**Definizione**

Nel Dizionario del Nuovo Umanesimo, possiamo leggere la seguente definizione del termine
consenso: (dal lat. consentio: essere d’accordo). Accettazione unanime di tutti coloro che
appartengono a una corporazione o a un gruppo. Contratto formato dall’accordo delle parti.
L’identità di opinione intorno a un certo problema di interesse mutuo permette di intraprendere
un’azione comune. A qualunque livello rispetto agli apprezzamenti e alle azioni, il consenso è
necessario in qualsiasi tipo di relazione sociale. In un’ottica più ampia, il c. rappresenta il livello di
armonia e di solidarietà cosciente; il superamento dei conflitti, delle divergenze e dell’inimicizia.
Il c. rappresenta inoltre un modo per raggiungere l’obiettivo, è un impegno, un accordo, un
desiderio di comprensione mutua e la minimizzazione dei contrasti tra le parti. Nella sociologia
positivista il c. è stato interpretato come una forma di solidarietà concepita in modo razionale.
Il principio del c. o dell’umanità è largamente utilizzato nell’attività parlamentare e nella pratica
diplomatica. La realizzazione del principio del c. rende inutile il ricorso al voto e l’imposizione
dell’opinione da parte della maggioranza che ignora il punto di vista della minoranza. In questo
senso la modalità del c. rafforza la solidarietà umana in quanto prende in considerazione
l’esperienza e gli interessi legittimi di tutti e non di una parte della società. Non esiste il c.
completo ed assoluto, così come non sono possibili l’assimilazione e l’identificazione di tutti gli
interessi in gioco. Ogni c. è relativo e di solito di breve durata. Il c. per maggioranza formale è
in grado di discriminare gli interessi della minoranza. Il principio del c. rappresenta un modo
per evitare il ricorso al voto, esaurendo la discussione, allo scopo di risolvere le controversie e
rafforzare in questo modo lo spirito di cooperazione all’interno del gruppo. Non esiste processo
sociale che non includa diverse forme e livelli di c. Tanto più forte e consistente sarà il c., tanto più
armonioso si rivelerà lo sviluppo sociale. Oggigiorno in modo particolare, l’orientamento umanista
può rappresentare la forma più sana di c. sociale.

**Le condizioni previe al dialogo**

Il paradosso del consenso sta nel fatto che per giungere ad esso è necessario prima di ogni cosa
mettersi d’accordo sul meccanismo stesso, come forma di scambio per giungere a una decisione
condivisa; a questo scopo, è necessaria una posizione preventiva, nella quale la soluzione
dell’interesse comune diventa più importante della difesa del proprio punto di vista. Per questo
motivo è importante definire precedentemente l’interesse di quanto si dibatte e che la persona
conosca il contesto di quanto precedentemente dibattuto, o che abbia le stesse compresenze e lo
stesso livello di informazione sull’argomento trattato.

**Modus operandi**

Ecco, a titolo di esempio, una modalità operativa basata sulle esperienze delle assemblee del
movimento 15-M a Madrid. [Per maggiori dettagli] (http://madrid.tomalaplaza.net/2011/05/31/
guia-rapida-para-la-dinamizacion-de-asambleas-populares/ &; #61607)

• Vengono definite delle funzioni necessarie al servizio della totalità, in generale per auto-
imposizione, come: moderazione e dinamizzazione, turno di parola, facilitatore, interpreti
(linguaggio dei segni o altri) e responsabile degli atti; in caso di assemblee collettive, più
persone possono svolgere queste funzioni a rotazione. Non esiste la figura di un’autorità
superiore che regola le discussioni (in ogni caso la funzione moderatrice aiuta a gestire il
dibattito e a limitare gli interventi fuori tema) e dal punto di vista morfologico le persone
che rivestono le diverse funzioni possono essere dislocate in vari angoli dell’assemblea.

• L’argomento a dibattito viene presentato in modo chiaro; la sua esposizione è molto
importante per non lasciare spazio ad alcun dubbio; che si tratti di domanda chiusa o
aperta.

• Viene aperto il turno di parola. Generalmente viene definito un tempo per il turno e gli
interventi si prenotano per alzata di mano. La persona che si occupa dei turni di parola
prende nota e gestisce i diversi interventi con il moderatore.

• Di fronte a una certa posizione, il resto dei partecipanti esprime il proprio accordo,
disaccordo o dubbio; se qualcuno non è d’accordo, è invitato a parlare e a far valere
un’altra posizione rimessa nuovamente a dibattito; l’idea è quella di giungere a una
posizione integratrice.

• L’aspetto logistico riveste ampia importanza, dal momento che ciascuno degli interlocutori
deve poter essere udito in modo chiaro, attraverso un microfono o altro meccanismo
come nel caso di New York, o nel caso in cui non si abbia l’autorizzazione a utilizzare la
sonorizzazione, saranno le stesse persone dell’assemblea a fungere da altoparlante.

Il consenso non è questione di maggioranza numerica, né di una certa minoranza che
cede la propria posizione per le pressioni del gruppo. Prima di affrontare il problema,
generalmente, non esiste a priori una conclusione finale, ma piuttosto il contributo di
ciascuno che darà luogo a qualcosa di nuovo, una risposta della collettività; la tua proposta
si arricchisce della mia e non si tratta di cedere di fronte alle argomentazioni o alla
pressione numerica del gruppo, quanto piuttosto che con sincerità io cerchi di ascoltare
attivamente la tua proposta e ammorbidisca il mio punto di vista.

• Dal documento di dinamizzazione delle assemblee 15-M: Il pensiero collettivo si oppone
totalmente al sistema attuale basato sul pensiero individualista. Di conseguenza è difficile
da assimilare ed applicare. È necessario molto tempo, si tratta di un processo lungo. Di
solito accade che di fronte a una decisione due persone con idee opposte tendano ad
affrontarsi e a difendere in modo deciso le proprie idee allo scopo di convincere l’altro, di
far valere le proprie ragioni o tutt’al più di giungere a una posizione intermedia. Il pensiero
collettivo si propone di costruire. Ovvero che persone con idee differenti impieghino
le proprie energie per costruire insieme qualcosa. Non si tratta allora della mia idea né
della tua. Sono le due idee insieme che daranno vita a una nuova creazione che a priori
non conoscevamo né te né io. Ecco perché l’ascolto attivo è necessario, e non soltanto
allo scopo di preparare la replica che ci accingiamo a fornire. Il pensiero collettivo nasce
quando capiamo che le opinioni, le nostre e quelle degli altri, sono tutte necessarie per
generare l’idea del consenso. Un’idea che, dopo la sua creazione, in modo indiretto ci
trasforma.

Caratteristiche operative e limiti del modello: Da un punto di vista operativo, a volte non
è tanto il risultato o la soluzione alla quale si giunge che conta, quanto piuttosto ciò che
avviene tra le persone che si ascoltano l’un l’altra, e che spostando la propria posizione
come in un flusso di neuroni, giungono a una nuova strutturazione. Si posso presentare
situazioni in cui di fronte a risentimenti reiterati e dopo varie riformulazioni, non si giunge
a un consenso; in questi casi viene prorogato l’argomento a un’assemblea successiva,
dando il tempo per riflettere su ciascuna posizione. Il fatto di dare sempre la possibilità di
dissentire ritarda di molto la soluzione di questioni a volte urgenti; per questo motivo è
importante che colui che decide di prendere la parola lo faccia in modo consapevole, dopo
aver ascoltato attentamente le altre posizioni.

**Registri e intangibili**

I registri che per esperienza sono stati osservati sono: L’impazienza, in una prima fase, per
il poco carattere operativo apparente rispetto alla soluzione, in un secondo tempo questo
obbliga a un ascolto attivo e il fatto di mettersi al posto dell’altro cercando di capire il suo
punto di vista produce una vera e propria umanità. Ci si sente parte di un qualcosa, perché
ci si è potuti esprimere. Un consenso ben realizzato, nel quale l’altro viene trattato come si
vorrebbe essere trattati produce un registro di azione valido, perché fa coincidere la testa
con il cuore e questo apre il futuro all’azione. Nel meccanismo del consenso, nessuno può
rivendicare la supremazia del proprio punto di vista, avevo ragione ecc. perché non ci sono
né vincitori né vinti. Alla fine, l’elemento più indicativo, una volta ottenuto il consenso, è
un registro molto chiaro: si è passato da UNO a NOI e possiamo parlare di dissoluzione
degli ego a favore dell’interesse comune, di un disegno superiore. Tutto questo produce
una grande distensione, un registro di adattamento e di inclusione in qualcosa di un altro
livello, di più potente e di migliore dal punto di vista qualitativo. La forza dell’insieme

viene percepita non come una massa amorfa e omogenea ma come un insieme di identità
multiple che in questa costruzione non sono andate perdute, ma che hanno contribuito
ciascuna con la propria parte migliore.

**Cambio di modello**

Generalmente siamo abituati a forme piramidali o dialettiche sia nel campo del sociale sia
in quello dei rapporti interpersonali.

Nella forma piramidale, c’è un via vai tra la base e la vetta; in alcuni casi … viene
interpellato il popolo. In ogni caso, le decisioni assunte coinvolgono la base sociale
attraverso istruzioni e linee direttrici; tale base a sua volta metterà in moto queste azioni
o reagirà di fronte a tali decisioni. Oggigiorno, esistono su più latitudini fenomeni in cui la
base non riconosce la vetta, sia che siano manifeste come nel caso delle dittature personali
sia che si celino sotto forme più diffuse come i mercati finanziari o le classi politiche. Il fatto
è che in seno alle popolazioni sta emergendo questo tentativo di auto organizzazione: «ce
la sbrighiamo da soli», oppure «lo facciamo da soli oppure non lo fa nessuno», che mette
da parte i capi, le guide, i leader, ecc. Se prima generalmente si cercavano i riferimenti in
alto nelle rappresentazioni, la figura da consultare, che dà gli ordini, raccomanda o fornisce
gli orientamenti, oggi le persone cominciano a scambiarsi le esperienze, comprese quelle
più intime, e cercano insieme delle alternative in modo orizzontale.

Oltre a una questione morale dei diritti umani si tratta di comportarsi da pari a pari, in
modo orizzontale, senza che ci sia a priori una rappresentazione di qualcuno al di sopra di
qualcun altro.

Nei casi in cui ci sia dibattito o dialogo, c’era e c’è ancora l’abitudine di ricorrere a questa
forma dialettica a mandorla nella quale si pone l’accento sul fatto di controbattere
l’argomentazione dell’altro.

In entrambi i casi, ci sembra che la tendenza sia quella del sorpasso di queste forme a
beneficio di forme più orizzontali, multipolari o policentriche. Non vi è dubbio sul fatto
che gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie con le comunicazioni in rete, in cui ognuno
diventa il nodo della comunicazione, essendo mittente e destinatario delle informazioni, e
generatore di avvenimenti, aiutino anche queste nuove forme di relazioni interpersonali e
sociali e facilitino sempre più le mobilitazioni senza leader.

In questo caos apparente, viene valorizzato l’anonimato più che la leadership, l’accordo
attraverso il consenso più che le vecchie forme dialettiche, poiché il posizionamento è di
orizzontalità totale, in uno spazio vasto e flessibile privo di un centro di potere manifesto,
che dà luogo a una nuova forma coinvolgente.

**Si va verso una nuova forma mentale?**

Azzardando un’interpretazione, intuiamo che quest’intangibile orizzontalità che si
manifesta nel consenso e questa nuova sensibilità possono essere i segnali di una
nuova forma mentis. Non è un caso se in concomitanza con queste nuove forme sociali
emergenti, le ultime teorie sull’universo mettono in evidenza la possibilità di universi
paralleli e multidimensionali, di un tempo multi spaziale.

In ogni caso, l’apprendimento di questa nuova forma, della quale non riusciamo a
prevedere le conseguenze nel futuro, vale la pena di essere approfondito, perché convinti
che apra nuove zone nello spazio di rappresentazione.

*Martine Sicard*

Tantan Sahara marocchino – 18 marzo 2012 / Madrid 10 aprile 2012

“Gli umanisti non vogliono maestri; non vogliono dirigenti o capi, né si sentono
rappresentanti o capi di nessuno…”