Austria stanno seguendo l’esempio.

Nel frattempo la Cina sta investendo massicciamente in Africa, America Latina e, naturalmente, in Asia, dove il termine ‘cooperazione’ non è certo il più appropriato.

Ma il miglior esempio di incapacità dell’Europa di sintonizzarsi con la realtà è l’ultimo taglio al programma universitario Erasmus, che consente ogni anno a decine di migliaia di studenti di recarsi in un altro paese europeo. Si ignora il fatto che un milione di bambini sono il frutto di coppie che si incontrano proprio durante l’ Erasmus e che questo programma è stato tagliato in un momento in cui i partiti anti-europei spuntano ovunque?

In realtà, l’istruzione – e in particolare la cultura (e l’ assistenza sanitaria) – subiscono tagli continui. Del resto Giulio Tremonti, Ministro delle Finanze del governo Berlusconi, aveva pronunciato la tristemente nota frase “non si mangia con la cultura”.

 

Europa del nord… Europa del sud

 

Il budget pro capite destinato alla cultura in Europa meridionale è oggi un settimo rispetto a quello del nord Europa. L’ Italia, che secondo l’UNESCO detiene il 50 per cento del patrimonio culturale europeo, ha appena deciso nel suo ultimo bilancio di aprire 100 posti di lavoro nel campo archeologico, con uno stipendio mensile lordo di € 430. Nel mercato di oggi, questa è la metà di quello che una cameriera riceve per 20 ore di lavoro a settimana.

 

I politici italiani non lo dicono esplicitamente, ma evidentemente credono un patrimonio così ricco non ha alcuna necessità di ulteriori investimenti. E in ogni caso i turisti continuano ad arrivare. Il budget a disposizione per tutti i musei italiani è vicino al quello del solo Metropolitan Museum di New York … nel mondo reale, equivale a mostrare il corpo mummificato della tua bisnonna al prezzo di un biglietto!

 

Congelamento delle risorse per la cultura

 

E lecito dire che, in un momento di crisi, le risorse economiche per la cultura possono essere congelate per far fronte a bisogni più urgenti. Ma non c’è necessità più urgente di mantenere il ruolo dell’Europa nel contesto della concorrenza internazionale, al fine di garantire un futuro ai propri cittadini. E tuttavia, anche i finanziamenti a ricerca e  sviluppo, essenziali per restare in corsa, vengono  tagliati di anno in anno.

 

Vediamo la situazione dal 2009. La Spagna ha ridotto gli investimenti in R&S del 40 per cento, che ha portato ad una riduzione del 40% nel finanziamento ai progetti e di un 30% di tagli alle risorse umane. Le Università italiane hanno assistito ad un taglio complessivo del 20% della spesa, il ché ha comportato una riduzione del 80% nelle assunzioni e del 100% nel finanziamento a progetti, mentre il 40% dei corsi di dottorato sono scomparsi.

 

La Francia ha bloccato le assunzioni nei centri di ricerca per un 25% e nelle università per un 20%. Inoltre, meno del 10% dei progetti riceve un finanziamento perché i fondi non sono più disponibili.

 

La Grecia ha tagliato il budget per centri di ricerca e università del 50% dal 2011 e ha congelato le assunzioni di nuovi ricercatori.

 

Nello stesso periodo anche in Portogallo, università e centri di ricerca hanno subito un taglio del 50%, il numero di borse di studio per dottorati di ricerca è stato ridotto del 40% e del 65% per i corsi post-dottorato.

 

E ‘importante ricordare che l’Agenda di Lisbona, il programma d’azione per l’occupazione e la crescita adottato nel 2000, mira a trasformare l’Unione Europea ” nell’economia più competitiva e dinamica del mondo basata sulla conoscenza, capace di una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale “entro il 2010. Non solo la maggior parte degli obiettivi non sono stati raggiunti entro il 2010, ma l’Europa continua a rallentare. L’Agenda di Lisbona aveva fissato il 3% del PIL destinato a Ricerca e Sviluppo,  ma l’Europa meridionale si attestaoggi a percentuali inferiori al 1,5%.

 

 

Si taglia il futuro dell’Europa nella corsa internazionale

 

Una notevole eccezione è il Regno Unito. L’attuale governo, che lavora in una forte sincronia con la City e con l’elettorato legato all’industria, ha finanziato con 6 miliardi di € il piano  “Strategia, Innovazione e Ricerca per la crescita”, piano che premia il settore privato.

In Cina il budget per Ricerca e Sviluppo è in costante aumento, esattamente il  3% del PIL (cioè quello che l’Agenda di Lisbona aveva fissato per l’Europa), ma si propone di raggiungere il 6% entro il 2020; in soli sette anni, la Cina è diventata il più grande produttore di l’energia solare, mandando in bancarotta diverse società statunitensi ed europee.

E’ davvero nell’interesse della Germania tagliare il futuro dell’Europa nella corsa internazionale ? O è che la politica sta perdendo di vista la visione di insieme, invece di guardare al bosco discute di quanti alberi tagliare, per raggiungere un compromesso tra cattolici e protestanti?

Stiamo facendo dell’ economia una scienza morale, il ché rende l’Europa un posto insolito.

 

* Roberto Savio è il co-fondatore ed ex direttore generale di Inter Press Service (IPS). Negli ultimi anni ha anche fondato Other News (www.other-news.info), un servizio che fornisce ‘informazioni che i mercati eliminano’. Roberto Savio: utopie@ips.org. http://www.robertosavio.info. L’autore ha autorizzato Human Wrongs Watch a ripubblicare il suo articolo.

Traduzione dall’inglese di Eleonora Albini