Amedeo Postiglione, presidente dell’Icef – International Court of the Environment Foundation – riassume così alla MISNA la proposta della creazione di una Corte internazionale per i crimini ambientali, oggetto di un seminario ospitato oggi a Roma presso la Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini dal titolo “Il ruolo dell’Italia per Rio+20 e per il dopo Rio”.

Obiettivo dell’incontro, patrocinato da Roma Capitale, Ministero degli Affari Esteri e Ministero dell’Ambiente, è fare pressione sul governo italiano affinché si faccia portavoce della proposta di creare questo speciale tribunale nel corso della conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile in programma a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno (United Nations Conference on Sustainable Development-Uncds). Tra i relatori, in mattinata sono intervenuti monsignor Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Cuno Tarfusser, vice Presidente della Corte Penale Internazionale dell’Aia, Vittorio Prodi, europarlamentare, Paolo Soprano, vicepresidente del Comitato preparatorio Rio+20.

Fin dal primo Vertice della Terra (Earth Summit-Unced) che si tenne nella metropoli carioca nel 1992 sono state presentati progetti di riforma sul tema “ambiente e sviluppo” da parte del Parlamento Europeo e dell’Icef: le proposte della Fondazione sono due: la creazione di un organismo esecutivo per la tutela dell’ambiente al livello internazionale e di un organo giudiziario.

Il primo progetto ha già acquisito una valenza politica in vista di Rio+20: esiste infatti un orientamento a trasformare l’Unep, il Programma dell’Onu per l’ambiente, nato nel 1972, in Onue-Organizzazione delle Nazioni Unite per l’ambiente – un vero e proprio ente – come indicato in una risoluzione del 29 settembre scorso, con cui la proposta è stata recepita dal Parlamento e dalla Commissione Europea. Tuttavia, la Commissione Europea non ha recepito il secondo progetto su una Corte per l’ambiente: un ritardo “grave” lo definisce l’Icef, secondo cui la creazione della Corte è una garanzia anche per uno sviluppo economico libero, ma compatibile con l’ambiente. “La cosiddetta ‘green economy’ non può decollare senza un organo di garanzia internazionale” dice la Fondazione, proponendo che per il dopo Rio sia costituito un gruppo di lavoro a livello intergovernativo per approfondire la problematica preparando uno strumento politico ‘ad hoc’ per la nuova istituzione e uno statuto da approvare in un’apposita conferenza internazionale.