“Da ieri la vita sta lentamente riprendendo il suo corso. Negozi e stazioni di rifornimento hanno cominciato a riaprire, veicoli civili circolano per le strade. E poi, come qualunque altra domenica, molte giovani coppie si sono unite in matrimonio nei sei comuni di Bamako: un altro segnale forte lanciata dalla popolazione desiderosa di un rapido ritorno alla normalità e che non ha altra scelta che lavorare per guadagnarsi da mangiare. L’apertura di uffici e amministrazione è invece prevista per domani”: è una delle tante sfaccettature dell’intricata situazione maliana, a cinque giorni dal colpo di Stato militare, raccontata alla MISNA da padre Timothé Diallo, responsabile della comunicazione dell’arcidiocesi di Bamako.

Le scene di una normalizzazione della vita quotidiana nella capitale non riescono, però, a oscurare i sentimenti di confusione e incertezza per il futuro del paese. “Per fortuna da sabato mattina non abbiamo più udito colpi d’arma da fuoco, e questo sta consentendo alla gente di sentirsi un po’ più al sicuro, ma per il resto la situazione rimane molto complessa e ci sono tante incognite” prosegue l’interlocutore della MISNA. Prima fra tante è la sorte del presidente Amadou Toumani Touré (sopranominato ‘Att’) di cui non si hanno più notizie certe da giorni. Per molte fonti locali dovrebbe essere al sicuro, in un luogo ignoto, forse presso un’ambasciata, sotto la protezione di militari lealisti. Una possibilità remota vorrebbe che si trovasse, assieme a una quindicina di esponenti governativi, nella guarnigione militare di Kati, a 15 chilometri dalla capitale, punto di partenza della sollevazione dei giovani militari golpisti. Lì, in segno di protesta per la loro detenzione, personalità politicamente legate a ‘Att’ avrebbero cominciato uno sciopero della fame.

A colpire osservatori e analisti è l’identità, fino a pochi giorni fa sconosciuta, la giovane età e il grado dei militari golpisti (militari semplici e ufficiali di basso rango) che hanno preso il potere guidati dal 40 enne capitano Amadou Sanogo. “Ho accompagnato l’arcivescovo di Bamako, monsignor Jean Zerbo, al campo militare di Kati, sede della giunta che ha ricevuto anche esponenti della chiesa protestante” riferisce padre Diallo, che conferma “la giovane età dei golpisti, in media trentenni, che si sono, però, detti pronti ad ascoltare i consigli dei capi religiosi”. A colloquio con i militari, monsignor Zerbo li ha invitati “ad agire con la testa e non con il cuore, per evitare al paese altra sofferenza e dare garanzie di serietà”. Nelle prossime ore potrebbero seguire nuovi incontri tra la giunta e le massime autorità cattoliche. Intanto rimangono chiusi i confini e l’aeroporto internazionale, anche se sabato sera sono stati evacuati a bordo di un volo charter a destinazione di Lagos i ministri degli Esteri del Kenya e dello Zimbabwe che si trovavano a Bamako per una riunione e sono rimasti bloccati in albergo per più di 48 ore. In Mali è ancora presente una folta delegazione di cittadini occidentali che, nell’ambito della missione di osservazione elettorale dell’Unione europea stava organizzando le attività di monitoraggio per le elezioni previste il 29 aprile.

Il paese è stato sospeso dall’Unione Africana (UA) e il golpe è stato condannato dall’Unione europea, dal Consiglio di sicurezza dell’Onu mentre la Banca di sviluppo africana e la Banca mondiale hanno già sospeso i propri aiuti allo sviluppo, mantenendo in piedi soltanto gli interventi urgenti.

Per oggi sono previste due manifestazioni di segno opposto per celebrare il 21° anniversario della ‘Rivoluzione del 21 marzo 1991’, anno in cui il colonnello Amadou Toumani Touré destituiva con un colpo di stato il presidente Moussa Traoré. Una data cruciale nella storia del paese che ha segnato, pochi mesi dopo, l’avvio del multipartitismo e l’adozione di una nuovo costituzione che ha fatto imboccare al Mali la strada della democrazia. Il primo raduno è stato convocato di fronte alla ‘Borsa del lavoro’ dal ‘Fronte unito per la salvaguardia della democrazia e della repubblica’ (Fudr), una coalizione che raggruppa 38 tra i principali partiti politici e una ventina di organizzazioni della società civile contrari al golpe; oggi dovrebbero consegnare alla giunta un ‘piano di azione’. Una seconda commemorazione dovrebbe tenersi allo Stadio del 26 marzo su iniziativa del ‘Movimento popolare del 22 marzo’ che sostiene i militari al potere.