Ne abbiamo parlato con il Dott. Andrea Ferrari, oncologo pediatra dell’Int, e con il Prof. Carlo A. Clerici, psicoterapeuta dell’Int, ideatori di un’interessante iniziativa di divulgazione di informazione sui tumori utilizzando la Rete.

**Dott. Ferrari, gli adolescenti arrivano alla diagnosi di tumore con un inaccettabile ritardo, pagandone poi le conseguenze in termini di possibilità di guarigione. Di che numeri parliamo esattamente?**

Dal 2010 all’Istituto dei Tumori di Milano abbiano attivato il Progetto Giovani, dedicato in particolare ai pazienti adolescenti, proprio perché è diventato evidente negli ultimi anni come gli adolescenti siano un gruppo di pazienti che sta nella “terra di nessuno”, tra il mondo dell’oncologia pediatrica e quella dell’oncologia dell’adulto. Questo porta a delle conseguenze importanti, perché gli adolescenti hanno una ridotta possibilità di accedere alle cure e ai trattamenti migliori con conseguenze gravi sulla loro salute. Oggi ci sono molti studi e molti dati pubblicati che confermano come a parità di malattia e a parità di condizione clinica un adolescente ha meno possibilità di guarire rispetto ad un bambino. Ci siamo così attivati, a Milano come più in generale nell’ambito dell’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologica Pediatrica, l’AIEOP, creando progetti dedicati e quindi dando vita a una Commissione Nazionale, per cercare di porre rimedio con varie azioni a questo problema grosso problema. Va sottolineato che ogni anno in Italia si ammalano circa 1000 adolescenti, se consideriamo solo i pazienti di età compresa tra i 15 e i 18 anni, un numero che aumenta se poi si tiene conto anche dei pazienti maggiorenni.

**Per gli adolescenti un ritardo diagnostico ha dunque gravi effetti, quali sono le principali cause di tale ritardo? E di che tipo di casistica e principalmente di che tipologia di tumori?**

Abbiamo condotto uno studio specifico, recentemente presentato al Congresso Nazionale AIEOP di Bari dalla Dottoressa psicologa Laura Veneroni, su un gruppo di circa 500 pazienti (affetti da tumori solidi, i tumori cerebrali, i sarcomi delle ossa e delle parti molli, i linfomi), curati in un periodo di 3 anni ed abbiamo analizzato il lasso di tempo intercorrente tra i primi sintomi accusati dal paziente e la diagnosi di tumore; è emerso che per i bambini l’intervallo medio è di circa 40 giorni mentre per i pazienti tra 15 e 18 anni questo tempo diventa 3 volte tanto, cioè in media 130 giorni. E’ un ritardo diagnostico importante e questo viene pagato perché poi c’è un conseguente stadio più avanzato di malattia e quindi una possibilità di guarigione minore. Nello studio poi si è cercato di identificare anche le cause di questo fenomeno. Analizzando l’intervallo diagnostico, quei 130 giorni, si è visto che per gli adolescenti c’è un primo ritardo dovuto al paziente, inteso come il tempo in cui il paziente si reca per la prima volta dal medico, e questo è legato maggiormente al fatto che l’adolescente non pensa di potere avere un tumore, la famiglia non ha consapevolezza del fatto che il ragazzo possa ammalarsi di tumore. Ma è poi emerso anche un ulteriore significativo ritardo nel tempo che impiega il primo medico che visita il paziente (il medico di famiglia, il pediatra, il medico di pronto soccorso) nel riconoscere i sintomi come legati potenzialmente ad un tumore e quindi nell’inviare il paziente all’oncologo o comunque ad una struttura specialistica in grado di definire la diagnosi, in genere con una biopsia. C’è dunque anche un problema di ridotta consapevolezza anche da parte dei medici, una ridotta conoscenza dei percorsi per aiutare il paziente. E’ per questo che dobbiamo cercare di agire.

**Da tutto questo è nata la vostra iniziativa, in cosa consiste?**

Ci siamo domandati cosa si potesse fare concretamente. Oltre che curare i nostri pazienti al meglio, è nostro dovere informare l’utenza, che non è solo la persona malata ma anche quella sana che accede a determinati canali. Abbiamo pensato di utilizzare dei canali moderni, quelli degli adolescenti. Abbiamo pensato di utilizzare Internet, e in particolare Youtube, per cercare di dare delle informazione e spiegare ai ragazzi con un linguaggio facile, più adeguato alla loro età. Così sono stati prodotti dei video, tra l’altro realizzati anche grazie all’aiuto di un ragazzo che è stato curato e guarito, Alessandro Trapuzzano, attraverso i quali si informa dei sintomi, dei percorsi diagnostici, delle cure, ponendo una certa attenzione a quelle che sono le esigenze dei ragazzi soprattutto a livello di linguaggio. Sinora abbiamo fatto quattro video, ma l’idea è quella di creare una videoteca disponibile on-line a tutti gli utenti.

**Dott. Clerici, come si materializza il vostro progetto di seminare consapevolezza? Che altri tipi di iniziative collaterali o addizionali sono portate avanti oggi per provare a raggiungere e informare i più giovani e le loro famiglie?**

L’intento è quello della sensibilizzazione ad una diagnosi precoce e quindi il ricorso alle cure appropriate. L’idea è quella che, anche se ci troviamo in un ambito, quello dell’oncologia pediatrica, che ha delle basi scientifiche solidissime, è possibile utilizzare mezzi nuovi per fare circolare informazioni e per avvicinarsi al mondo dei ragazzi. I ragazzi oggi sono abituati a cercare notizie in maniera approfondita ricorrendo a Internet, cercano notizie attraverso la Rete. Si è pensato di costruire dei contenuti che risultino accessibili alla Rete ed il video ci è sembrato il canale più appropriato, alla portata al linguaggio dei giovani. Youtube permette di fatto una diffusione che un tempo era alla portata solamente di case di distribuzione molto grandi. Adesso tutto è molto semplice e gli stessi ragazzi si adoperano per la diffusione. E’ possibile oltretutto che i contenuti di Youtube compaiano attraverso semplici ricerche; di fatto avviene una sorta di diffusione enciclopedica. Inoltre ci siamo resi conto che per quanto riguardo l’oncologia molti contenuti sulla Rete erano di forte fraintendimento e confusione. Per esempio in materia oncologica buona parte dei contenuti che si trovano facendo delle ricerche sono contenuti commemorativi dei defunti, cosa che non è veritiera se si pensa che, come detto, trequarti dei pazienti oggi possono guarire. E’ dunque altrettanto importante dare un messaggio di incoraggiamento e soprattutto di informazione corretta.

Altra esperienza interessante in collaborazione con l’associazione [Magica Cleme](http://www.magicacleme.org/it/home.asp), è rappresentata dall’avere prodotto un film “Mi piace quell’altro con le stampelle”. Un film destinato alla diffusione nelle scuole, partendo dalle scuole dove c’è un compagno malato, ma che, più in generale, si pone l’obiettivo di sensibilizzare le scuole sul tema della malattia e della solidarietà. E’ bene che i ragazzi costretti a lunghe assenze per la malattia non perdano i contatti con il loro mondo. L’esperienza clinica dimostra infatti che quando a scuola si riesce a creare una rete di solidarietà, si garantisce la continuità con la scuola per il paziente giovane; ciò che è di grande aiuto dal punto di vista psicologico ed emotivo e sotto tanti altri aspetti.

**Quanto internet e altre forme mediatiche possono contribuire concretamente alla sensibilizzazione e alla reattività del giovane e del contesto in cui vive?**

La Rete può fare uscire da una situazione di solitudine e disorientamento informativo, fornire alcuni appigli. Sostanzialmente ad oggi non esistono dei programmi istituzionali, ma le nostre sono le prime esperienze positive ed incoraggianti. Da un lato le persone hanno informazione e dall’altro incoraggiamento. Tutte le esperienze per via mediatica, come nell’esempio de film a scuola, sono positive per il fatto di avere facilitato l’avvio di un discorso comune sulla malattia. Ciò conforta e genera solidarietà.

**Trailer film “Mi piace quello altro con le stampelle”**

**La vostra iniziativa può dunque coinvolgere il mondo dell’educazione e della scuola?**

Ci interessa molto entrare in contatto con la scuola e l’educazione. Siamo convinti che la cura sanitaria non possa fermarsi soltanto all’aspetto medico prettamente clinico, ma anche all’aspetto di rete, di territorio; è qualcosa di poco previsto a livello istituzionale, ma non vogliamo che la cura si fermi all’aspetto biologico. Il nostro prossimo passo consiste nel proseguire la realizzazione dei video anche per altre patologie come il neoblastoma nei bambini piccoli che disorienta molti genitori. In Rete ci sono tante informazioni contrastanti. Preme sottolineare che il nostro impegno è di carattere informativo e non scientifico.

**Dott. Ferrari, che futuro immaginate nell’ambito della prevenzione? Che consigli e che tipo d’informazioni possono essere veicolate? Si riesce ad incidere sugli stili di vita ormai profondamente acquisiti?**

La prevenzione primaria ha pochissimo spazio nei tumori del bambino e dell’adolescente, non esistono accorgimenti, come per esempio una dieta equilibrata o l’astensione dal fumo, come per alcune patologie dell’età adulta, per ridurre l’incidenza del tumore. Esiste invece la prevenzione secondaria, che vuol dire una diagnosi precoce. Oggi abbiamo degli strumenti terapeutici importanti, la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, grazie ai quali la probabilità di guarigione è alta: il 70-75% degli adolescenti riescono a guarire. Ma le probabilità di guarigione dipendono dall’estensione della malattia al momento della diagnosi, dallo stadio. Per questo, negli adolescenti, più che lavorare sugli stili di vita occorre sollecitare i ragazzi – che spesso si credono invincibili, o comunque poco propensi a pensare alle malattie o a farsi vedere da un medico – a pensarci, a far nascere un allarme in caso di un disturbo particolare.

**Dott. Clerici, come può migliorare il rapporto malattia tumorale e adolescenza?**

La malattia in particolare per gli adolescenti non deve costringere a cambiare completamente la vita. Anzi il messaggio che si cerca di sottolineare è che il paziente deve potere aspirare alla massima normalità possibile, dalla continuità scolastica alla continuità sportiva. Insomma non farsi portare via dalla malattia quello che non è indispensabile che la malattia si porti via. Questo è il concetto di fondo rispetto a tutto l’impegno psico-sociale.

**Video Adolescenti e tumori**

**Il Rabdomiosarcoma**

**I Sarcomi**