foto da: http://it.radiovaticana.va
Sarebbero sempre più dure le condizioni di detenzione a Christmas Island per i boat-people fermati in mare e qui raccolti in attesa di accertarne la condizione di rifugiato oppure procedere al loro invio in uno dei centri offshore.
Lembo di terra australiana più prossimo alla costa asiatica, l’isola è stata per diversi anni insieme centro di ospitalità e di smistamento. Anche di detenzioni per molti. Con la politica avviata da settembre 2013 dal governo conservatore guidato da Tony Abbott, l’isola non dovrebbe avere alcun ruolo futuro. Infatti, il blocco e respingimento verso i paesi di provenienza per gli occupanti di imbarcazioni fermate al di fuori delle acque territoriali australiane, la riconsegna dei clandestini a paesi di partenza in base a accordi bilaterali e, per tutti gli gli altri, la deportazione nei centri extra-territoriali di Manus Island (Papua-Nuova Guinea) o Nauru sono i capisaldi della politica di blocco all’immigrazione irregolare.
A segnalare condizioni “deteriorate in modo significativo” a Christmas Island è lo stesso Commissario australiano per i diritti umani Gillian Triggs, che ha appena terminato una sua visita al centro come parte di un’inchiesta nazionale sulla detenzione obbligatoria per i minori che cercano asilo in Australia. La Triggs ha indicato che i bambini ospiti della struttura sono in diversi casi affetti da disturbo da stress post-traumatico. In parte conseguenza dei tentativi di suicidi di diverse madri (una dozzina nel solo luglio) convinte di potere così garantire ai figli la possibilità di asilo, in parte per le condizioni di vita nel centro dove si trovano ora 74 minori su 1102 ospiti. Tredici, secondo la Triggs, le madri a alto rischio di suicidio, di cui 10 guardate e a vista 24 ore al giorno. Una volontà di autodistruzione che si estende anche ai minorenni: 128 casi di autolesionismo riportati dal gennaio 2013 al marzo scorso.
Un ruolo hanno le condizioni della struttura, pessime sul piano dell’ospitalità, ma anche la disperazione per il futuro incerto in un ambiente sovraffollato e in condizioni di sostanziale prigionia. La legge prevede che coloro che sono stati fermati in Australia dal 19 luglio dello scorso anno, infatti, siano comunque avviati a Manus Island o Nauru, da cui potranno eventualmente emigrare in paesi terzi dopo un lungo processo di verifica e selezione.