Vediamo qualche dato, prima di tutto:

1) Nel dopoguerra, la quantità di denaro trattata da Wall Street rappresentava all’incirca il 15 per cento del PIL degli Stati Uniti. Nel 1975 è passata al 17 per cento, alla fine degli anni ‘ 80 è arrivata al 35 per cento e dieci anni più tardi ha raggiunto il 150 per cento del PIL degli Stati Uniti. Nel 2006, prima dello scoppio della bolla dei mutui subprime, aveva superato il 350 per cento. In altre parole, il denaro che circolava ogni anno alla borsa di New York era pari a tre volte e mezzo la ricchezza totale creata negli Stati Uniti nello stesso periodo.

2) Due terzi delle operazioni finanziarie di Wall Street sono effettuati da computer nel giro di pochi millesimi di secondo, senza alcun intervento umano. In Europa, queste operazioni di trading ad alta velocità rappresentano “solo” il 40 per cento di tutte le operazioni finanziarie.

3) Una singola banca privata (JPMorgan Chase) possiede derivati per un valore nozionale di circa 78 mila miliardi di dollari, una cifra superiore al PIL mondiale.

Questi sono solo alcuni dei tanti possibili esempi che dimostrano come la finanza abbia completamente perduto il proprio ruolo sociale di strumento al servizio dell’economia reale, e si sia invece trasformata in un gigantesco casinò. Un casinò che ci ha trascinati nella peggiore crisi mai vista in decenni. Paradossalmente, l’intera responsabilità e l’intero costo della crisi sono ora stati scaricati sulle spalle di cittadini e Stati che devono accettare piani di austerità e tagli della spesa pubblica per “ristabilire la fiducia dei mercati”. Come se non fosse questa finanza ipertrofica a dover cambiare rotta per riconquistare la nostra fiducia. Nuove regole, limiti e controlli sono assolutamente, urgentemente necessari.

Da anni, varie reti di organizzazioni civili stanno facendo pressione per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF). In pratica, la TTF sarebbe una tassa estremamente bassa – circa lo 0,05 per cento – su ogni transazione su strumenti finanziari. Un tasso così basso non scoraggerebbe gli investimenti “normali”, mentre gli speculatori che comprano e vendono titoli in millisecondi pagherebbero la tassa su ogni transazione. Più gli obiettivi sono a breve termine, più alta la tassa diventa, progressivamente.

Ma la TTF è ben lungi dall’essere la panacea per risolvere tutti i problemi della finanza. Ecco perché, parallelamente all’introduzione della FTT, nuove regole sono necessarie, in  modo da chiudere i paradisi fiscali, separare le banche commerciali dalle banche d’investimento, aumentare in modo sostanzioso la trasparenza dei mercati e così via. Detto questo, la tassazione delle operazioni finanziarie è uno strumento straordinariamente efficace per contrastare la speculazione, con enormi vantaggi per il sistema economico e la società nel suo complesso ed effetti trascurabili sui piccoli risparmiatori. Allo stesso tempo, i mercati finanziari sono così enormi che anche una tassa così minima produrrebbe decine di miliardi di euro di entrate fiscali ogni anno nella sola Europa. Entrate che potrebbero essere utilizzate per promuovere benessere e servizi pubblici, finanziare la cooperazione internazionale e, perché no, combattere le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Nonostante i ricorrenti dibattiti sulla necessità di applicare tale imposta su scala mondiale perché sia efficace, diversi studi e ricerche dimostrano che una tassa sulle transazioni finanziarie sarebbe perfettamente fattibile anche in un numero limitato di paesi. Dopo anni di campagne e anche in seguito all”impatto devastante della crisi finanziaria, l’Unione Europea ha finalmente fatto alcuni passi concreti verso la realizzazione di questa tassa. Nel 2012, il Parlamento europeo ha votato a grande maggioranza a favore della sua introduzione. Ciononostante, a causa dell’opposizione di alcuni paesi, in particolare il Regno Unito, è stato impossibile raggiungere un accordo unanime a livello europeo. L’Unione europea ha pertanto avviato una procedura di cooperazione forzata, in base alla quale, se un numero sufficiente di paesi decidono di attuare una regola comune, le istituzioni dell’UE possono procedere anche in assenza del consenso di tutti i suoi 27 Stati membri.

In ottobre 2012, con il supporto di una dozzina di nazioni europee tra cui Germania, Francia, Spagna e Italia, il Consiglio ECOFIN ha dato il via per l’apertura della procedura di cooperazione forzata e ha incaricato la Commissione Europea di pubblicare un progetto di direttiva.

Il progetto, pubblicato nel febbraio 2013, presenta diversi aspetti interessanti e segue molte delle raccomandazioni delle reti che stanno facendo pressioni per l’introduzione della TTF. L’imposta si applicherebbe a tutti gli strumenti finanziari, compresi i derivati, garantendo così una corretta lotta contro la speculazione e una base imponibile ampia. La tassazione dovrebbe essere basata sul principio della residenza (nazionalità della persona che effettua la transazione) e in base al principio di emissione (domicilio dell’emittente dei titoli soggetti a imposizione fiscale). Questo doppio approccio diminuirebbe drasticamente le possibilità di eludere la TTF spostandosi in giurisdizioni che non la applicano. Inoltre, le esenzioni dall’applicazione dell’imposta sono poche e limitate.

A detta della Commissione, uno dei principali obiettivi è quello di assicurarsi che le istituzioni finanziarie diano un contributo equo e sostanziale per coprire i costi della recente crisi. Andando ancora oltre, la Commissione insiste sulla necessità di stabilire un principio di equità per quanto riguarda la tassazione a cui altri settori produttivi sono già sottoposti. Essa mira anche a scoraggiare un modello finanziario che genera inefficienze e a prendere una misura complementare ad altre al momento in discussione per regolamentare la finanza.

Per riassumere, la proposta della Commissione è un passo importante nella giusta direzione, anche se il percorso è ancora lungo. Diverse volte in tempi recenti, lobby finanziarie si sono impegnate con forza per diluire e indebolire altre proposte di regolamentazione. Un segnale in questa direzione è arrivato dal Regno Unito, sostenuto dal Lussemburgo, che è arrivato persino a depositare una causa dinanzi alla Corte europea di giustizia contro la proposta della Commissione.

La cosa non è molto sorprendente, venendo da due paesi dove il settore finanziario svolge un ruolo enorme ed ha un’influenza altrettanto grande. Tuttavia, è in qualche modo più difficile da spiegare la posizione del governo italiano, che ha chiesto l’esclusione dei titoli di stato dalla base imponibile. C’è da dire che è abbastanza deludente costatare che, finora, la paura della reazione dei mercati finanziari l’ha avuta vinta nei confronti della necessità a lungo termine di evitare attacchi speculativi sui titoli di stato, quegli stessi a cui abbiamo assistito in diversi paesi europei, non ultima la stessa Italia.

Si deve rilevare che in parallelo al processo europeo, alcuni paesi dell’UE, in particolare Francia e Italia, hanno già introdotto le proprie proposte per una tassa sulle transazioni finanziarie. Tuttavia, queste misure sono molto parziali e deboli. Nella migliore delle ipotesi, possono essere considerate un primo passo verso l’applicazione di una vera e propria tassa sulle transazioni finanziarie, che potrebbe frenare la speculazione e ridurre l’instabilità dei mercati. Il progetto della Commissione è dunque una proposta molto più adatta a muoversi verso questi obiettivi. La discussione e l’approvazione ora dipende principalmente dal Consiglio europeo, cioè dai governi degli stati coinvolti.

Al di là dell’obiettivo di contrastare la speculazione o generare un reddito, una efficace TTF rappresenterebbe un segnale forte della volontà politica di controllare i mercati finanziari, e di non favorirli e compiacerli. Cosa anche più importante, sarebbe un importante passo avanti nel riportare la finanza al servizio dell’economia e della società anziché essere fine a sé stessa, solo un modo per fare i soldi da soldi nel modo più veloce possibile. I prossimi mesi ci diranno se l’Europa mostrerà infine la forza e il coraggio di inviare un segnale di questo tipo.

(1) Andrea Baranes è Presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, la fondazione culturale creata da Banca Etica; è inoltre il portavoce della campagna Sbilanciamoci! ed ex portavoce della campagna italiana per una tassa sulle operazioni finanziarie. Il suo ultimo libro è Finanza Per Indignati (Ponte alle Grazie, 2012).

L’articolo originale può essere trovato sul sito OpenDemocracy.net qui.

Traduzione dall’inglese di Giuseppina Vecchia