Che si creda o no nella democrazia rappresentativa, le prossime elezioni europee di maggio 2014 costituiscono un appuntamento importante. Vanno tenute in considerazione, non foss’altro che per contestarle.

Va detto che si tratta di uno scrutinio storicamente trascurato in generale in tutti i paesi e in particolar modo in Italia. A Strasburgo e Bruxelles i partiti nostrani hanno di solito guardato come una sorta di ripostiglio per gli arnesi in disuso, candidando politici non eletti nelle elezioni nazionali o personaggi come Iva Zanicchi, Magdi Allam ed Emanuele Filiberto di Savoia. La scarsa competenza di molti eurodeputati italiani ha comportato un peso quasi nullo degli interessi del Paese, di cui in molti casi sono state pagate le conseguenze.

Non è un caso che l’unico organo europeo scelto dalla popolazione europea, il Parlamento, abbia un’influenza molto relativa, in un’Europa che politicamente e democraticamente si è rivelata un progetto in sostanza fallito.Ad avere il pallino delle decisioni sono, con tutta evidenza, i grandi gruppi d’interessi economici e finanziari. Essi hanno di fatto un grande potere nel decidere i posti chiave negli organismi di governo come la Commissione Europea e nell’istituzione che decide la politica monetaria: la Banca Centrale Europea. Si tratta, in entrambi i casi, di consigli non eletti democraticamente.

Eppure sono stati proprio Commissione e Banca Centrale (unite nella cosiddetta Troika insieme al Fondo Monetario Internazionale) a decidere le politiche di austerità che stanno smembrando il tessuto sociale ed economico dell’Europa. Anche rispetto al severo controllo delle frontiere ed alle non-scelte internazionali, che generano i drammi legati alle migrazioni come gli innumerevoli morti nel Mediterraneo, le responsabilità dei burocrati europei sono decisive.

Osservando le istituzioni europee dal basso, un po’ dappertutto si sente la necessità di un ripensamento, e di una svolta. Nelle elezioni del 2014 alcune novità potrebbero offrire qualche chance di cambiamento: il Trattato di Lisbona impone, da questa tornata, che il presidente della Commissione Europea sia eletto dal Parlamento, su proposta del Consiglio europeo (che riunisce i capi di Stato o di governo dell’Unione) etenendo conto delle elezioni europee. Anche i commissari, corrispondenti quasi a dei “ministri” europei, dovranno godere della fiducia parlamentare (maggiori dettagli sugli speciali di Youth for Europe e di Esseblog).

Ogni gruppo politico dovrà dunque indicare, già dalla campagna elettorale, il proprio candidato alla presidenza di Commissione. Tra gli schieramenti alternativi all’austerity, al di là delle forze di destra populiste e xenofobe che mirano ad accrescere il loro consenso in tempi di crisi, al momento la Sinistra Europea ha deciso di candidare Alexis Tsipras, leader della coalizione greca Syriza, mentre i Verdi Europei stanno decidendo i due loro candidati (in rappresentanza della diversità di genere) attraverso primarie online aperte fino al 28 gennaio. In molti sono poi quelli che non vedono nel voto europeo di maggio grandi aperture democratiche, poiché, tra le molte contraddizioni, in molti casi i sistemi elettorali nazionali impongono forti limiti (in Italia, per esempio, avranno seggi solo le liste che superano lo sbarramento del 4%).

Il dibattito si fa già vivo e su queste colonne cercheremo di tenerlo presente. Anche se sembrano lontane, le decisioni prese in Europa sono strettamente legate alle storie che tutti i giorni abbiamo raccontato e riprenderemo a raccontare su First Line Press: dalla crisi degli sfratti in Spagna, alla strage di Lampedusa, alle privatizzazioni forzate in Grecia, agli scioperi in Portogallo etc. L’orientamento europeo su lavoro, uguaglianza, cultura, pace, rapporti col mondo e molto altro si decide in gran parte lì. Per cominciare, vi segnaliamo un’interessante riflessione di Toni Negri e Sandro Mezzadra per Euronomade.

Continuate a seguirci; dalla nostra “riapertura” del 20 gennaio in poi, ne saprete di più sulle europee.

Domenico Musella