“Forse questo Premio avrebbe dovuto essere insignito alle decine di migliaia di manifestanti pacifici che da otto mesi chiedono un cambio di potere e sono vittime della violenta repressione della guardia repubblicana”.

È il commento di un’altra donna che si batte per i diritti in Yemen, Amal Basha, che la MISNA ha raccolto stamani dopo la notizia del Premio Nobel a tre donne, tra cui la Karman.

“La notizia circola con lentezza: nella capitale Sana’a abbiamo corrente elettrica in media soltanto mezzora al giorno, accedere all’informazione non è semplice. È anche un modo per tenere la gente all’oscuro di tutto quello che succede intorno a noi” aggiunge la dirigente del ‘Sisters arab forum for human rights’, un’associazione di difesa dei diritti umani. “Forse questo Premio Nobel aiuterà almeno ad attirare maggiormente l’attenzione della comunità internazionale sulla situazione yemenita” ha aggiunto Basha.

Nei giorni scorsi la reazione delle forze dell’ordine stata cruenta a Taiz (Taez), capitale culturale dello Yemen, culla di attivisti, intellettuali e giornalisti, dalla quale è iniziata a fine gennaio il tentativo di “rivoluzione” contro il presidente Ali Abdullah Saleh, alla guida del paese da 33 anni. “Ci hanno raccontato che la città è stata presa di mira dal fuoco delle forze governative da più punti, dalle montagne che circondano la città, e che diverse aree residenziali sono state colpite. I bombardamenti sono durati almeno quattro ore, mercoledì. Non si trattava di uno scontro tra due fazioni armate: erano le forze repubblicane contro i civili di Taiz” sostiene ancora l’attivista. Bilanci che circolavano ieri riferivano di otto morti tra cui due bambini. Dall’inizio delle proteste contro Saleh sono stati uccisi tra 450 e 500 civili.

Il presidente Saleh e l’eteroclita opposizione yemenita non sono riusciti a trovare un accordo per una transizione verso un governo più democratico. Il capo dello Stato ha più volte rifiutato di firmare una proposta di uscita di crisi sottoposta dalle monarchie del Golfo, che prevedeva le sue dimissioni e l’avvio di un processo elettorale. I dimostranti chiedono inoltre che Saleh e le sue forze rispondano per i crimini contro i civili dinanzi alla giustizia.