La loro principale funzione nella vita è cercare di sopravvivere a qualsiasi costo e di soddisfare, anche se precariamente, i bisogni essenziali come sono l’alimentazione e l’abitazione.

L’OMS ha riconosciuto, inoltre, il crescente incremento mondiale del numero d’handicappati, dovuto a fattori come le guerre, in primo luogo, le mine terrestri che esplodono ancora oggi in tempi di pace, l’AIDS e la malnutrizione.

Proseguono in ordine d’importanza le malattie croniche, l’abuso nell’uso di sostanze come sono la droga e l’alcol, gli incidenti, la degradazione del medio ambiente, la crescita della popolazione, l’invecchiamento ed i progressi medici che prolungano la vita.

Questa tendenza alla crescita crea un’esigenza considerabile per i programmi della sanità e di riabilitazione, definiscono gli esperti.

Non tutto, dal punto di vista dell’evoluzione morale dell’umanità è tanto negativo, nonostante la sorprendente situazione che ancora ci circonda.

Negli ultimi tempi, il trattamento o l’abbordaggio dell’handicap, hanno affrontato cambiamenti notevoli con la sostituzione di vergognosi punti di vista e di valori radicati per secoli nelle diverse culture e società, da nuovi concetti basati sulla scienza e sull’umanismo.

Dal 2008 si dispone della Convenzione Cornice delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Handicap come uno strumento di vitale importanza non solo globale, ma per la messa in pratica delle necessarie e urgenti politiche nazionali.

L’ONU riconosce che gli stati nazionali hanno una responsabilità primordiale nel compimento dei programmi a favore del trattamento giusto e umano, dell’uguaglianza d’opportunità, dell’accesso all’educazione, alla sanità ed alla riabilitazione delle persone handicappate.

E sebbene la scienza stabilisca oggi che non sempre l’handicap sia associato ad una malattia, suggerisce che quando la stessa appare nell’infanzia, l’ideale è offrire il trattamento nelle età più giovani.

Con questo si riducono le limitazioni nello sviluppo di queste persone ed a lungo tempo il costo dei servizi sanitari.

**I più vulnerabili**

Nessuno ignora oggi che tra le derivazioni più tragiche della povertà si trova l’handicap umano.

Alcune cifre divulgate dall’OMS e dalla Banca Mondiale precisano che il 3% della popolazione dell’orbe patisce d’handicap intellettuale.

Di questo, il 70% vive nei paesi in via di sviluppo. A sua volta, un po’ più del 40% è molto povera e non ha nessun accesso ai programmi di riabilitazione.

Il dramma delle nazioni in via di sviluppo e di quelle più povere è la scarsità di risorse finanziarie e d’infrastruttura socio- economica per poter sostenere programmi adeguati d’attenzione.

Con dei sistemi sanitari depressi o quasi inesistenti, una deficiente educazione e lottando ancora per uno sviluppo sostenibile che sembra un’utopia, il problema dell’ handicap rimane alla fine di un’interminabile lista di problemi gravi da risolvere.

In Africa, un continente scosso dalla fame, intense siccità ed inondazioni e conflitti bellici, che causano spostamenti di grandi gruppi umani e l’incremento di malattie come l’ AIDS, vivono male con grandi pene circa 80 milioni di handicappati.

È vero che diversi paesi africani hanno firmato la Convenzione dell’ONU riguardo a questo tema e tentano di avviare dei programmi, con l’appoggio d’istituzioni e d’organizzazioni non governative.

Tuttavia, lo sforzo sembra smarrirsi come un ago in un pagliaio di situazioni sociali e umanitarie estremamente gravi.

In Asia, continente densamente popolato, i dati stimati sulle vittime dell’handicap sono contraddittori e non possono cristallizzarsi, secondo gli esperti.

Si sa anche che sono milioni, e c’è un fatto molto preoccupante, in questa regione è notorio l’incremento di infermità auditive che causano limitazioni, possibilmente dovuto a malattie infettive o d’origine genetica, causate da pratiche culturali ancestrali.

**Nel mondo sviluppato**

Uno studio diretto dalla dottoressa Nora Groce, dell’Università di Yale, negli USA, pubblicato nel 2004, ha confermato che le persone con handicap sensoriale, contrariamente a quello che si crede, corrono il rischio ugualmente o in maggior misura, di contrarre malattie infettive come l’AIDS, rispetto a quelle che non ce l’hanno.

Questa ricerca ha fatto anche arrivare la dottoressa ad una conclusione d’inequivocabile taglio sociale: gli handicappati “sono le persone più stigmatizzate, più povere e meno educate del mondo”.

“Anche se certi soffrono di problemi di salute e richiedono una riabilitazione”, ha puntualizzato la Groce, “i loro principali problemi sono l’assenza dei diritti umani: l’assenza di equità sociale e l’assenza di una vita degna”.

Nella decade degli anni novanta negli Stati Uniti l’indice di persone sorde infettate con il VIH è risultato essere due volte superiore a quello degli udenti.

E l’indice d’infezione delle donne schizofreniche, ricoverate in due istituzioni urbane, era tra il 5 ed il 9%.

Il VIH era allora la prima causa di morte tra le donne con malattie mentali nella città di New York.

Nelle nazioni dell’Unione Europea, dove esistono 40 milioni di donne con handicap, queste sono un gruppo sociale molto vulnerabile alla violenza, secondo Ana Pelaez, presidente del Comitato delle Donne del Foro Europeo dell’Handicap.

**America Latina: aperti alla speranza**

Le cifre opprimenti e il dolore che causano ancora la discriminazione, la povertà e la mancanza d’opportunità che colpiscono oggi milioni d’handicappati, non devono portarci alla paralisi ed al pessimismo.

Si possono cambiare le cose, se ci sono politiche governative responsabili. Ecco un esempio molto ottimista.

In una regione geografica come l’America Latina ed i Caraibici, dove si calcola esistano circa 42 milioni d’handicappati, negli ultimi tempi si è visto un modo di agire, che potrebbe diventare un modello.

Si tratta di alcune politiche create dai governi della Bolivia, Ecuador e Nicaragua, dove vengono realizzati studi massivi, all’interno delle parti più intricate dei loro rispettivi paesi, con l’aiuto di specialisti di Cuba e del Venezuela.

Sono ricerche, integrali e costose dell’evoluzione dell’handicap e della genetica, che non finiscono solo come conclusioni scientifiche o come dati statistici.

Sono la pietra angolare di programmi d’inclusione e di giustizia sociale intorno alle persone handicappate, tradizionalmente dimenticate ed escluse. Già quelli che hanno bisogno hanno cominciato a ricevere i benefici.

Le cosiddette missioni “Manuela Espejo”, “Moto Mendez” e “Todos con voz”, in Ecuador, in Bolivia ed in Nicaragua rispettivamente, non hanno precedenti ed aprono un raggio di speranza rispetto a ciò che si può raggiungere quando c’è la volontà politica, nonostante l’immensità di problemi ed i compiti da svolgere.

È valido riconoscere questi successi della nostra regione data la realtà attuale.

**Marta Gomez Ferrals, giornalista della redazione dei Temi Globali di Prensa Latina**