Secondo Oloyede, gli attentati di ieri e degli ultimi mesi nel nord a maggioranza musulmano non possono essere descritti come episodi di un conflitto religioso. “I rappresentanti della comunità islamica – sottolinea lo studioso – hanno tutti condannato il fanatismo di Boko Haram: perché i musulmani sono stati colpiti come e più degli altri e perché la fede non può in alcun modo giustificare violenze e assassinii”.

In un testo diffuso su internet, un presunto portavoce di Boko Haram ha rivendicato oggi l’uccisione di “numerosi cristiani ed esponenti delle forze dell’ordine” negli attentati contro le chiese di Kaduna e Zaria. Secondo l’ultimo bilancio pubblicato dal quotidiano The Vanguard, che cita fonti di polizia, le vittime delle esplosioni sarebbero 48 e i feriti 150.

Kaduna è la capitale di uno Stato del nord della Nigeria dove i musulmani sono maggioranza ma i cristiani sono componente essenziale del tessuto economico e sociale. In questa regione la convivenza tra le due grandi fedi del paese era già stata messa a dura prova dopo le elezioni dell’aprile 2011, quando scontri e rappresaglie tra fazioni avevano causato circa 600 vittime. Allora la scintilla era stata la conferma al vertice dello Stato di Goodluck Jonathan, un dirigente nato e cresciuto politicamente nel Sud petrolifero e a maggioranza cristiana della Nigeria. Le denunce di brogli da parte dei sostenitori di Muhammadu Buhari, un ex presidente originario del Nord, si erano intrecciate ai conflitti per il controllo delle poche risorse disponibili in una delle regioni più povere del paese.

Secondo Oloyede, sia la crisi elettorale che gli attentati degli ultimi mesi devono rafforzare nei nigeriani l’urgenza di un confronto pacifico nel rispetto delle diversità. “Il pluralismo culturale e religioso – sottolinea il segretario del Consiglio interreligioso – è la forza della Nigeria: ora più che mai dobbiamo unirci e riscoprire la voglia di lavorare insieme”.